Il Pastore che annuncia tempesta!

Conservo ancora vivido il ricordo di quella sera in cui cenai a casa del Vescovo di Alessandria mons. Guido Gallese. Erano i primi di settembre di due anni fa. La cena era sobria e squisita, proprio come il padrone di casa.

Parlammo a lungo intorno al tema oggetto dell’incontro che avrei tenuto qualche ora dopo – si intitolava “Scuola e Gender: quale educazione per il nostri figli?”  – , e discutemmo più in generale della preoccupante deriva totalitaria che aleggiava nel nostro Paese. Lo vidi molto attento, in particolare, sulla mia denuncia del tentativo di introdurre un reato di opinione con il disegno di legge Scalfarotto in materia di omofobia. Fu molto colpito, ad esempio, da quello che raccontai circa l’esperienza degli “street preacher”, i predicatori di strada che in Gran Bretagna sono stati tra le prime vittime dell’odio antireligioso imposto dalla dittatura del politically correct. Così come fu colpito dal parallelo storico col reato di attività antisovietiche previsto all’art. 58 del Codice Penale dell’U.R.S.S., utilizzato per spedire i dissidenti nei famigerati Gulag. Condividemmo anche le acute analisi scritte da Hanna Arendt nella sua opera “Le origini del totalitarismo”, circa il rischio che un potere fortissimo, una micidiale macchina di propaganda e, soprattutto, un popolo anestetizzato possano rappresentare gli ingredienti perfetti per il ritorno di una dittatura. Citammo pure San Pio X: «La forza principale dei tristi è la viltà e la debolezza dei buoni, e tutto il nerbo del regno di satana sta nella fiacchezza dei cristiani».

Non lo spaventava tanto la prospettiva della persecuzione – che percepiva come assai seria – quanto la resa. L’idea di un popolo passivo, inerte, fatalisticamente remissivo e rassegnato difronte all’ineluttabile, lo angustiava più di tutto.

Io ho conosciuto decine e decine di vescovi italiani. Mentirei se dicessi che sono tutti santi, perfetti, intelligenti, colti e raffinati. Non sarebbe credibile neppure sotto il profilo della statistica. La Chiesa è fatta di uomini con tutti i limiti e i difetti che sono irrefragabilmente connessi alla natura umana. Per questo ti si allarga il cuore quando incontri un Pastore come il Vescovo Guido, uno che riesce a stupirti con la sua intelligente capacità di lettura della realtà, uno pienamente consapevole di cosa sta accadendo attorno a sé, uno capace di avere uno sguardo profetico sul presente, uno sinceramente preoccupato del gregge affidatogli dalla Provvidenza. E uno che nel proclamare coraggiosamente la Verità, non teme certo il giudizio dei lupi.

Ecco perché non mi sono stupito quanto ho letto su “La Voce Alessandrina” del 23 febbraio 2017 il suo intervento intitolato Difendere la libertà di opinione è difendere la libertà di tutti, che merita di essere integralmente riportato:

«Come vescovo, ho il compito di guardare lontano, e a volte vedo delle cose che non riguardano soltanto noi cattolici, ma tutta la comunità civile. Scrivo per dare un segnale d’allarme finché siamo in tempo, finché l’astio delle parti non prende il sopravvento sul buon senso. Scrivo a tutti gli uomini di buona volontà e di intelligenza di qualsiasi parte politica o religiosa. Scrivo perché vedo nubi oscure profilarsi all’orizzonte. L’immagine di riferimento. Il 20 agosto 2011 ero alla Giornata Mondiale della Gioventù del 2011 a Madrid. Ero Responsabile di Pastorale Giovanile e al sabato sera mi trovavo con due milioni di giovani alla veglia con il S. Padre all’aeroporto Cuatro Vientos, il più antico della Spagna. Già, Cuatro Vientos: un nome, una garanzia. Ad un certo punto sento soffiare con insistenza un vento proveniente da dietro di noi. Mi volto e vedo dense e oscure nubi con i tipici pennacchi filamentosi che arrivano fino a terra. Così appare la pioggia da distante. Il fatto che si trovassero proprio dalla parte dalla quale proveniva il vento significava che quelle nubi erano dirette verso di noi. Ci avrebbero messo circa 20 minuti. Ho passato voce ai giovani di organizzarsi a quattro a quattro: ciascuno di noi aveva in dotazione un telo di plastica. Uno sarebbe servito per coprire quattro zaini, uno per farci stare sopra quattro persone, preservandole dalle acque che avrebbero potuto scorrere o accumularsi al suolo, altri due per coprire, rimboccando il telo di sotto, i quattro giovani. In quel modo ci siamo salvati da un diluvio intenso e insistente che si è abbattuto sul campo interrompendo la veglia con Papa Benedetto XVI. A sei anni di distanza, con un altro ruolo, sono qui a fare sostanzialmente lo stesso: avvertire di un pericolo. Le nubi all’orizzonte. In Francia la camera ha votato una legge che d’ora in poi consentirà di punire con due anni di carcere e fino a 30.000 euro di multa chi s’impegna per la vita e contro l’aborto usando anche i canali della comunicazione digitale. Il vento che tira. È il vento di un reato di opinione e il vento che tira da quella direzione si chiama dittatura. Agli albori di ogni dittatura tira il vento del reato di opinione o di discriminazione, con il quale si cerca di eliminare chi non ha il pensiero “conforme”.

Non potendo toccare i pensieri ci si limita a censurare le opinioni. E qui sta il confine tra la dittatura e la democrazia: la democrazia punisce i comportamenti, la dittatura non consente di esprimere liberamente le opinioni e le punisce. La visione strategica. In questi anni come vescovo ho partecipato a molte giornate commemorative riguardanti la resistenza, l’olocausto, le foibe e altri momenti della vita civile che hanno fatto risaltare il bene della democrazia che abbiamo ereditato dai nostri padri a seguito di tragici momenti di perdita di essa nel nostro passato recente. Si sono scritte pagine di storia di altissimo valore a prezzo di grandi sacrifici. Oggi viviamo orgogliosamente nella nostra democrazia. Tuttavia essa è fragile, esposta com’è alle pressioni sociologiche della manipolazione di massa prima di tutto a livello della comunicazione sociale. È sotto gli occhi di tutti che non siamo in un’epoca di grandi statisti: un grande statista per esercitare il suo dono deve essere eletto. E per essere eletto deve essere un grande comunicatore. Questa dote, sempre più importante, sfronda in misura crescente il numero dei grandi statisti che possono mettere a frutto il loro talento. La nostra democrazia va difesa. E oggi l’attacco viene dalla parte della sociologia e della comunicazione sociale che, usate in modo improprio, possono diventare gli strumenti della manipolazione di massa e della dittatura. Giocare d’anticipo. Ogni forma di dittatura va riconosciuta sul nascere, anche nelle sue nuove forme, prima che inneschi le sue mortali dinamiche di parte. Le idee delle dittature cambiano, ma lo stile rimane lo stesso ed è liberticida. Dobbiamo fare quadrato e dire di no al reato d’opinione, dire di no a ogni tentativo di impedire l’espressione delle proprie idee. Perché le nostre memorie civili, che sono patrimonio essenziale e irrinunciabile di tutti, cattolici e non, non vengano retrocesse a memorie di parte, valide e condivisibili soltanto per alcuni. Non temo la persecuzione. Temo la rassegnazione, che apre la strada all’orribile spettacolo del volto dell’uomo sfigurato dalla spietatezza».

Come sarebbe bello se questo accorato invito, questo vibrante appello, questa fervida sollecitazione del Vescovo di Alessandria non cadesse nel vuoto dell’indifferenza che sembra ormai dilagare nel cuore degli uomini.

 

Direbbe Isaia: «Excutere de pulvere, consurge, captiva Ierusalem!».

 

Gianfranco Amato