Fedeli: l’onagrocrazia al potere!

Fedeli: l’onagrocrazia al potere!

Tutti i Lucignoli d’Italia oggi festeggiano! Non soltanto perché tra pochi giorni inizieranno le vacanze natalizie e non si andrà più a scuola. Festeggiano perché hanno ottenuto la loro rivincita morale sui compagni secchioni e sgobboni. Oggi hanno un Ministro dell’Istruzione che è una dei loro. Una che davvero li rappresenta, dimostrando concretamente che in Italia si può anche non studiare per fare strada e, soprattutto, carriera politica. Via libri di scuola, sussidiari, abecedari, dizionari e tutta quella ferraglia arrugginita che costringe la povera gioventù a perdere tempo incollata ad una sedia per ore! Basta, finalmente è arrivata l’ora della riscossa. L’onagrocrazia al potere! A proposito, onagrocrazia non è una parolaccia. Deriva dal greco ὄναγρος (ònagros), che significa somaro selvatico. L’ha coniata Benedetto Croce per indicare la forma di potere gestita dai somarelli, ovvero coloro che non hanno avuta tanta voglia di studiare.

Valeria non ha un diploma di maturità né tantomeno una laurea ­– nonostante abbia falsamente dichiarato il contrario – però ha capito tutto della vita. Ha capito, in particolare, che per fare carriera  politica bisogna sottomettersi a un Capo e adularne i favoriti. E così, infatti, la nostra Valeria ha individuato in Matteo Renzi il Capo e, dopo aver rinnegato la sua storia di veterofemminista, veteromarxista, veteroradicalchic, veterotutto, si è donata anima e corpo come testimonial del “sì” nella campagna referendaria sulla riforma costituzionale. La Waterloo di Renzi. Però Valeria non ha seguito la triste sorte del Capo al Sant’Elena, e nonostante quanto promesso è rimasta incollata alla poltrona. Sì, perché forse qualcuno ricorda la Fedeli tracotante intervistata nella trasmissione televisiva “L’aria che tira” su La7, quando diceva «Io non sono attaccata alla poltrona», e, come il Capo e la Pupa, anche lei assicurava un addio alla politica in caso della vittoria del “no” al referendum costituzionale. L’Huffington Post, impietoso, glielo ha rinfacciato  con un articolo intitolato: Quando Valeria Fedeli diceva: “Se vince il no andiamo tutti a casa”. Adesso è diventata ministro dell’Istruzione. Gli spietati giornalisti dell’Huffington hanno pure allegato il video che riprendeva le dichiarazioni della Fedeli, nel caso quest’ultima avesse negato di averle mai proferite. Non si sa mai, vista la propensione della neo ministra a raccontare frottole.

Ma, come abbiamo detto, non basta obbedire al Capo, occorre anche ingraziarsi i favoriti. E così ha fatto Valeria. Esilarante – se non fosse suonata patetica ­– la sua sviolinata adulatrice alla giovane Maria Elena Boschi: «È l’erede di Nilde Iotti, che sedette in Assemblea costituente, occupandosi di diritti e parità, quando era molto giovane». Oh, addirittura la Bella del Capo paragonata a Nilde Iotti. Una ruffianata che ben può valere un ministero. E, infatti, la giovane Maria Elena – evidentemente compiaciuta per la lusinga – ha convinto il Capo ad insistere sul nome della Fedeli al dicastero dell’Istruzione. Sappiamo, infatti, che si è trattato di un intervento di peso, perché il Conte Paolo Gentiloni Silverj di Filottrano, per il suo governo aveva in mente un altro profilo quando ha pensato al Ministro dell’Istruzione. Intanto era uno con un doppio cognome come lui, e poi di tutt’altro spessore. Si tratta di Marco Rossi Doria. Due volte sottosegretario proprio al dicastero dell’Istruzione, e poi assessore a Roma, almeno lui qualche libro l’ha scritto, ed ha pure conseguito un baccellierato in Scienze dell’educazione. Però, si sa, il Conte può poco quando il Capo comanda. E così oggi abbiamo Valeria Fedeli ministra dell’Istruzione. Quando girerà, nella sua veste istituzionale, per i vari licei d’Italia sarà un’ottima testimonial. I ragazzi potranno apprendere, infatti, che nella vita per fare strada si possono anche raccontare balle, adulare i potenti, essere incoerenti, non mantenere le promesse, dire una cosa e farne un’altra, dire che si è laureati anche se non è vero. Ma, soprattutto, non c’è assolutamente bisogno di fare l’esame di maturità.

Che fulgido esempio per i nostri ragazzi!

Gianfranco Amato

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