L’orgoglio del peccato che preclude la grazia

A proposito di preti coraggiosi.

Padre Lorenzo Montecalvo è nato a Castelluccio dei Sauri, provincia di Foggia, il 25 aprile 1945.

La sua biografia ufficiale ci rivela che «venendo alla luce in una realtà contadina ed avendo vissuto in quella cultura i primi anni della sua vita, egli conserva, del duro lavoro dei campi, dell’incalzare del tempo nell’ordinata sequenza naturale dell’aratura, della semina, della mietitura, un ricordo diretto e condizionante». Così, «a dodici anni entrò nel Vocazionario di Pianura (Napoli), seguendone la dura disciplina formativa, per concludere i suoi studi negli U.S.A., dove fu ordinato sacerdote il 30 maggio 1970». Poi, «rientrato in Italia nel 1976, divenne parroco della parrocchia S. Maria Assunta di Costantinopoli a Bellavista (Posillipo) nel 1983, e dal 2004 è parroco della parrocchia napoletana del Corpus Christi e Regina del S. Rosario».

Dopo essere stato, dal 1995 al 2008, direttore di “Spiritus Domini”, la rivista mensile di spiritualità dei padri Vocazionisti, oggi Padre Lorenzo dirige un ottimo giornale online chiamato “Il granellino”, che si definisce «un giornalino, piccolo grande evangelizzatore». E’ davvero un’interessante fonte di riflessioni spirituali utili a chi volesse ancora mantenere integra la propria fede cristiana. Tra le varie perle, traggo quest’ultima riflessione sul passo evangelico di San Matteo (Mt 14,1-12). Scrive, infatti, Padre Lorenzo:

Si parla poco della correzione fraterna. Ecco perché il male cresce intorno a noi. L’arte della correzione fraterna è molto difficile da praticare. Per praticarla bisogna anzitutto amare e praticare la Verità. Poi bisogna amare l’errante o il peccatore perché, continuando a vivere nell’errore o peccato, non vada a finire all’inferno. Il fine della correzione è volere la salvezza eterna del peccatore. La correzione dev’essere fraterna, cioè fatta per amore e non per umiliare l’errante, come spesso accade. Chi ama corregge, è il mio slogan. Se non ami in maniera evangelica, dirai dinanzi a chi compie il male: «Fai quello che vuoi!».  Chi corregge fraternamente svolge il ruolo del Profeta. Il Profeta è colui che, chiamato da Dio, viene mandato a un popolo o a una persona che ha volontariamente abbandonato la legge di Dio. Per accogliere la voce del Profeta bisogna essere molto umili. Il superbo infatti non accetta di essere corretto. Spesso (o quasi sempre), il superbo reagisce sempre con violenza quando si mette davanti ai suoi occhi il male che fa.

I profeti sono stati sempre perseguitati, calunniati e anche uccisi. Giovanni Battista, che era divorato dalla Verità, ogni mattina si recava sotto la finestra del palazzo reale di Erode e gridava: «Erode, non è lecito per te tenere la moglie di tuo fratello!». Questo rimprovero aveva messo nel cuore della sua amante una tale rabbia per Giovanni il Battista che, al momento opportuno, lo avrebbe fatto uccidere. E così avvenne come leggiamo nel vangelo di oggi. In questa generazione il divorzio dilaga. Ci si sposa la seconda e forse anche la terza volta. Non ci si scandalizza più dinanzi a questo male del divorzio che sta distruggendo la sacralità del matrimonio e l’unità della famiglia.

Come il Battista, hai anche tu il coraggio di dire a tuo figlio, a tua madre, a tuo padre, al tuo amico: «Non è lecito per te tenere il marito o la moglie di …?».

Quello che vale per l’adulterio vale anche per l’omosessualità. Ma chi, oggi, ha il coraggio di dire ad un omosessuale che non è moralmente lecito praticare la sodomia? Ha ragione Padre Lorenzo, «il superbo non accetta di essere corretto».

Chi non riconosce il proprio peccato, ma anzi lo rivendica con orgoglio – come fanno gli attivisti LGBT durante i cosiddetti “Gay Pride” – si esclude da solo dalla possibilità di perdono. E quando si tenta di spiegare il limite di quella condizione umana, a volte la reazione da parte degli omosessualisti appare davvero scomposta e rabbiosa. Ancora una volta ha ragione Padre Lorenzo: «Spesso (o quasi sempre), il superbo reagisce sempre con violenza quando si mette davanti ai suoi occhi il male che fa».

Gesù non è venuto per i giusti ma per i peccatori. E chi sono i giusti? Sono coloro che pretendono di vivere senza peccato. Esattamente come gli attivisti LGBT. In realtà solo chi riconosce umilmente la condizione del limite in cui vive, solo chi ammette la propria natura di peccatore, solo chi riconosce il proprio comportamento moralmente disordinato, solo chi ha la piena consapevolezza del male che lo avvolge, solo chi avverte il senso di colpa del proprio pervertimento, può aprirsi all’azione redentrice del Salvatore e lasciarsi colpire dalla Grazia. Chi invece rivendica con orgoglio il proprio peccato, è destinato purtroppo a precludersi questa possibilità di salvezza, si rende «impermeabile alla Grazia», per usare una celebre espressione di Charles Peguy.

E pensare che in gioco c’è addirittura la salvezza eterna. Ma ci si crede ancora all’Inferno, alle fiamme inestinguibili della Gehenna, al luogo in cui ci sarà «fletus et stridor dentium»? Ancora una volta ci viene in soccorso Padre Lorenzo, con un’altra delle sue coraggiose riflessioni:

…e li getteranno nella fornace ardente dove ci sarà pianto e stridore di denti».

Alcuni cattolici (e tra questi ci sono anche dei preti) dicono che queste parole non sono di Gesù, ma sono state aggiunte dagli uomini. «Se Dio è misericordia – dicono questi cattolici – come può aver creato un castigo eterno?». Anzitutto non è stato Dio a creare l’inferno, ma satana con la sua scelta di non servire Dio e ci andrà in questo luogo chi, come satana, decide liberamente di fare la stessa scelta. Certo, Dio, che è amore, ha creato solo cose belle e buone.

Mi chiedo: «Se andremo tutti in Paradiso (ed io lo spero fortemente confidando nella misericordia divina) perché devo dare le mie ricchezze ai poveri? Perché, oltre a mio marito, non posso avere un altro uomo? Perché devo perdonare chi mi ha procurato tanta sofferenza nella mia vita? Perché non devo abortire?
Se c’è una giustizia umana, c’è anche una giustizia divina. Dio oggi mi perdona se accolgo la sua legge d’amore nel mio cuore. Spesso, essendo spietato, il mondo non ti perdona anche se riconosci i tuoi errori e ti sei pentito seriamente. Ma Dio cancella i tuoi peccati dalla sua memoria se ti penti e cambi vita. In questo consiste la misericordia di Dio manifestata in Gesù Cristo. L’inferno c’è. Non sarà Dio a mandarti all’inferno, ma sei tu che scegli di andarci perché vuoi morire senza rinunciare al tuo egoismo. Cos’è l’inferno? È un’eternità senza amore. Dove non c’è il fuoco dell’amore, c’è il ghiaccio che causa pianto e stridore dei denti senza fine. Se oggi, con la grazia di Gesù Cristo, con l’amore del Padre celeste e la comunione dello Spirito Santo, ti sforzi di creare un paradiso in terra per il tuo prossimo, non aver paura di morire perché, quando chiuderai gli occhi a questo mondo, li aprirai al Regno di Dio che è stato preparato per te fin dall’eternità. Amen. Alleluia».

All’inferno il peccatore decide liberamente di finirci, quando arriva a rivendicare con orgoglio il proprio peccato. Non è un Dio giustiziere – vendicatore e crudele – che ti condanna senz’appello, ma sei tu che scegli deliberatamente la condanna eterna.

Per sdrammatizzare, mi viene in mente l’episodio intitolato L’autobus del peccato contenuto nel film Il Cosmo sul Comò (2008) di Aldo, Giovanni e Giacomo. C’è una scena in cui Padre Bruno, impersonato da Giacomo, dialoga col sagrestano Mario, impersonato da Giovanni, a proposito dell’inferno. Queste le battute:

Giovanni: «Padre, esiste davvero l’inferno?»

Giacomo: «Che domande, certo che esiste l’inferno».

Giovanni: «Ed è eterno?»

Giacomo: «L’inferno è un fuoco eterno»

Giovanni: «Fuoco eterno? Ma chi ci va dentro?»

Giacomo: «L’inferno è frutto del peccato. Se pecco creo l’inferno e ci entro dentro di mia spontanea volontà»

Giovanni: «Come se fosse un autobus!»

Giovanni: «Sì, ma se sali sull’autobus del peccato e non scendi alla fermata della confessione, il capolinea sarà la morte eterna, la dannazione dell’inferno».

Omosessualisti, organizzatori di Gay Pride, attivisti LGBT e militanti dell’orgoglio arcobaleno sono simpaticamente avvertiti.

Non è mai troppo tardi, però, per il pentimento e la conversione, fatevelo dire da uno come me, ossia uno che ha la piena consapevolezza di essere un povero peccatore.

Gianfranco Amato