Triangolo estivo

Le calde notti d’estate hanno il vantaggio di consentire la visione del cielo stellato. Soprattutto per chi, come il sottoscritto, ha la fortuna di poter mirare la volta celeste della maremma toscana e di autodefinirsi un astronomo dilettante. Quel tanto che basta per alzare gli occhi allo zenith e riconoscere stelle e costellazioni in tutte le stagioni dell’anno.

Anche in questa rovente estate 2022 troneggia il “triangolo estivo”, quello formato dalle tre principali stelle delle costellazioni del Cigno, dell’Aquila e della Lira.

Spicca subito Vega, regina della costellazione della Lira, la più luminosa delle stelle nel cielo estivo e la quinta più brillante di tutto il firmamento. Il nome originario della stella, Wega, successivamente trascritto come Vega, deriva da una libera traslitterazione della parola araba wāqi (planante), estratta dall’espressione an-nasr al-wāqi (النسر الواقع‎)  l’acquila planante, che era il nome con cui designarono la stella gli astronomi arabi dell’XI secolo, i quali videro nella Lira la forma di un’aquila nell’atto di planare. Bisogna comunque dire che la rappresentazione della costellazione come un’aquila non è un’invenzione araba, essendo infatti già riconosciuta come tale dagli Egizi e nell’antica India.

Per i greci e i romani Vega rappresentava il manico della lira ed era nota col nome di Λύρα (Lyra), ossia il nome della stessa costellazione. Nella mitologia greco-romana, infatti, la costellazione rappresenta la lira suonata da Orfeo, con la quale incantava gli uomini e persino le fiere, le piante e le rocce, per la dolcezza delle sue melodie. La lira è simbolo delle virtù apollinee, della perfezione della bellezza classica, della moderazione, della saggezza e dell’equilibrio, in contrapposizione al flauto, legato a Dioniso che rappresentava e la smoderatezza e l’incontinenza. Orfeo è l’icona dell’Arte creatrice di bellezza, capace di incantare gli esseri viventi, demoni e anime dei trapassati. Questo mito ha ispirato anche diversi autori cristiani dei primi secoli che vedevano in Orfeo il vincitore delle forze brutali della natura (Dioniso) simile a Gesù che aveva trionfato su Satana. Sempre nei primi secoli del cristianesimo, la lira rappresentò anche l’adorazione cristiana che è come il canto e la musica della fede. È in questo senso che Clemente Alessandrino  (morto nel 215 ca.) la autorizzò come simbolo. Sebbene fosse un moralista assai severo, permetteva ai cristiani di portare un anello (ma solo quello che serviva a sigillare i messaggi, contratti od oggetti di valore) precisando quali immagini il cristiano poteva farvi incidere ed elencandole in quest’ordine: la colomba, il pesce, la nave, la lira e l’ancora.

Dall’arabo proviene anche il nome della seconda stella del triangolo estivo: Altair. Il termine, infatti, deriva da al-nasr al-ṭāʾir       ( النسر الطائر ) che significa l’aquila volante, e si rifà ad un’immagine antica risalente all’epoca sumera o babilonese. Altair ha un meraviglioso colore bianco brillante e il suo splendore assoluto è dieci volte superiore a quello del sole. Nella mitologia greca l’aquila rappresenta l’uccello inviato da Giove per portare nella dimora degli dei il principe Ganimede e farne il suo coppiere. Per i cristiani l’aquila è simbolo di contemplazione delle realtà eterne. Per questo viene attribuita a San Giovanni ed al suo particolare Vangelo. Alcune opere medievali la identificano con lo stesso Cristo, di cui rappresenta l’Ascensione e la Regalità.

Il terzo e più interessante astro del triangolo estivo è Deneb, la stella principale della costellazione del Cigno, di cui ne rappresenta la coda. Nella mitologia il cigno è una metamorfosi di Zeus, da lui attuata per riuscire a sedurre con successo Leda, dalla quale ebbe Elena e Polluce.

Il nome Deneb deriva dalla parola araba Dhanab, coda, contrazione di ذنب الدجاجة‎ Dhanab ad-Dajājah (la coda della gallina). Il riferimento a una gallina anziché a un cigno si spiega con il fatto che, sebbene la costellazione in ambiente romano, greco, arabo e mesopotamico sia stata costantemente rappresentata come un uccello, essa ha di volta in volta preso la forma di un cigno, di un’aquila, di una gallina, di un piccione. Deneb è una stella supergigante, situata sullo sfondo della Via Lattea e quindi lontanissima da noi. Le altre due stelle del triangolo Altair e Vega, distano rispettivamente 16,7 e 25 anni luce dalla terra, mentre Deneb appartiene a un’altra categoria. Le stime più attendibili ci forniscono una distanza di oltre 2.600 anni luce. Quale mostro deve essere questa stella che appare brillare con forza simile a due degli astri più luminosi del nostro cielo, pur essendo oltre cento volte più lontana. Se Deneb si trovasse al posto del Sole, la sua fotosfera arriverebbe a meno di 10 milioni di km dalla Terra, ben oltre l’orbita di Venere! Questa supergigante dal diametro di circa 280 milioni di chilometri, è 200.000 volte più luminosa e 200 volte più grande del Sole. Deneb ha anche un’altra interessante caratteristica: costituisce la parte superiore della cosiddetta “croce del Nord”, per l’evidente richiamo al simbolo della fede cristiana. L’evocativa configurazione a croce latina dell’asterismo principale del Cigno, ha ovviamente colpito l’immaginazione dei cristiani che, sin dalle origini, vi scorsero la croce della passione di Gesù. Nel De cursu stellarum ratio (575) di Gregorio di Tours è identificata come la Croce Maggiore, Julius Schiller nel suo Coelum Stellatum Christianum (1627) la battezza Croce di Sant’Elena, e per la tradizione contadina del primo Novecento è semplicemente «la croce».

In un saggio storico pubblicato nel 2011 con il titolo di In hoc signo vinces, – saggio che l’anno successivo ha ottenuto il Premio Balocco – i due autori, Bruno Carboniero e Fabrizio Falconi, hanno offerto, sulla base di nuove acquisizioni scientifico -astronomiche, un’interessante chiave di lettura della leggendaria visione dell’Imperatore Costantino, risalente al 312 d.C., anno della battaglia, poi vinta, contro Massenzio a Ponte Milvio. Lo studio suggerisce che proprio la croce della costellazione del Cigno, insieme ad un raro allineamento di pianeti associati alle maggiori divinità pagane (Giove, Saturno, Marte e Venere), possa essere stata interpretato dall’imperatore come un messaggio divino, anche in relazione alla particolare attitudine che avevano gli antichi ad interpretare i quadri astrali, in particolare quando inusuali. Lo studio tende ad evidenziare, inoltre come questa interpretazione possa essere stata adottata più volte nel corso dei secoli ed abbia lasciato intriganti indizi in vari campi come l’architettura, l’arte, la numismatica, l’iconografia astrale. Quante cose può rivelare il cielo di una calda notte d’estate!