Ddl Romeo o ddl Zan

Nell’attuale competizione elettorale si confrontano due concezioni diametralmente opposte di famiglia. Quella ufficialmente assunta dal PD e fondata sul cosiddetto “matrimonio egualitario”, ovvero omosessuale, e quella del Ddl Romeo, ovvero del disegno di legge n. 2137 presentato al Senato a prima firma Massimiliano Romeo, dal titolo «Disposizioni per la tutela della famiglia e della vita nascente, per la conciliazione tra lavoro e famiglia e delega al Governo per la disciplina del fattore famiglia».

Il testo normativo di questo Ddl merita di essere diffuso. Dopo aver riconosciuto la famiglia come «soggetto sociale fondamentale in base al ruolo procreativo, educativo, formativo e di solidarietà da essa svolto» e «soggetto privilegiato delle politiche sociali», ribadisce, all’art.1, la necessità di tutelare e garantire «la funzione sociale dell’educazione dei figli attraverso il riconoscimento della madre e del padre in qualità di figure genitoriali». La prima funzione educativa appartiene ai genitori.

L’art. 2 riconosce «il diritto del minore ad avere una famiglia, sia essa quella di origine, adottiva o affidataria­­», e impone allo Stato l’obbligo di «garantire le condizioni economico-sociali idonee a evitare l’allontanamento del minore dalla famiglia» quando, per esempio, «la famiglia è numerosa e incapace di fare fronte alle necessità dei figli». Giusto per scongiurare gli abusi emersi nell’esecrabile vicenda di Bibbiano.

L’art.3 ha il merito di definire senza ambiguità i reali confini della famiglia naturale, ovvero quella «fondata sul matrimonio tra uomo e donna». Molto interessante anche il secondo comma che prevede espressamente «il concepito quale componente del nucleo familiare a tutti gli effetti di legge», e in particolare ai fini del diritto ai benefici previsti attribuiti in base a graduatorie che tengono conto del numero dei figli.

L’art.4, poi, rappresenta una di quelle disposizioni capaci di far saltare sulla sedia la senatrice Monica Cirinnà. Basta citare il titolo: «divieto di utilizzare nei documenti ufficiali definizioni surrettizie dei termini madre e padre». La pena prevista per funzionari e i dipendenti pubblici che non ottemperassero la disposizione sarebbe una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 10.000 euro.

Il titolo del Capo II del Ddl Romeo appare alquanto chiaro circa l’approccio culturale ed ideale che sottende tutto il disegno di legge: «Politiche per la famiglia e a tutela della vita nascente». Qui sono le femministe e gli abortisti a storcere il naso. L’art. 7 prevede un «Fondo per le giovani coppie» finalizzato a sostenere le spese di acquisto e arredamento della casa familiare.

Gli articoli 9 e 10 prevedono agevolazioni fiscali per la stipula di contratti di locazione in favore di conduttore e proprietario, se questi riguardano giovani coppie sposate.

L’art.11 prevede «finanziamenti in favore delle famiglie con figli, mentre l’articolo successivo riguarda la previsione di «finanziamenti per l’acquisto di automobili». Segue la previsione di un assegno base per ogni figlio, e la costituzione di un «Fondo per il sostegno della maternità».

L’art. 15 ha un titolo squisitamente pro-life e un po’ dissonante rispetto l’algido linguaggio giuridico delle leggi italiane: «Culle per la vita».

L’art. 16 prevede un «Fondo per valorizzare il ruolo dei nonni», mentre i successivi articoli riguardano «l’accelerazione delle procedure di affidamento preadottivo e di adozione».

Sono, infine, previste agevolazioni fiscali di vario tipo e l’espressa introduzione del fantomatico «Fattore famiglia», da anni invocato dalle associazioni pro-family.

Seguono disposizioni per il riordino dei servizi socio-educativi per l’infanzia, con la previsione dei un «piano straordinario», di «voucher per servizi di baby-sitting o servizi per l’infanzia» e disposizioni per «favorire lo sviluppo socioeconomico delle aree rurali e la crescita demografica».

Il Capo IV «prevede disposizioni per favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia», tra cui l’«accredito figurativo per madri lavoratrici», il congedo obbligatorio per il padre lavoratore dipendente», il «congedo per la malattia del figlio»,  il «lavoro in modalità agile», il «credito d’imposta», le «disposizioni per favorire il contratto di lavoro a tempo parziale», il «divieto di discriminazione retributiva» e «incentivi per l’assunzione di giovani donne»

A tutela dell’interesse familiare, poi, è riconosciuta alle associazioni di promozione per la famiglia la legittimazione attiva nei giudizi civili e amministrativi, attraverso la previsione di una vera e propria «azione familiare» e, nei procedimenti penali, la facoltà d’intervento, analogamente a quanto previsto, ad esempio, in materia di ambiente e di sicurezza alimentare.

Il Ddl Romeo chiude con la riforma dei consultori familiari, tanto invocata negli ultimi decenni dal mondo pro-life, ispirata sostanzialmente al principio sancito nell’art 39 («Tutela della maternità e del concepito»), secondo il quale i consultori devono operare «affinché le donne siano messe nelle condizioni di scegliere coscientemente e liberamente se portare a termine la gravidanza».

Insomma, il Ddl Romeo e il Ddl Zan rappresentano due concezioni radicalmente diverse dell’uomo, della famiglia e della vita. E il prossimo 25 settembre occorre fare una netta scelta di campo. Proprio come ricordano ossessivamente gli ormai celebri cartelloni rosso-neri messi in circolazione dalla campagna comunicativa del Partito democratico. Ci dicono di scegliere e noi sceglieremo senza il minimo dubbio per i principi, i valori e gli ideali contemplati nel disegno di legge 2137.