Tre potenti potentini al potere

Persino i più efferati gerarchi nazisti hanno avuto la coerenza di assumersi le proprie responsabilità rispetto ai crimini commessi. Al processo di Norimberga qualcuno arrivò addirittura a rivendicare con orgoglio di aver consapevolmente impartito o eseguito ordini che riteneva legittimi. Salirono sul patibolo conservando almeno una certa dignità prima di morire impiccati.

Con gli italiani questo non sarebbe mai potuto accadere.

La codardia, infatti, è un tratto purtroppo distintivo di chi assume il comando nel Bel Paese. Soprattutto quando questo comando non viene affidato a leader politici ma ad esponenti di quella alta burocrazia romana magistralmente esperta nel rimpallo delle responsabilità e unica al mondo quanto alla raffinata arte italica dello “scaricabarile”.

Ha dato un mirabile esempio di tale arte l’ex prefetto, e ora ministro dell’interno, Luciana Lamorgese. Questi i fatti. Il 18 ottobre 2021 le forze dell’ordine eseguono una brutale quanto inutile azione repressiva al molo settimo del porto di Trieste, contro inermi manifestanti, che peraltro non bloccavano alcuna attività. Con la stupida brutalità degna dei cannoni di Bava Beccaris, vengono usati idranti e gas fumogeni contro pacifici lavoratori, donne, anziani, bambini, persone sedute a terra in atteggiamento gandhiano, e persino gente che pregava. Difronte alle immagini che fanno il giro del mondo, l’opinione pubblica nazionale ed internazionale, giustamente, si indigna. E a questo punto scatta la vergognosa e vigliacca ritirata dei responsabili, secondo l’antico adagio tutto italiana per cui «le vittorie hanno cento padri e le sconfitte sono sempre orfane». Lo scaricabarile parte dal vertice della catena di comando. La segreteria della Lamorgese, infatti, in un comunicato ufficiale dichiara espressamente che «non c’è stato alcun intervento diretto da parte della ministra durante le fasi delle operazioni di polizia, in quanto la decisione di sgomberare il parcheggio antistante al varco del porto è stata presa in sede di Comitato provinciale ordine e sicurezza pubblica tenutosi a Trieste nel fine settimana, al quale ha partecipato la ministra e di cui fanno parte il prefetto, il questore, il procuratore capo e altre istituzioni locali». Chi è quindi il responsabile ultimo di quanto avvenuto? Il prefetto? Il questore? Il Procuratore Capo? Il Sindaco? Tutti responsabili, nessun responsabile. La Questura di Trieste riesce persino a superare se stessa, arrivando a negare che siano state compiute alcune azioni contestate, che però sono state riprese da centinaia di telefoni cellulare e messi subito in Rete. Evidentemente qualche questurino a un passo dalla pensione non è al corrente che nell’era digitale, non è più tanto facile negare l’evidenza, come si era soliti fare nel secolo scorso.

Non creano solo imbarazzo a livello mondiale, ma anche profonda vergogna istituzioni pubbliche capaci di essere forti coi deboli e deboli coi forti, e di mostrare un grado di intollerabile vigliaccheria quando si tratta di assumersi le responsabilità degli errori che si commettono.

Ad un cittadino comune sorge, però, una domanda spontanea: «Perché andare a votare?».

Se l’ordine pubblico nazionale del mio Paese deve essere maldestramente gestito da un ex prefetto, non eletto da nessuno, che non rappresenta nessuno, che non risponde a nessun elettore, di cui si ignora persino quali idee politiche abbia, perché dovei votare? Qui si impone un serio tema sulla rappresentatività politica dei cittadini e sul ruolo dei partiti, che temo tutti stiano sottovalutando. Da tempo molti denunciando la pericolosa metamorfosi del nostro assetto istituzionale, ovvero il passaggio dal sistema liberal democratico a quello del Security State. Se è così, come purtroppo temo, si abbia almeno il coraggio di aprire un dibattito e verificare se il popolo ritiene sia giunto davvero il momento di eliminare orpelli come il parlamento, i partiti, le elezioni, e via dicendo.

Una battuta per sdrammatizzare: un amico di Matera mi ha fatto notare che ci sono tre potenti potentini al potere. Sono, infatti, tutti e tre di Potenza sia Luciana Lamorgese, ministro dell’interno, sia Roberto Speranza, ministro della salute, sia il generale Francesco Paolo Figliulo, commissario straordinario per l’emergenza Covid-19.  Forse i lucani al potere sono come i bicchierini dell’omonimo celebre amaro: se ne può prendere uno a fine pasto. Tre sono troppi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gianfranco Amato

Gianfranco Amato, avvocato, opera attivamente nel campo della bioetica da circa venticinque anni. È conferenziere a livello internazionale su tematiche bioetiche, riguardanti in particolare la famiglia, l’educazione, le dipendenze giovanili, e il diritto naturale. È stato nominato, in qualità di esperto, Direttore del Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio permanente sulle famiglie della Regione Siciliana, con decreto assessoriale n. 81 del 23.5.2023 È stato più volte audito, sempre in qualità di esperto, dal Parlamento italiano, sia al Senato che alla Camera dei Deputati, su proposte di legge attinenti alle tematiche di cui si occupa, in particolare in tema di libertà di opinione e di famiglia. È Presidente nazionale dell’organizzazione Giuristi per la Vita, un gruppo di avvocati, magistrati e docenti universitari che combattono a livello legale in difesa del diritto alla vita, della famiglia e della libertà di educazione. È noto anche in America Latina, soprattutto in Messico, Costa Rica e Cile, dove viene spesso invi- tato, in qualità di esperto internazionale, da istituzioni pubbliche a livello parlamentare, da Ordini Professionali, e da varie Università cui collabora a livello accademico. Ha scritto una quindicina di libri Ha ottenuto il premio “Testimoni 2014” dalla Fondazione Fides et Ratio, e il premio internazionale all’Impegno Sociale 2015 intitolato alla memoria dei giudici martiri Rosario Livatino, Antonino Saetta e Gaetano Costa.