Il divorzio che ci divide da Salvini

Non ci sono soltanto i lupanari di Stato e la “pillola assassina” RU486 a dividerci dal Segretario federale della Lega Nord Matteo Salvini. C’è un altro aspetto, non da poco, che ci distanzia dalle sue posizioni e che riguarda in particolare il matrimonio e la famiglia, ossia il “core business” politico del Popolo della Famiglia.

Il 27 febbraio 2015, infatti, ai microfoni di Radio Radicale il nostro Matteo si è pubblicamente dichiarato un convinto sostenitore della legge sul divorzio breve. L’ultima picconata a quel che resta dell’istituto familiare. Queste le esatte parole da lui pronunciate rispondendo ad un’apposita domanda sul tema: «Sono un divorziato, ho la fortuna di aver divorziato da una donna molto in gamba e quindi le nostre vicissitudini non hanno influito sulla crescita del bimbo, che è un bimbo stupendo, e i suoi rapporti personali, dopo l’inizio, sono tornati ad essere molto positivi; ma non tutti hanno questa fortuna, non tutti si possono permettere separazione e divorzio e i tempi lunghi dell’Italia. Non voglio dare giudizi a priori prima di aver letto il testo, ma in linea di massima sono d’accordo sull’abbreviare quella che per molti è una sofferenza e una spesa, diciamocelo, indicibile». Qui è possibile ascoltare direttamente la sua voce al minuto 20.00.

Sì, Matteo Salvini Segretario federale della Lega Nord condivide il giudizio che la collega Alessandra Morani del PD, relatrice della legge, ha dato sul divorzio breve: un «traguardo di civiltà».

Noi, invece, siamo d’accordo con quanto ha brillantemente scritto Luciano Moia nel suo editoriale pubblicato su “Avvenire” il 23 aprile 2015, in cui esortava tutti a gridare dai tetti che il divorzio breve rappresenta un vero e proprio «traguardo di inciviltà». Ha ragione Moia quando denuncia il «forsennato lavoro di accetta contro quel che rimane delle tutele a favore della famiglia» da parte di parlamentari che ormai ritengono il matrimonio e la famiglia «un reperto di archeologia sociale, un istituto ormai inadeguato per regolare il traffico impazzito delle relazioni nella nostra fluttuante, capricciosa e scivolosa postmodernità d’occidente».

Se andiamo avanti di questo passo arriveremo davvero alla legge che prevede l’addio istantaneo via sms incrociato, accompagnato semmai dal contestuale invio di una mail al competente ufficio anagrafe.

Ha fatto bene Moia, nel suo editoriale, a denunciare la grave crisi antropologica che stiamo vivendo, e che deve interrogarci e preoccuparci, perché «rendere scorrevoli i binari in uscita dal matrimonio, non servirà a costruire reti familiari e sociali più salde, mantenute da persone propositive, convinte della necessità di spendere energie, responsabilità e sacrifici nella tenuta della relazione di coppia».

Salvini, evidentemente, è un figlio inconsapevole della cultura di quella “società liquida” di cui parlava Zygmunt Bauman, il sociologo polacco recentemente scomparso.

Aristotele, la massima espressione della ragione filosofica greca, in quella sua meravigliosa opera che va sotto il nome di Politica (che troppi politici – ahimè – non hanno mai letto), ci ha lasciato, tra le tante, anche questa oggettiva costatazione: «πόλις σύγκειται ἐξ οἰκιῶν», la società è costituita dall’insieme delle famiglie (Politica, I, 1253b). La famiglia è l’elemento che costituisce e lega il tessuto sociale. Cicerone, il genio del pensiero giuridico romano, dal canto suo riconosceva l’importanza della famiglia quale cellula della società, «fundamentum urbis» e quindi «seminarium rei publicae», vivaio dello stato (De Officiis I, 53-54). Ho scelto apposta due autori pagani e precristiani per evidenziare come il tema esuli da qualunque prospettiva di carattere religioso, sacramentale, teologico, fideistico o confessionale.

Ora, non dovrebbe essere difficile neppure per il Segretario federale della Lega Nord comprendere che se si agevola il processo di dissoluzione di una cellula, aumentano i rischi di distruzione del tessuto. Se si disgrega il «fundamentum», l’«urbs» crolla.

E non c’è bisogno di conoscere la biologia o di sapere il latino per capirlo.

Gianfranco Amato