Resistenza e Contrattacco

Resistenza e Contrattacco.

Dodici anni fa saliva in cielo l’anima di mons. Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. Stavo pensando, anche quest’anno, alla ricorrenza della scomparsa di questo grande Maestro, quando mi sono imbattuto in una sua frase pronunciata durante un incontro con i responsabili del SIDEF (Sindacato delle Famiglia) tenutosi il 13 giugno 1993: «Non si può dire amo i miei figli permettendo alla società di farne man bassa. Non si può dire: amo la mia famiglia, ci tengo alla mia famiglia, permettendo al costume sociale di distruggerla. Occorre il coraggio di difendere questi riferimenti in pubblico associandosi perché senza l’associarsi la debolezza del singolo o del particolare è travolta da qualsiasi forma di potere» (“Dimensione Famiglia” nel n. 84 dell’aprile-maggio 2005).

Oggi, dentro e fuori la Chiesa, sembra davvero assente la voce coraggiosa e incoraggiante di un padre capace di pronunciare parole simili.

E’ proprio per riascoltare questa voce che, insieme a don Gabriele Mangiarotti, l’anno scorso abbiamo pubblicato, con la casa editrice ARES, il libro intitolato “Per l’umano e per l’eterno – il dialogo con don Giussani continua”. Questo è un libro nato dallo stupore e dall’amicizia. Quante volte, di fronte a fatti, spesso a difficoltà che abbiamo incontrato, ci siamo ricordati di ciò che don Luigi Giussani aveva detto, in situazioni analoghe. Quante volte ci siamo sentiti per telefono, o tramite un sms, o per e-mail, evidenziando ora una ora un’altra affermazione del «Gius» – come lo chiamavamo familiarmente – che riusciva sempre a conferire una luce intensissima a quanto stavamo vivendo, grazie a quella sua così speciale adesione a Cristo per cui era e ci aiutava a essere compiutamente figli di Dio, cioè cristiani, uomini nel mondo, ma non di questo mondo. Quante volte ci è sembrato che quella sua parola avesse una forza che superava il momento e la contingenza, anche rispetto alle problematiche più gravi! Allora, trovandoci davanti alle domande e circostanze di oggi, è nato in noi il desiderio di leggere, prima, e poi di trascrivere ciò che questo nostro grande maestro aveva detto e scritto nell’affrontare questioni e situazioni simili. Integralmente, senza neppure alterare una virgola delle sue parole. E questo dialogo, che pure va definito «virtuale», ci è sembrato un ulteriore gesto di amicizia sua nei nostri confronti, e nostra nei confronti di chi vorrà fare con noi un pezzo di strada. Questo libro non ha la pretesa di insegnare niente a nessuno. È espressione e dà testimonianza di un percorso assolutamente personale per noi irrinunciabile: il rapporto che nella comunione dei santi continua con colui che un giorno ci ha affascinato e conquistati a Cristo, iniziando un dialogo costante, personale, che neppure la morte terrena ha potuto interrompere. Nonostante don Luigi Giussani ci abbia lasciato ormai da dodici anni, la grazia dell’incontro con lui mantiene tutta la sua freschezza e tutta la sua forza.

Anche oggi, nel ricordarlo, rivive in noi il desiderio di percorrere, nella drammaticità del nostro oggi, la strada che don Giussani ci ha indicato: «Il potere mondano tende a risucchiarci: allora la nostra presenza deve fare la fatica di non lasciarsi invadere, e questo avviene non solo ricordando e visibilizzando l’unità tra noi, ma anche attraverso un contrattacco. Se il nostro non è un contrattacco (e per esserlo deve diventare espressione dell’autocoscienza di sé), se non è un gusto nuovo che muove l’energia di libertà, se non è un’azione culturale che raggiunge il livello dignitoso della cultura, allora l’attaccamento al movimento è volontaristico, e l’esito è l’intimismo. L’intimismo non è presenza, per l’intensità e la verità che diamo a questa parola. Nelle catacombe si crea un proprio ambito, quando non si può fare assolutamente in modo diverso e si è nel dolore dell’attesa di una manifestazione. La modalità della presenza è resistenza all’apparenza delle cose ed è contrattacco alla mentalità comune, alla teoria dominante e alla ideologia del potere; resistenza e contrattacco non in senso negativo, di opposizione, ma come lavoro».

Il contrattacco e la resistenza alla dittatura del Pensiero Unico, intesi come «lavoro», come presenza culturale, impegno civile e militanza politica. A proposito di quest’ultimo aspetto, peraltro, Giussani amava spesso ricordare a noi giovani universitari che esistono due modi per intendere la politica.

Il primo è quello di chi vive quell’esperienza con il disincanto e la rassegnazione difronte ad uno Stato di potere immodificabile, che lascia, al massimo, spazio all’utopia perché non dura o alla nostalgia individuale perché è impotente. Oppure si può vivere la politica nel senso più vero e autentico del termine, ovvero come un’esperienza che difende una novità di vita nel presente, al punto da diventare capace di modificare anche l’assetto del potere.

Questa è una delle tante e grandi eredità che Giussani ci ha lasciato e che oggi vogliamo ricordare.

Questo è il «lavoro» che ci attende nei prossimi mesi tra resistenza e contrattacco.

Gianfranco Amato