Waitrose cambia la Festa della Mamma!

Domenica scorsa 11 marzo a Londra si è celebrata la Festa della Mamma.

La mattina di quel giorno ricevo una telefonata da una carissima amica che vive dalle parti di Knightsbridge, vicino ai celebri magazzini Harrods. L’area dello shopping londinese, per intenderci. Questa mia amica mi racconta, tra il serio e il faceto, l’ultima follia del politically correct.

La prestigiosa e antica catena di supermercati Waitrose, fondata nel lontano 1904, quest’anno ha deciso per la prima volta di vendere cartoncini d’auguri “neutrali” per la Festa della Mamma. E sì perché ormai di mamma non ce n’è più una sola, e per essere mamme non bisogna più essere donne. Penso ad uno scherzo e vado a dare una sbirciatina sui quotidiani inglesi. Con mia somma sorpresa scopro che la notizia è drammaticamente fondata.

Il “Times”, il “Daily Mail”, il “Sun” titolano tutti più o meno allo stesso modo: «Waitrose ha deciso di vendere biglietti d’auguri “gender-neutral” per la Festa della Mamma, allo scopo di rendere la celebrazione più “gender-inclusive”». Tutto è nato a seguito della solita campagna di sensibilizzazione dei “nuovi diritti”, ben orchestrata dalle solite lobby, in nome della solita scusa: eliminare ogni forma di discriminazione.

Sì, perché se Elton John si sente mamma, non si vede perché gli debba essere impedito questo diritto per il semplice fatto di non essere una donna. Chi l’ha detto che la maternità sia una prerogativa riconosciuta solo alle femmine e negata ai maschi? Nell’era dell’egualitarismo antibiologico e innaturale tutto è permesso. Ecco, allora, spuntare come funghi negli scaffali dei prestigiosi magazzini Waitrose i nuovi biglietti d’augurio del XXI secolo: «Papà, grazie per essere la mamma migliore» (“Dad, thanks for being the most amazing mum); oppure: «Due mamme è meglio che una» (“Two Mums Are Better Than One”).

Siamo ormai al delirio collettivo.

Tra l’altro mi chiedo che fine abbiano fatto le femministe nel Paese che ha visto nascere le suffragette, e in cui hanno combattuto per i diritti delle donne attiviste del calibro di Millicent Fawcett ed Emmeline Pankhurst. In realtà, l’unico commento intelligente che ho letto in Internet a proposito di questa ridicola vicenda di Waitrose, è quello di un’anonima donna che pare aver conservato la verve delle antenate suffragette. Lo riporto integralmente: «In tutta la storia dell’umanità ogni singolo individuo è venuto al mondo dal ventre di una donna. Non da un uomo, non da un “non-binario”, non da “neutro latteo fiocco di neve”, ma da una d-o-n-n-a! Io so che per alcuni uomini questo è davvero triste e può sembrare ingiusto. Io so che alcuni di loro provano una sorta di frustrazione, la stessa frustrazione, peraltro, che li ha portati 6000 anni fa a considerare le donne come esseri inferiori, come degli uomini imperfetti, come esseri umani immaturi, al punto da schiavizzarle e considerale beni personali e proprietà privata. Ora gli uomini stanno persino tentando di “de-categorizzare” le donne, pretendendo che esse non esistano più come categoria. Vorrebbero far credere che la femminilità sia solo una sensazione soggettiva. Ma non ci riusciranno, perché ogni persona sana di mente, a prescindere da come si identifichi, si senta o percepisca il proprio corpo, sa che solo un essere umano biologicamente femminile può dare alla luce un bambino. Perché la biologia è una realtà, e l’essere “donna” è qualcosa di più di una semplice percezione nella testa di un uomo. Buona Festa della Mamma!». Brava, chiunque sia questa donna inglese.

La mia amica, nel raccontarmi l’idiozia di Waitrose, suggeriva di prenderla con spirito, con un pizzico di sano “British humor”.

Facciamoci una risata.

Io non credo, però, che si possa liquidare tutto questo con una battuta ironica.

L’attuale dittatura del Pensiero Unico utilizza per indottrinare le masse e diffondere la velenosa ideologia del politically correct le medesime modalità di propaganda del Dr. Joseph Goebbels. Tutte le dittature iniziano con un’immagine comica destinata a trasformarsi in tragedia. Si comincia col riso e si finisce con le lacrime. La stessa cosa è valsa per quell’agghiacciante calamità della storia umana chiamata nazionalsocialismo.

Charlie Chaplin fece ridere mezza Europa con il suo film capolavoro Il Grande Dittatore, nel quale ironizzava le bizzarrie quasi comiche di Hitler. Qualche anno dopo il film non ha riso più nessuno. Una volta finita la guerra, quando cominciarono a essere svelate le crudeli verità del nazismo, Charlie Chaplin dichiarò: «Se avessi saputo com’era spaventosa la realtà dei campi di concentramento, non avrei potuto realizzare Il Grande Dittatore; non avrei trovato niente da ridere nella follia omicida dei nazisti». Gli effetti esiziali e devastanti della rivoluzione antropologica posta in essere dalla dittatura del Pensiero Unico si vedranno nei prossimi anni.

Di fronte a quegli effetti ci sarà ben poco da ridere.

 

Gianfranco Amato