Non esagera chi ha definito l’esito elettorale del 4 marzo scorso un vero e proprio tsunami.
Nessuno avrebbe mai immaginato che le urne arrivassero a decretare il tramonto del Partito Democratico e di Forza Italia. Ma c’è un dato che ha una rilevanza storica ancora maggiore. Per la prima volta dal dopoguerra ad oggi nel parlamento italiano non c’è più un gruppo, un partito, un movimento politico che si richiami espressamente ad una visione antropologica cristiana. Un collettore di quello che convenzionalmente si definiva “voto cattolico”. La vera portata storica questo risultato elettorale è la sparizione di un simile collettore a destra come a sinistra.
Nessuno poteva immaginare il naufragio del rassemblement realizzato nella cosiddetta “quarta gamba”, che ha fatto finire quell’esperimento attorno all’uno per cento dei consensi. Cesa, a nome anche dei colleghi Fitto, Tosi, Lupi, Quagliariello e Romano, sulle pagine del “Giornale” dava per acquisito l’obiettivo che si erano prefissati: «Sei per cento, ricordatevelo il 5 marzo!». Ora, al di là delle legittime aspirazioni e del fisiologico desiderio di “puntare alle stelle per arrivare alla luna” che caratterizza tutti i leader di partito, nel caso di Cesa & C. era oggettivamente difficile immaginare che quella lista sarebbe scesa sotto la soglia di sbarramento del 3%, rimanendo quindi priva di un di una rappresentanza parlamentare.
Circostanza che fa il paio con il risultato dei “cattolici” del centrosinistra, che con Pierferdinando Casini, la lista Civica Popolare della Lorenzin e la lista “Insieme”, votata e sponsorizzata da Romano Prodi, sono finiti allo 0.5%. Ora gli elettori cristiani non hanno più una rappresentanza politica in nessuno dei due schieramenti: né a destra né a sinistra. In questo inedito contesto l’unica novità che è apparsa, anche se in maniera embrionale, è il Popolo della Famiglia. Un movimento spontaneo di popolo che senza mezzi, senza strutture, senza copertura mediatica ha esordito con lo 0,7%. È certamente il segnale di un’istanza che emerge dal basso e di qualcosa che può potenzialmente crescere rispetto ad uno scenario complessivo di tramonto.
Il punto resta, però, quello dell’attuale assenza di una rappresentanza parlamentare cristiana.
Mi chiedo, quindi, il mondo religioso italiano – e non mi riferisco solo alla Chiesa cattolica –, il mondo pro-life, l’associazionismo e la feconda rete dei movimenti cristiani si deve davvero rassegnare all’ineludibile destino di un bipolarismo bislacco tra la Lega di Salvini e il Movimento Cinque Stelle di Di Maio? Io mi rifiuto di pensare che i cristiani possano ripiegarsi in una sorta di “cupio dissolvi” di fronte alla prospettiva dell’inevitabile fine della loro presenza in politica. Una presenza che non credo possa essere lasciata alla buona volontà di qualche singolo parlamentare sparso qua e là nei vari partiti, ma che deve essere evidente attraverso una forza visibile, strutturata e autonoma. Mi pare, infatti, che negli ultimi decenni la teoria della “diaspora trasversale” dei cristiani per essere “lievito” all’interno dei vari partiti sia, purtroppo, fallita. Complice anche il potere assoluto dei Capi all’interno delle forze politiche.
Forse ha ragione Ernesto Galli della Loggia quando dice che siamo entrati nella Terza Repubblica, anche se abbiamo uno scenario diverso dai precedenti, giacché ci troviamo difronte ad una rottura ancora più forte di quella avvenuta nel 1994, quando destra e sinistra conservavano comunque ancora importanti pezzi di Dc e Pci. Oggi quei filoni culturali sono stati completamente spazzati via e sostituiti da una sorta di populismo nichilista che si agita tra pulsioni dettate dalla paura o da un becero assistenzialismo. Non è certo un bel presente.
Mi ha colpito l’analisi lucida che Giannino Piana ha consegnato in un suo articolo pubblicato lo scorso 7 marzo sul “Mattino”, nel quale evidenziava la gravità dell’assenza di un partito d’ispirazione cristiana dagli scranni del Montecitorio e di Palazzo Madama. Piana chiudeva la sua riflessione con una domanda: «Che non sia anche questa assenza una delle ragioni della deriva in cui la politica sembra incorsa? E che non debba allora essere questo uno degli impegni prioritari che le comunità cristiane e l’associazionismo cattolico debbono mettere con urgenza in calendario per il prossimo futuro?». Io credo che sia un peccato far cadere questa legittima domanda nel vuoto.