Chiudiamo l’UNAR!

Chiudiamo l’UNAR!

 

Sì, parlo proprio dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale, ente governativo ormai ridotto ad Ufficio Propaganda della lobby omosessualista e inutile carrozzone burocratico capace solo di sprecare denaro pubblico. Basta leggere l’articolo pubblicato il 19 febbraio 2017 su “Libero” da titolo “Palazzo Chigi finanzia la prostituzione gay – Le Iene scoprono che l’Ufficio antidiscriminazione del governo ha dato 55mila euro ad un circolo dove si farebbe anche sesso a pagamento. Oppure è sufficiente dare un’occhiata alla trasmissione realizzata dalle “Iene”. Vedere per credere!

In realtà, però, quello dello sperpero di denaro pubblico è il male minore dell’UNAR. Molto più pericolosa è la sua capacità di sfornare materiale d’indottrinamento scolastico e avventurarsi in pericolose definizioni del concetto evanescente di “omofobia”.

Vi racconto un fatto accadutomi in proposito.

Alla fine del gennaio 2014 vengo in possesso, in anteprima, di tre opuscoli che portano il logo dell’UNAR, intitolati Educare alla diversità a scuola. I libretti erano tre perché destinati rispettivamente alle scuole elementari, medie e superiori. Leggo con attenzione il contenuto degli opuscoli, rilevandone l’evidente natura propagandistica a favore dell’ideologia omosessualista e della cosiddetta “teoria del gender”. Si arrivano a toccare anche punte di risibilità, quando si sostiene, per esempio, che persino nell’elaborazione dei problemini di matematica occorre tener conto delle nuove famiglie omogenitoriali: i libretti del governo fanno esempi pratici, tirando in ballo personaggi come «Rosa e i suoi due papà». Quello che, invece, non riesce a destarmi alcuna ilarità è leggere nelle premesse dei tre opuscoli cosa il governo italiano voleva che i docenti insegnassero ai bimbi delle elementari, ai ragazzi delle medie e agli adolescenti delle superiori circa il concetto di omofobia. Considerando che attraverso il disegno di legge Scalfarotto si pretendeva, all’epoca, di introdurre il “reato di omofobia”, senza precisarne la nozione, ho letto con maggior attenzione quale fosse l’idea del governo in materia. E sono letteralmente trasecolato. In quelle premesse, infatti, si sosteneva che, tra i vari criteri per definire l’omofobo, ve ne sono in particolare quattro. Primo: il grado di religiosità di una persona concorre a configurare il suo profilo di omofobo. Secondo: credere “ciecamente” ai precetti religiosi è omofobia. Terzo: sostenere che l’omosessualità è un peccato, è omofobia. Quarto: sostenere che l’unica attività sessuale lecita è quella aperta alla vita, finalizzata alla procreazione, è omofobia. A quel punto mi sono detto che se quella era la definizione, allora io potevo ritenermi dichiaratamente omofobo, convintamente omofobo, orgogliosamente omofobo.

Ritenendo le corbellerie sostenute dall’UNAR in quegli opuscoli particolarmente gravi rispetto al diritto alla libertà religiosa tutelato e garantito dall’art. 19 della Costituzione, contatto immediatamente la C.E.I. e il giornale di riferimento. L’11 febbraio 2014 “Avvenire” pubblica un mio articolo intitolato “Le paradossali tesi dell’UNAR. I libelli ‘educativi’ antiomofobi”

L’articolo pubblicato da “Avvenire” scatena la prevedibile reazione del variopinto arcipelago dell’associazionismo LGBT. Particolarmente scomposto e becero appare l’attacco al quotidiano della C.E.I. e al Cardinal Angelo Bagnasco.

Quattro giorni dopo la pubblicazione del mio articolo, lo stesso “Avvenire” dava notizia della reazione del governo con un pezzo firmato da Lucia Bellaspiga e intitolato “Il kit pro-gender in classe? Sconfessato il grande bluff”. Si apprende, così, che l’operato dell’UNAR viene sonoramente sconfessato dallo stesso Dipartimento per le Pari Opportunità, per bocca dell’allora viceministro Maria Cecilia Guerra, che è arrivata ad affermare: «Di questa ricerca ignoravo addirittura l’esistenza». Lo stesso Dipartimento delle Pari opportunità annunciava l’emanazione di «una nota formale di demerito al direttore dell’UNAR, Marco De Giorgi», per la diffusione nelle scuole di materiale mai approvato, e addirittura mai conosciuto dagli organi competenti a disporne la relativa autorizzazione. Tra l’altro, allo stesso direttore dell’UNAR veniva pubblicamente contestato dal Viceministro Guerra «l’abusivo utilizzo del logo della Presidenza del Consiglio – Pari Opportunità», e l’assoluta mancanza di una specifica informazione al riguardo. Il comportamento di De Giorgi veniva espressamente censurato dal Viceministro con parole inequivocabilmente dure: «Una materia così sensibile richiede particolare attenzione ai contenuti e al linguaggio. Questa attenzione, quando si parla a nome delle istituzioni, ricade nella responsabilità delle autorità politiche, che devono però essere messe nella condizione di esercitarla! Non è accettabile, inoltre, che materiale didattico su questi argomenti sia diffuso tra gli insegnanti da un ufficio del Dipartimento Pari opportunità senza alcun confronto con il Ministero dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università».

Altrettanto tranchant nei riguardi dell’illegittimo comportamento dell’Ufficio allora guidato da Marco De Giorgi è parso Gabriele Toccafondi, Sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca: «Il fatto che gli opuscoli sulla diversità siano stati redatti dall’UNAR e diffusi nelle scuole senza l’approvazione del Dipartimento Pari Opportunità da cui dipende, e senza che il Ministero dell’Istruzione ne sapesse niente, è una cosa grave, chi dirige UNAR ne tragga le conseguenze». Il 18 febbraio 2014 sottoscrivo e inoltro, nella mia qualità di Presidente dell’associazione “Giuristi per la Vita”, un esposto alla Procura Regionale della Corte dei Conti del Lazio sulla vicenda dei tre opuscoli Educare alla diversità a scuola. In quell’esposto si chiedeva alla Procura di accertare se le modalità di affidamento dell’incarico all’Istituto A.T. Beck fossero avvenute in conformità delle vigenti disposizioni normative in materia; quale fosse la natura del rapporto contrattuale in essere con il predetto Istituto, i criteri di determinazione del corrispettivo pattuito per le prestazioni svolte, e la relativa congruità; se sussistessero illeciti contabili nei fatti denunciati, individuando le eventuali responsabilità di tutti i soggetti coinvolti nei confronti dell’erario; se sussistesse, infine, un eventuale danno all’immagine della pubblica amministrazione.

Al Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana, tenutosi a Roma dal 24 al 26 marzo 2014, il cardinal Angelo Bagnasco nella sua prolusione (pag. 5-6) parlò espressamente della questione relativa ai citati opuscoli dell’UNAR da me sollevata, usando parole che meritano davvero di essere ricordate (il grassetto è nel testo originale): «Non sono le buone leggi che garantiscono la buona convivenza – esse sono necessarie – ma è la famiglia, vivaio naturale di buona umanità e di società giusta. In questa logica distorta e ideologica, si innesta la recente iniziativa – variamente attribuita – di tre volumetti dal titolo Educare alla diversità a scuola, che sono approdati nelle scuole italiane, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado. In teoria le tre guide hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione – cosa giusta –, in realtà mirano a “istillare” (è questo il termine usato) nei bambini preconcetti contro la famiglia, la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso, ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche dalle carte. È la lettura ideologica del “genere” – una vera dittatura – che vuole appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare l’identità di uomo e donna come pure astrazioni. Viene da chiederci con amarezza se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”, di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione? I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza: non c’è autorità che tenga».

Alla fine, comunque, a prevalere è il buon senso e gli opuscoli dell’UNAR, la cui esistenza era stata denunciata l’11 febbraio 2014 col mio articolo pubblicato da Avvenire, vengono ufficialmente ritirati. Ne dà notizia Paolo Ferrario il 5 aprile 2014 con un articolo apparso sempre su “Avvenire”, intitolato Gender la scuola stoppa. Il MIUR blocca gli opuscoli UNAR. Che si scusa: «Una circolare del Ministero dell’Istruzione ha bloccato la diffusione nelle classi degli opuscoli “Educare alla diversità a scuola”, realizzati dall’Istituto A.T. Beck su mandato dell’UNAR (che li ha pagati 24.200 euro). Lo ha comunicato ufficialmente ieri mattina il direttore generale del Dipartimento per l’Istruzione del MIUR, Giovanna Boda, incontrando il Fonags, il Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola. Lo stesso dirigente ha anche dato conto di una lettera ufficiale di scuse inviata al MIUR dall’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, per aver portato avanti il progetto senza condividerlo con il Ministero, come denunciato tempo fa dal sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi».

Furibonda, come era facilmente immaginabile, la reazione del mondo gay. E della politica che lo asseconda con compiacimento. L’onorevole Alessandro Zan del partito Sinistra Libertà ed Ecologia, per esempio, lo stesso 5 aprile 2014 dirama un comunicato stampa dal titolo inequivoco, “Grave ritiro opuscoli UNAR, così governo delegittima contrasto omofobia tra i giovani”: «La circolare del Ministero dell’Istruzione che ha bloccato la diffusione nelle scuole degli opuscoli Educare alla diversità contro il bullismo omofobico e transfobico, realizzati dall’Istituto Beck su mandato dell’UNAR, rappresenta un preoccupante passo indietro per l’intero Paese. Il Governo ha dimostrato una grave irresponsabilità nell’assecondare le posizioni estremiste e del tutto mistificatorie di chi, come gli esponenti del Nuovo Centro Destra, del cardinale Bagnasco e del giornale dei Vescovi, ha gettato fango sul lavoro dell’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, con l’unico obiettivo di delegittimare la strategia di contrasto all’omofobia e alla transfobia tra i nostri giovani. Ritengo scandaloso che nel 2014 si levino scudi crociati, anche da parte di esponenti del Governo, come il sottosegretario all’Istruzione Toccafondi, contro un validissimo strumento culturale – quali sono i libretti dell’Istituto Beck – che poteva offrire agli insegnanti italiani un aiuto concreto contro le discriminazioni tra studenti, sempre più frequenti, come purtroppo ci confermano i recenti fatti di cronaca in cui dei giovanissimi hanno scelto il suicidio come estrema via di fuga dall’isolamento e dall’umiliazione».

Per l’onorevole Zan, quindi, è bene che vengano puniti come omofobi tutti coloro che ritengono l’omosessualità un peccato, che pensano che il sesso debba essere aperto alla trasmissione della vita, e che credono nei precetti della Chiesa. Interessante.

Da notare anche che alla kermesse nazionale denominata “Educare alle differenze”, tenutasi a Roma dal 20 al 21 settembre 2014, e promossa dalle associazioni “Scosse”, “Il Progetto di Alice” e “Stonewall” (che ha visto la partecipazione di circa 600 persone e 200 organizzazioni), è stato redatto un documento finale in cui, tra l’altro, si «denuncia il clima reazionario e oscurantista, alimentato dal fondamentalismo religioso, che, con furore ideologico e l’aggressività degli attacchi, è riuscito a far mettere al bando gli opuscoli realizzati dall’Istituto Beck per conto di UNAR», di cui ovviamente si chiede l’immediata introduzione in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Secondo più di duecento organizzazioni che si battono per l’indottrinamento gender nelle scuole, quindi, il Cardinal Bagnasco, il sottoscritto e tutta la compagnia di “Avvenire”, non saremmo altro che «oscurantisti reazionari esponenti del fondamentalismo religioso accecato da furore ideologico e aggressivo». Interessante.

Al di là di queste assurdità che sconfinano nel risibile, la sintomatica vicenda dei libretti Educare alla diversità a scuola, ci insegna come sia pericoloso lasciare un concetto vago e indefinito come l’omofobia all’arbitraria discrezione di organismi governativi a forte impronta ideologica.

Ecco perché, tra i primi provvedimenti che il Popolo della Famiglia adotterà una volta al governo ci sarà pure la chiusura definitiva dell’UNAR.

Occorre solo attendere.

Gianfranco Amato