PDF: niente quote rosa e scarpe ai terremotati
Si sono registrati due fatti nel nostro Paese, che non potrebbero più accadere nell’Italia governata dal Popolo della Famiglia.
Il primo è successo a Casina, un ridente paesotto di quattromilacinquecento abitanti, sito nella provincia di Reggio Emilia, dove il Sindaco si è ritrovato con una giunta di soli uomini. Poiché la Legge Del Rio sulle cosiddette “quote rosa” lo vieta, il Garante Regionale ha imposto al Primo cittadino di Casina l’emanazione di un bando pubblico per trovare una “assessora”. Il Sindaco Costi, dal canto suo, si era giustificato sostenendo di aver chiesto «se qualcuna delle quattro signore della lista, non elette, era disposta ad entrare in giunta, ma onestamente tutte hanno detto di no nel rispetto dei cittadini che non le hanno elette». Al bando hanno risposto sei donne, presentando regolare domanda scritta. Dal 30 gennaio il Sindaco ha cominciato a sfogliare la margherita, e ha dichiarato alla stampa: «Per ora le conosciamo solo sulla carta e in questi giorni le incontreremo singolarmente». «Innanzitutto», ha tenuto poi a precisare, «la persona che accetterà l’incarico dovrà dare la propria disponibilità e condividere il nostro programma». Interessante sarebbe capire cosa accade se nessuna delle sei donne in realtà condivide il programma della lista “Casina Bene Comune” che lo scorso giugno ha vinto le elezioni. Si torna al voto?
Questo è uno – e purtroppo non l’unico – esempio dell’idiozia politically correct che ha imposto “ope legis” la presenza delle donne nelle istituzioni. Per una volta siamo d’accordo con Emma Bonino che giudica le “quote rosa” alla stessa stregua delle “Liste-Panda”, una sorta di «riserva d’apartheid femminile». Lo spettacolo indecente che si offre ad ogni tornata elettorale amministrativa, quando scatta la caccia alla “donna” da candidare per legge (anche contro la sua volontà), rappresenta una vera e propria umiliazione della dignità femminile.
Il Popolo della Famiglia, una volta al governo cancellerà definitivamente questo sconcio delle “quote rosa”.
Il secondo episodio è quello denunciato da “Il Giornale” in un articolo di Giuseppe De Lorenzo intitolato “Le scarpe nuove per i terremotati? Vanno ai migranti”
Sì, proprio così. 5.493 paia di calzature nuove della «Vans», per un costo complessivo di 39.175 euro destinati ai terremotati sono state dirottate in gran parte alle associazioni che gestiscono l’accoglienza dei migranti. Si tratta di una vera e propria ingiustizia. In linea di principio, infatti, la priorità in una situazione di emergenza deve essere data ai nostri connazionali, e poi agli ospiti.
Il Popolo della Famiglia al governo, comunque, avrebbe provveduto per entrambi: italiani e migranti. Con quali soldi? Semplice, con quelli previsti, ad esempio, per coprire i costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale relativi alla procreazione artificiale, eterologa compresa.
La priorità è dare scarpe a chi è scalzo nella neve e in una situazione emergenziale, prima di produrre figli in provetta per soddisfare il capriccio di chi vuole diventare genitore ad ogni costo.
L’Italia in cui un sindaco è costretto a fare un bando per trovarsi un assessore donna, o in cui non si riescono a far arrivare le scarpe ai terremotati, è l’Italia che il Popolo della Famiglia intende rivoluzionare.
Gianfranco Amato