Niente slogan sull’immigrazione

Niente slogan sull’immigrazione

Com’è noto la manifestazione antigovernativa tenutasi il 28 gennaio a Roma in Piazza San Silvestro non è stata caratterizzata solo dal lancio della proposta di legalizzare e tassare la prostituzione (considerata priorità del nostro Paese), ma anche dal monito di Giorgia Meloni sintetizzato nello slogan: «Non esiste un diritto all’immigrazione».

Quest’ultimo tema, in realtà, è un pochino più complesso, e merita una più approfondita riflessione.

E’ stato uno dei miei Pontefici preferiti, il venerabile Pio XII, a redigere quella che viene considerata la Magna Charta dei principi in materia di migrazione della Dottrina sociale della Chiesa cattolica. Si tratta della splendida Esortazione Apostolica Exsul Familia Nazarethiana emanata il 1 agosto 1952. Peccato che la traduzione italiana non è facilmente reperibile. E’ un prezioso documento che inizia proponendo proprio la Sacra Famiglia in fuga verso l’Egitto come archetipo e paradigma di tutti i migranti. L’incipit dell’Esortazione è poetico e commovente: «Exsul Familia Nazarethana Iesus, Maria, Ioseph, cum ad Aegyptum emigrans tum in Aegypto profuga impii regis iram aufugiens, typus, exemplar et praesidium exstat omnium quorumlibet temporum et locorum emigrantium, peregrinorum ac profugorum omne genus, qui, vel metu persecutionum vel egestate compulsi, patrium locum suavesque parentes et propinquos ac dulces amicos derelinquere coguntur et aliena petere».

Traduco per chi non mastica la lingua della Chiesa: «La famiglia emigrante di Nazaret, quella di Gesù, Maria e Giuseppe, costretta a fuggire in Egitto e a rifugiarsi in quel Paese, per sottrarsi alle ire di un re empio, rappresenta il modello, l’esempio e la consolazione dei migranti e dei profughi di qualunque tipo che spinti dalla paura della persecuzione o sollecitati dalla necessità, si vedono obbligati ad abbandonare la patria, i genitori amati, i parenti e i dolci amici per recarsi in terre straniere».

E’ proprio in quell’Esortazione che più volte Pio XII parla di uno «ius naturale ad emigrandum». Quello all’emigrazione è un vero e proprio diritto naturale.

Il suo successore, San Giovanni XXIII, nell’enciclica Pacem in terris, ribadì il concetto (n.12): « 12. Ogni essere umano ha il diritto alla libertà di movimento e di dimora nell’interno della comunità politica di cui è cittadino; ed ha pure il diritto, quando legittimi interessi lo consiglino, di immigrare in altre comunità politiche e stabilirsi in esse». Fu, poi, il documento conciliare Gaudium et Spes (n.65) a parlare di un vero e proprio «diritto di migrazione».

Per chi non crede, c’è la prospettiva laica dell’art. 13 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il quale prevede espressamente il diritto a lasciare il proprio Paese.

Ora, è vero che al diritto di emigrare non corrisponde un automatico diritto di immigrare, ossia di essere accolti da un Paese straniero. Ma qui la questione si pone nella prospettiva di un ordine globale di giustizia. Se nessun Paese fosse disposto ad accogliere non avrebbe senso parlare di «ius naturale ad emigrandum». Facciamo un esempio storico che ci riguarda da vicino. Quando il Regno delle Due Sicilie, lo stato più ricco e potente d’Italia, fu conquistato dal Piemonte – senza dichiarazione di guerra e attraverso un atto di pirateria internazionale – iniziò il suo declino che lo portò, nel giro di pochissimo tempo, a diventare un Paese povero e depresso. Memorabili, commoventi e profetiche furono le ultime parole che Francesco II pronunciò prima di abbandonare per sempre il suo Regno: «(…) Voi, amati sudditi, sognate l’Italia e Vittorio Emanuele, ma sarete infelici, e verrà il giorno in cui non avrete più nulla, nemmeno gli occhi per piangere!». E quando quel giorno arrivò, i meridionali fecero l’unica cosa che rimaneva loro da fare: emigrare.

Iniziò, così, quel triste fenomeno che rese più di venti milioni di italiani esuli nel mondo. Ora, cosa sarebbe successo se tutti i Paese dove i nostri nonni e bisnonni chiesero ospitalità l’avessero negata sul presupposto che «non esiste un diritto all’immigrazione»? Cosa sarebbe successo se avessero risposto: «Ci spiace, ma non vi resta che morire di fame»?

Il punto, allora, non è tanto la sussistenza o meno di un diritto all’immigrazione, quanto le condizioni oggettive di una possibile accoglienza. E la questione, per essere seri, non si può affrontare con uno slogan per raccogliere qualche migliaio di persone in piazza.

Il 28 gennaio 2017 a Roma presso il Teatro Eliseo più di mille persone erano riunite per l’Assemblea Nazionale del Popolo della Famiglia, assumendo la decisione di concorrere alle prossime elezioni politiche. Ebbene, quale sarebbe la posizione di quel partito sull’immigrazione, nel caso dovesse assumere la responsabilità di governare il nostro Paese? Com’è noto, la cornice programmatica del Popolo della Famiglia è costituita dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, il quale affronta specificamente la questione al punto 298, affermando che i flussi migratori devono essere regolamentati. Anzi, si precisa che tale regolamentazione rappresenta un «condizione essenziale» per garantire la dignità degli immigrati. Accogliere tutti indiscriminatamente per poi costringerli a vivere in condizioni indecenti e disumane, non può considerarsi un atto giusto. Due sono i criteri – secondo il citato punto 298 – che devono sottendere l’azione regolatrice: «equità ed equilibrio». Deve trattarsi, quindi, di un’accoglienza sostenibile sotto il profilo sociale, economico e culturale. Nell’individuazione delle ricette pratiche occorrerà anche tener conto del fatto che, grazie ad una classe politica inetta, inadeguata, cialtrona e ciarlatana, l’Italia non si trova più tra le cinque potenze industriali a livello mondiale, ma si è ridotta ad un Paese che scivola sempre più verso la povertà e la deflazione. L’Italia non è l’America del XIX secolo.

Quello che però più preoccupa è la miopia dei nostri politici.

Non si può affrontare banalmente il tema dell’immigrazione senza tenere conto di due fattori. Entrambi registrati dall’ISTAT.

Il primo riguarda il tasso di natalità. Nel 2015 a fronte di 653 mila decessi si sono registrate 488 mila nascite, di cui 128 mila bambini stranieri. Un “gap” del tutto incolmabile. Il popolo italiano è oramai tecnicamente scomparso, sta facendo la fine del popolo etrusco. Se noi, poi, chiudessimo le frontiere, nel giro di qualche decennio scompariremmo del tutto. E la politica italiana di fronte a questo dato come ha reagito? Con un sostanziale silenzio. Quanti secondi ha dedicato il parlamento italiano a questo problema? Praticamente zero.

Il secondo aspetto riguarda la cosiddetta fuga di cervelli.

Grazie sempre ad una classe politica inetta, inadeguata, cialtrona e ciarlatana, l’Italia sta tornando ad essere un Paese di emigrati. Solo che a differenza del XIX e XX secolo ad emigrare sono i nostri giovani migliori. Talenti in fuga. Non c’è spazio per loro nelle università, dove dominano incontrastate le caste baronali e non c’è spazio nella ricerca industriale, perché ormai azzerata dalla crisi. Anche le giovani menti imprenditoriali più brillanti sono costrette a trovare all’estero una possibilità concreta per realizzarsi, poiché in patria la prospettiva è quella di una burocrazia asfissiante, un carico fiscale insopportabile, un sistema bancario incapace di finanziare idee e progetti.

Emblematico è il caso dei fratelli siciliani Bauso. Hanno avuto un’idea geniale che sta spopolando a Londra: una catena dello street food siciliano. E’ nato così EtnaCoffe la tavola calda più trendy e in voga nella City, dove si posso assaggiare arancini, cannoli e granite di qualità. Gaetano Bauso ha spiegato che per aprire il locale ci sono volute due settimane, una società finanziaria ha creduto nel progetto, e allo Stato deve dare circa il 20 per cento di quello che guadagna. In Italia tutto questo sarebbe inimmaginabile.

Ecco, il Popolo della Famiglia si candida a guidare il nostro Paese non con gli slogan di piazza, ma con un progetto di governo capace di realizzare un’Italia in cui i fratelli Bauso non siano più costretti ad emigrare a Londra.

Aiutateci.

Gianfranco Amato