Don Fangio non demorde!

Don Fangio non demorde!

L’ormai mitico don Mario Fangio, il don Camillo di Carovilli, torna a colpire ancora.

E lo fa da par suo. Con la vivace arguzia, la sagace provocazione, la pungente vis polemica, e soprattutto l’ardito coraggio che lo contraddistingue. E così, se ne è uscito con un’altra delle sue intelligenti e battagliere trovate.

Ne dà notizia il quotidiano “Primo Piano Molise” del 13 marzo 2017 con questo titolo in prima pagina: Il prete ribelle insiste: «Adozioni ai gay, la famiglia è morta».

L’articolo, che contiene anche un’intervista a don Mario, merita di essere riportato integralmente.

Nuovi manifesti provocatori compaiono a Carovilli. Ieri mattina, sulla facciata della chiesa Santa Maria Assunta è stato appeso un cartello che, seppure con tono sarcastico, lancia un messaggio chiaro contro le adozioni per le coppie omosessuali. «È una realtà – si legge sul manifesto -. Prosit! Chi sono i bugiardi, quelli che lo avevano previsto con la legge Cirinnà o quelli che ci chiamavano terroristi?». Autore dello scritto è il parroco di Carovilli, don Mario Fangio, che così torna a far parlare di sé dopo che nel maggio dello scorso anno suonò le campane a morto come segno di contestazione per l’approvazione della legge sulle unioni civili. «Sono morti il matrimonio e la famiglia, secondo natura tra uomo e donna», aveva scritto il 12 maggio scorso su un altro cartello affisso sempre all’esterno della chiesa posta al centro del paese. All’epoca la notizia rimbalzò sugli organi di stampa nazionali e scatenò una ridda di polemiche, nonché la reazione dell’Arcigay Molise che col suo presidente, Pierluca Visco, organizzò un sit in pacifico nella piazza antistante la parrocchia. «Siamo indignati per un’iniziativa che fa ripiombare questo Paese sotto l’egemonia ecclesiastica e del Vaticano. Questa cosa ferisce la nostra dignità proprio in un momento in cui lo Stato ci riconosce il diritto alla nostra felicità e alla nostra esistenza. C’è ancora molto da fare per la realizzazione di quella rivoluzione culturale che noi di Arcigay auspichiamo da tempo per la nostra terra». L’ex sindaco, Domenico Cinocca si fece promotore di una contro-iniziativa, affiggendo lungo le strade cittadine manifesti in cui si diceva costernato dal gesto “scomposto” del parroco, azione che, a detta sua, non rappresentava gli umori dell’intera popolazione.

Oggi il sacerdote torna a occuparsi di temi sociali per niente intimorito da nuove ed eventuali accuse di omofobia. La causa scatenante dell’ennesima provocazione è stata la sentenza del tribunale di Firenze, con cui nei giorni scorsi i giudici hanno concesso affidamento di minori a coppie omosessuali.

Contattato telefonicamente da Primo Piano il sacerdote ha inteso chiarire la natura dell’ennesimo gesto che farà discutere.

Don Mario, in paese si mormora dopo la comparsa di nuovi manifesti “anti-gay”. E’ stato Lei ad affiggerli?

«Sì. È stata una mia iniziativa. Volevo tenere al corrente la comunità cristiana di quello che avviene in ambito etico-morale. La figura paterna e quella materna non hanno più la loro specificità. I bambini rischiano di non avere più un equilibrio, questo penso. Almeno, se la psicologia vale ancora qualcosa».

Lei contesta leggi dello Stato laico e ora anche sentenze della magistratura.

«Il giudice non è più quello che applica la legge ma quello che la crea e siamo in totale disaccordo. Io esprimo il mio parere da da sacerdote, da parroco della mia comunità. C’è tanta altra legislazione e ci sono altre possibilità di adozioni. Non vedo perché quelle per coppie eterosessuali siano complicate, mentre altre per coppie omosessuali diventino così facili. La legge vale solo per alcuni».

Esprimere pubblicamente in modo così plateale la Sua opinione può suggestionare i fedeli?

«Mi stanno a cuore questi temi perché mettono in gioco non solo la comunità religiosa, ma anche quella civile A distanza di un anno è avvenuto quello che temevo: la legge Cirinnà, nonostante lo stralcio del punto specifico, è diventata la porta per le adozioni per coppie omosessuali. Questo è successo nonostante le rassicurazioni di parlamentari che hanno promosso la legge. Io me la prendo soprattutto con i cattolici che l’hanno votata».

Ne ha parlato anche durante l’omelia della messa domenicale?

«No. Io esprimo mie opinioni nonostante parecchie persone mi abbiano detto di aver fatto terrorismo psicologico».

 

Non c’è nulla da fare: è sempre il solito, combattivo, irriducibile, pugnace don Mario Fangio. Quel Pastore coraggioso che ogni Parrocchia d’Italia dovrebbe avere.

La cosa più interessante dell’articolo resta, comunque, il titolo: Il prete ribelle insiste: «Adozioni ai gay, la famiglia è morta». Occorrerebbe, infatti, chiedere al titolista cosa intendesse con il termine “ribelle”. Rispetto a chi e a che cosa si può definire ribelle don Mario? Non certo al Magistero della Chiesa cattolica, né tantomeno alle Sacre Scritture, al Catechismo, alla Dottrina Sociale, al Sommo Pontefice, al suo Vescovo, o alla Tradizione. L’unica “ribellione” che si potrebbe imputare a questo sano sacerdote è quella contro la dittatura del Pensiero Unico, contro il Verbo del politically correct, contro la micidiale propaganda di regime, contro una magistratura ideologizzata e prona al Potere, contro la prevaricazione anticristiana, contro la tirannia di un legislatore ingiusto, contro la deriva modernista, contro il totalitarismo culturale radical-chic, contro le lobby omosessualiste e anticlericali, insomma, contro i Nemici della Chiesa.

In questo senso possiamo affermare che davvero don Mario può definirsi un «prete ribelle».

E magari il Buon Dio riempisse le Parrocchie italiane di simili preti!

Gianfranco Amato