Il Capo dei Vescovi italiani tra i Pastori Coraggiosi

E’ con filiale gioia che annoveriamo tra i Pastori coraggiosi anche il Capo dei Vescovi italiani.

Sì, ci riferiamo a Sua Eminenza il Cardinal Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che nella sua ultima prolusione del 21 marzo 2017 è intervenuto, senza mezzi termini, a proposito di quattro questioni particolarmente spinose per la dittatura del Pensiero Unico.

Primo tema, la famiglia. Bagnasco è stato chiarissimo in proposito: «La bellezza e la necessità della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, non verranno mai meno, anche se un certo pensiero unico continua a denigrare l’istituto familiare e a promuovere altri tipi di unione, che non sono paragonabili in ragione delle peculiarità specifiche della famiglia, a partire dalla valenza educativa per i figli e dall’importanza vitale che la famiglia costituisce per il tessuto sociale. Veramente non si comprende, al di fuori di una visione ideologica, la costante e crescente azione per screditarla e presentarla come un modello superato o fra altri, tutti equivalenti».

Il porporato ha anche aggiunto una considerazione sulla bigenitorialità: «A questo riguardo, non possiamo non dire una parola – sempre rispettosa, ma chiara e convinta – circa il diritto dei figli ad essere allevati da papà e mamma, nella differenza dei generi che, come l’esperienza universale testimonia, completa l’identità fisica e psichica del bambino. Diversamente, si nega ai minori un diritto umano basilare, garantito dalle Carte internazionali e riconosciuto da sempre nella storia umana. Tale diritto non può essere schiacciato dagli adulti, neppure in nome dei propri desideri. Essere genitore è una cosa buona e naturale, ma non a qualunque condizione e a qualunque costo».

Secondo tema, procreazione artificiale. Su questo punto il Cardinale è stato tranchant: «Una violenza discriminatoria viene esercitata anche verso le donne con la pratica della maternità surrogata, comunemente chiamata «utero in affitto». In questo caso, avviene una duplice ingiustizia: innanzitutto è violata la Dichiarazione dei diritti del fanciullo (1959), che recita: «Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre». Inoltre, sono negati i diritti delle madri surrogate, che diventano madri nascoste, anzi inesistenti, dopo essersi sottoposte – spinte per lo più dalla povertà – ad una nuova forma di colonialismo capitalistico: si commissiona un bambino, potendosi servire anche di elenchi – si fa fatica perfino a dirlo – di «cataloghi» che indicano paesi, categorie di donne, opzioni e garanzie di riuscita del «prodotto» che – se non corrisponde – viene scartato. È questa la civiltà, è questo il progresso che si desidera raggiungere?».

Terzo tema, ideologia gender. Qui le parole di Bagnasco non lasciano dubbi: «Non di rado accade, in alcuni Paesi europei, che, con motivazioni condivisibili, si trasmettano visioni e categorie che riguardano la cultura del gender, e si banalizza la sessualità umana ridotta ad un vestito da cambiare a piacimento: «Esiste una ecologia dell’uomo perché anche l’uomo possiede una natura che deve rispettare e che non può manipolare a piacere» (Papa Francesco, Laudato sì, 155). «Mi domando – afferma ancora il Papa – se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Rischiamo di fare un passo indietro, la rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione» (Papa Francesco, Udienza generale, 15.4.2015). Il Papa denuncia quello che chiama «indottrinamento della teoria del gender», per cui – dice – che «fare l’insegnamento nelle scuole su questa linea per cambiare la mentalità» è una inaccettabile «colonizzazione ideologica» (Conferenza stampa al ritorno dal viaggio in Georgia e Azerbaijan, 2.10.2016). Nella prospettiva tracciata dal progetto «Immìschiati» promosso dal Forum delle associazioni familiari, docenti e genitori non possono stare a guardare o limitarsi alla lamentela». Da qui l’esigenza di un’attenta vigilanza da parte dei genitori: «È dunque necessario che gli adulti siano molto vigili; in particolare, i genitori, mentre si danno disponibili per gli Organi di partecipazione previsti dalla legge, si devono coinvolgere insieme agli altri genitori per il bene della scuola in ogni suo aspetto, sapendo che il Progetto Formativo annuale deve avere sempre il consenso informato della famiglia. Nessuna iniziativa, come nessun testo che promuova concezioni contrarie alle convinzioni dei genitori, deve condizionare – in modo diretto o indiretto – lo sviluppo affettivo armonico e la sessualità dei minori che, in quanto tali, non possono difendersi. La Convenzione Europea (1950), del resto, sancisce il diritto nativo e inviolabile dei genitori all’educazione dei figli».

Quarto tema, vita e autodeterminazione. Netto e chiaro anche su questo punto appare il Presidente della C.E.I.: «La legge sul fine vita, di cui è in atto l’iter parlamentare, è lontana da un’impostazione personalistica; è, piuttosto, radicalmente individualistica, adatta a un individuo che si interpreta a prescindere dalle relazioni, padrone assoluto di una vita che non si è dato. In realtà, la vita è un bene originario: se non fosse indisponibile tutti saremmo esposti all’arbitrio di chi volesse farsene padrone. Questa visione antropologica, oltre ad essere corrispondente all’esperienza, ha ispirato leggi, costituzioni e carte internazionali, ha reso le società più vivibili, giuste e solidali». «Si rimane sconcertati», prosegue Bagnasco, «anche vedendo il medico ridotto a un funzionario notarile, che prende atto ed esegue, prescindendo dal suo giudizio in scienza e coscienza; così pure, sul versante del paziente, suscita forti perplessità il valore praticamente definitivo delle dichiarazioni, senza tener conto delle età della vita, della situazione, del momento di chi le redige: l’esperienza insegna che questi sono elementi che incidono non poco sul giudizio. La morte non deve essere dilazionata tramite l’accanimento, ma neppure anticipata con l’eutanasia: il malato deve essere accompagnato con le cure, la costante vicinanza e l’amore. Ne è parte integrante la qualità delle relazioni tra paziente, medico e familiari».

Sante parole!

Se valesse ancora il concetto di gerarchia – una delle tante cose serie della Chiesa – occorrerebbe richiamare i tanti, troppi, parroci ribelli che sproloquiano a proposito di “nuove famiglie”, di «semi di verità anche nelle coppie gay», sul riconoscimento sacramentale dell’amore omosessuale; che benedicono pubblicamente unioni tra persone dello stesso sesso; che negano pubblicamente l’esistenza dell’ideologia gender, accusando di «agitare fantasmi» tutti coloro che  – Papa incluso – ne denunciano gli effetti deleteri; che straparlano sul riconoscimento del «diritto all’autodeterminazione» nel fine vita, sulla «compassione misericordiosa» nei confronti di chi intende percorrere la scorciatoia dell’eutanasia, sul «rispetto per la libertà di coscienza» di chi invoca l’iniezione letale della “dolce morte”.

Tutte cose, purtroppo, molte volte ascoltate con le nostre stesse orecchie.

Gianfranco Amato