DOV’E’ DIO?

Di fronte alle conseguenze tragiche che l’epidemia del Covid-19 sta disseminando in tutto il mondo, molti si stanno chiedendo ancora una volta dove sia Dio.

La domanda giusta, in realtà, l’ha posta in un suo lucido intervento del 21 marzo 2020 il cardinal Raymond Burke: «Dov’è l’uomo?».

Il problema non è Dio, ma siamo noi. È l’uomo che si è allontanato da Dio e non il contrario.

Il cardinale ha chiaramente spiegato che Dio non ci ha lasciato nel caos e nella morte, introdotti nel mondo dal peccato, ma ha mandato il Suo Figlio unigenito, Gesù Cristo, affinché soffrisse, morisse, risorgesse da morte e ascendesse nella gloria della Sua destra, per rimanere con noi per sempre, purificandoci dal peccato e infiammandoci con il Suo amore.

Dio non è insensibile al grido del profeta Geremia che a nome di tutti i peccatori implorava: «Non rompere la tua alleanza con noi» (Ger 14, 20-21). Dio non rompe l’alleanza. Dio non volta mai le spalle all’uomo. Dio non tradirà mai il patto di fedele e duraturo amore che ha contratto con l’uomo, malgrado l’indifferenza, la freddezza e l’infedeltà con cui spesso viene ricambiato dalla sua amata creatura.

Cristo, che come ricorda sempre Burke, è il solo «Signore della natura e della storia», si interessa della singola vita di ciascuna creatura di Dio e non abbandonerà mai l’umanità. Lo ha solennemente promesso durante la sua esistenza terrena: «Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 20).

Ecco perché il rapporto con Cristo, attraverso la preghiera e la penitenza, la devozione e il sacro culto, diventa l’arma più potente ed efficace per combattere il demone del coronavirus.

Questo è il motivo per cui per noi è essenziale, in qualsiasi momento, specialmente in quelli di crisi, poter accedere alle nostre chiese e cappelle, ai Sacramenti, alle devozioni e alla preghiera. Da qui la fondamentale importanza della preghiera. E da qui il grave errore dell’uomo di essersi allontanato da Dio.

Non è Dio che ha abbandonato l’uomo ma l’uomo che si è appartato da Dio.

A questo proposito Burke ha riconosciuto che non è possibile considerare l’attuale calamità in cui ci troviamo, senza considerare la siderale distanza che separa Dio dalla cultura dell’uomo moderno. Una distanza che non è connotata solo da una semplice indifferenza dell’uomo ma, come ha ancora evidenziato il cardinal Burke, da una vera e propria aperta ribellione a Dio e al suo ordine della creazione.

Su questo punto il porporato non ha usato mezzi termini ed è stato molto esplicito: «Ci basti pensare soltanto ai comuni violenti attacchi alla vita umana, maschile e femminile, che Dio creò a Sua immagine e somiglianza (Gn 1, 27), agli attacchi ai bambini non nati, innocenti e indifesi e a chi è il primo responsabile della nostra cura, coloro che devono reggere il pesante fardello di gravi malattie, età avanzate, o bisogni specifici. Siamo quotidianamente testimoni della diffusione della violenza in una cultura incapace di rispettare la vita umana». E ancora: «Allo stesso modo, ci basti pensare anche solo agli attacchi pervasivi all’integrità della sessualità umana, alla nostra identità di uomini e donne, con la pretesa di autodefinirci, spesso con l’impiego di strumenti violenti, un’identità sessuale diversa da quella dataci da Dio. Siamo testimoni, con un coinvolgimento sempre maggiore, dei devastanti effetti, su individui e famiglie, della cosiddetta “teoria del gender”».

L’ex Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica non risparmia neanche una seria critica alla crisi che sta attraversando la Barca di Pietro: «Siamo altresì testimoni, anche all’interno della Chiesa, di un paganesimo che rende culto alla natura e alla terra. Ci sono quelli, dentro il recinto della Chiesa, che si ri-volgono alla terra chiamandola nostra madre, come se noi venissimo dalla terra ed essa fosse la nostra salvezza. Ma noi veniamo dalla mano di Dio, Creatore del Cielo e della Terra. In Dio soltanto è la nostra salvezza».

Il punto è, per Burke, che la stessa vita della fede, ormai sempre più secolarizzata, sembra avere irrimediabilmente compromesso l’idea di Christus Rex, ovvero della Signoria di Cristo, Dio il Figlio Incarnato, Re del Cielo e della Terra.

I mali derivanti dall’idolatria sono oggi sotto gli occhi di tutti, e ricordano le parole scritte da San Paolo ai Romani: «(…) Essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli». Ha ragione ancora una volta il cardinal Burke, quando dice che oggi «siamo testimoni di tanti altri mali derivanti dall’idolatria, dal culto di noi stessi e del nostro mondo, sostituitisi al culto di Dio, fonte del nostro essere».

Da qui la necessità dell’uomo di tornare a Dio, di riconoscere la propria frequente indifferenza, freddezza e infedeltà nei Suoi confronti, e di implorare la Sua misericordia, nella certezza che Egli potrà ascoltarci e benedirci con i suoi doni di grazia, perdono e pace.

Il cardinal Burke concede anche una riflessione sulla questione dell’accessibilità alle chiese da parte dei cristiani, denunciando come «nella nostra cultura totalmente secolarizzata, c’è la tendenza a vedere la preghiera, la devozione e il culto come normali passatempi, come possono esserlo andare al cinema o a una partita di calcio, che non sono essenziali e perciò possono essere cancellati in ragione di tutte le precauzioni atte a scongiurare la diffusione di un contagio mortale». Ma, in realtà, quelle pratiche spirituali diventano essenziali proprio in un tempo di grande pericolo collettivo. Per questo – precisa sempre Burke – «non possiamo semplicemente accettare decisioni di governi secolari che trattano il culto di Dio alla stregua di una sera al ristorante o di una gara sportiva», perché «altrimenti, la gente che già soffre le conseguenze della pestilenza sarà privata di quell’incontro oggettivo con Dio, che è in mezzo a noi per riportare la salute e la pace».

Secondo il porporato dovrebbero essere proprio i vescovi ed i sacerdoti a «spiegare pubblicamente la necessità per i cattolici di pregare e rendere culto nelle loro chiese e cappelle e di andare in processione per vie e strade, chiedendo la benedizione di Dio sopra il Suo popolo che soffre così intensamente, e insistere sul fatto che i decreti dello Stato, anche per il bene dello stesso Stato, devono riconosce la singolare importanza dei luoghi di culto, specialmente in un’epoca di crisi nazionale e internazionale». Come è avvenuto in passato, quando «i governi hanno compreso, soprattutto, l’importanza della fede, della preghiera e del culto, da parte del popolo, per sconfiggere le pestilenze».

Però l’uso della ragione ci obbliga a discernere sempre con tomistico realismo le concrete circostanze in cui ci si possiamo trovare, e riconoscere anche la possibilità di un’alternativa quando diventa oggettivamente ragionevole l’obbligo di limitare la circolazione a causa di una gravissima calamità pubblica. La fede cristiana non è mai irragionevole e non può mai obbligare a compiere atti che vadano contro la ragione. Per questo il cardinal Burke aggiunge alla sua riflessione anche questo interessante chiarimento: «Se, per qualunque ragione, non siamo in grado di recarci nelle nostre chiese e cappelle, non dobbiamo dimenticare che le nostre case sono un prolungamento della nostra parrocchia, una piccola Chiesa in cui portiamo Cristo dopo il nostro incontro con Lui nella Chiesa più grande. Lasciamo che le nostre case, durante il periodo della crisi, riflettano le verità secondo cui Cristo è l’ospite di ogni casa cristiana. Lasciamoci volgere a Lui attraverso la preghiera, specialmente il Rosario, e altre forme di devozione».

Per coloro a cui non è possibile accedere alla Santa Messa e alla Santa Comunione, anche il cardinal Burke raccomanda la devota pratica della Comunione Spirituale. Quando si è rettamente disposti a ricevere la Santa Comunione, ossia, quando siamo in uno stato di grazia, inconsci di qualsiasi peccato mortale che abbiamo commesso e non perdonatoci nel sacramento della Penitenza, e desideriamo ricevere Nostro Signore nella Santa Comunione ma non ne siamo in grado, ci si può unire spiritualmente al Santo Sacrificio della Messa, pregando il Nostro Signore Eucaristico con le parole di Sant’Alfonso de’ Liguori: «Poiché ora non posso riceverTi sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore».

La Comunione Spirituale – precisa sempre Burke – è una bella espressione di amore per il Nostro Dio nel Santissimo Sacramento, che non mancherà di portare abbondante grazia.

Occorre ricordare, peraltro, che anche quando si è consapevoli di aver commesso un peccato mortale e non si è in grado di accedere al Sacramento della Penitenza o Confessione, la Chiesa ci invita a fare un atto di perfetta contrizione, ossia di riprovazione per il peccato. Il punto 1452 del Catechismo della Chiesa Cattolica, infatti, stabilisce che «quando proviene dall’amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta “perfetta” (contrizione di carità). e tale contrizione «ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale». Un atto di perfetta contrizione dispone la nostra anima alla Comunione Spirituale.

L’intervento del cardinal Raymond Burke si conclude con l’ineccepibile constatazione che «alla fine, fede e ragione, come fanno sempre, operano insieme per fornire la giusta e retta soluzione a una sfida difficile». Da qui il suggerimento di «usare la ragione, ispirati dalla fede, per trovare il modo giusto di affrontare una pandemia mortale, dando priorità alla preghiera, alla devozione e al culto, all’invocazione della grazia di Dio sul Suo popolo che soffre così tanto ed è in pericolo di morte.

Burke è certo che gli uomini, fatti a immagine e somiglianza di Dio, godono dei beni dell’intelletto e del libero arbitrio, attraverso i quali possono certamente trovare la giusta strada in un momento di prova a livello mondiale, che è causa di così tanta tristezza e paura. Senza mai dimenticare di unire la fede alla speranza ed alla carità.

 

Gianfranco Amato