Cristianesimo senza miracoli e senza inferno

Per comprendere lo stato di crisi della Chiesa e della fede cristiana, è sufficiente leggere le dichiarazioni di alcune teologi á la page, e biblisti particolarmente popolari e apprezzati.

Tra questi spicca certamente Padre Alberto Maggi, religioso dell’Ordine dei servi di Maria, che vanta persino studi all’École biblique di Gerusalemme, l’istituto più prestigioso del mondo per chi intenda approcciarsi alle Scritture con rigore scientifico, e che da trent’anni resta saldo al timone dell’altrettanto prestigioso Centro Studi Biblici di Montefano. È pure un volto conosciuto ed apprezzato dal pubblico, grazie ai suoi commenti al Vangelo trasmessi da TV2000, l’emittente televisiva della Conferenza Episcopale Italiana.

Le ultime dichiarazioni pubbliche rese da Padre Alberto Maggi appaiono assai eloquenti sul citato stato della Chiesa e della fede cristiana.

Il noto teologo, infatti, ha iniziato col definire «pericoloso» lo stesso Libro sacro per i cristiani, ovvero la Bibbia, in quanto «capace di far perdere la fede, più che suscitarla». Per Padre Maggi, infatti, il contenuto di quel testo sacro in realtà narra «una storia poco avvincente di cui conosciamo già il finale e su cui pesano condizionamenti esterni che finiscono per farci pensare all’assurdità del suo racconto».

Una di queste assurdità, per Padre Maggi, è proprio il concetto di «inferno come luogo di dannazione eterna». Il teologo, infatti, sostiene che «nella Bibbia questa parola non compare, al suo posto c’è la dizione d’inferi quale regno dei morti», e precisa che «da pochi anni anche l’ultima edizione delle Scritture curata dalla Cei è stata corretta, ma, visto che prevale la logica del “si è pensato e fatto sempre così”, poco ci si adopera e cambiare la mentalità comune».

Per Padre Maggi, quindi, nessun è dannato per l’eternità al termine dei suoi giorni, fra pianti e stridor di denti. Sul punto, infatti, il teologo è tranchant: «Nessuno. Nei Vangeli semmai si parla di una vita biologica, che si chiude con la morte a cui segue o un’esistenza senza fine nello spirito per chi, credente o meno, abbia amato, oppure una morte seconda, definitiva». Insomma, l’inferno come lo intende il Magistero della Chiesa sarebbe in realtà vuoto. Questa è un’idea molto più di diffusa di quanto si possa immaginare soprattutto nei seminari e nelle scuole teologiche. Oltre che tra alcuni autorevoli esponenti delle gerarchie ecclesiastiche. E ciò nonostante le chiare e inequivocabili parole dello stesso Gesù Cristo, citate nel Vangelo di Matteo: «E questi se ne andranno al castigo eterno, i giusti invece alla vita eterna» (Mt 25,46). Ma si sa, come ha spiegato il Generale dei gesuiti Padre Arturo Sosa Abscal ai tempi di Gesù «nessuno aveva un registratore per inciderne le parole», e dunque, in mancanza di certezze, occorre contestualizzare, relativizzare e procedere secondo il metodo del discernimento.

Il nostro Padre Alberto Maggi ne ha pure per i miracoli evangelici: «Anche questa parola è estranea ai Vangeli. Gesù ha compiuto dei segni per favorire la fede, non ha stravolto le leggi della fisica». E per spiegarlo cita l’episodio della resurrezione di Lazzaro, chiarendo bene che esso ha un suo «significato teologico, non storico­». E a chi gli obietta che togliendo inferno e miracoli si rischia di annacquare il messaggio cristiano, il nostro teologo risponde così: «Tutt’altro, lo si purifica da un’esegesi letteralista incapace di cogliere il reale messaggio liberante di Dio».

Per avere un quadro completo della situazione, è utile ricordare anche il fatto che lo stesso Padre Maggi sia stato uno dei primi accaniti sostenitori della chiusura delle chiese difronte all’emergenza Covid-19. Una circostanza non casuale. Ricordiamo bene quando disse, per esempio, che «la libertà di culto tanto sbandierata è essere responsabili della salute delle persone, non di infettare la gente». E ricordiamo altrettanto bene un’altra sua celebre affermazione: «La salute delle persone è molto più importante di una celebrazione». Nessun anticlericale mangiapreti è arrivato a tanto. Evidentemente ci voleva un teologo e biblista del calibro di Maggi, il quale ha voluto comunque precisare il senso della sua frase in questi termini: «La verità è che senza lavoro non si campa, senza culto si campa benissimo; questa è una cosa importante, anche se mi sembra ovvia: senza lavoro non si può andare avanti, senza la celebrazione della Messa si campa ugualmente bene, c’è tanta gente che non partecipa mai all’eucaristica e vive lo stesso». Forse bisognerebbe ricordare l’ammonimento evangelico che «non di solo pane vive l’uomo», ma qui torneremmo al problema del registratore sollevato dal Generale dei gesuiti.

 

 

 

 

Gianfranco Amato

Gianfranco Amato, avvocato, opera attivamente nel campo della bioetica da circa venticinque anni. È conferenziere a livello internazionale su tematiche bioetiche, riguardanti in particolare la famiglia, l’educazione, le dipendenze giovanili, e il diritto naturale. È stato nominato, in qualità di esperto, Direttore del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio permanente sulle famiglie della Regione Siciliana, con decreto assessoriale n. 81 del 23.5.2023 È stato più volte audito, sempre in qualità di esperto, dal Parlamento italiano, sia al Senato che alla Camera dei Deputati, su proposte di legge attinenti alle tematiche di cui si occupa, in particolare in tema di libertà di opinione e di famiglia. È Presidente nazionale dell’organizzazione Giuristi per la Vita, un gruppo di avvocati, magistrati e docenti universitari che combattono a livello legale in difesa del diritto alla vita, della famiglia e della libertà di educazione. È noto anche in America Latina, soprattutto in Messico, Costa Rica e Cile, dove viene spesso invi- tato, in qualità di esperto internazionale, da istituzioni pubbliche a livello parlamentare, da Ordini Professionali, e da varie Università cui collabora a livello accademico. Ha scritto una quindicina di libri Ha ottenuto il premio “Testimoni 2014” dalla Fondazione Fides et Ratio, e il premio internazionale all’Impegno Sociale 2015 intitolato alla memoria dei giudici martiri Rosario Livatino, Antonino Saetta e Gaetano Costa.