PDF: L’unica opzione

C’è una questione politica essenziale e dirimente a proposito del Popolo della Famiglia, che viene prima delle sue stesse proposte programmatiche.

La questione verte su una domanda molto semplice: «Perché in questo quadro politico già frammentato aggiungere un altro partito?». È l’interrogativo che spesso ci sentiamo rivolgere anche da tanti amici che condividono l’orizzonte valoriale del nostro movimento.

Quante volte ci sentiamo dire: «Perché volete rischiare di sottrarre voti ai partiti del centrodestra? Perché non affidate i vostri obiettivi tematici a forze politiche che hanno più chance di vincere?».

La domanda non è peregrina.

In effetti quasi tutti i nostri cavalli di battaglia programmatici – penso al reddito di maternità, al bonus scuola, al fattore famiglia, ecc. – potrebbero essere condivisi da altri partiti del centrodestra. E occorre aggiungere, per amor di verità, che rispetto ad alcuni temi importanti come la lotta all’ideologia gender o la difesa della famiglia naturale ci sono partiti, come la Lega o Fratelli d’Italia, che in questi anni ha fattivamente dimostrato di condividere le nostre posizioni.

Allora, che senso ha il Popolo della Famiglia? Perché insistere nella necessità di una nuova formazione politica?

Ci sono due risposte a questa domanda. Una sul piano pragmatico e una sul piano etico.

La prima risposta è che senza una presenza strutturata e visibile all’interno di una coalizione di governo, molti dei temi a noi cari resterebbero delle mere petizioni di principio o semplici promesse elettorali dantesche. Le celebri «lunghe promesse con l’attender corto», di cui parlava il Sommo Poeta nella sua Divina Commedia (Inf. XXVII). Un solo esempio fra tanti. Nel 2008 il programma di Forza Italia contemplava espressamente il cosiddetto “quoziente familiare”. Com’è noto, purtroppo, questa promessa venne sonoramente disattesa da Berlusconi. E non valse a dissuaderlo neppure una petizione popolare di ben 1.071.348 firme. Se questo milione di cittadini italiani fosse stato rappresentato da una forza politica del 3% all’interno della maggioranza, oggi quel tanto auspicato strumento di giustizia fiscale in favore della famiglia sarebbe già un istituto del nostro ordinamento giuridico.

Non dobbiamo mai dimenticare, peraltro, che l’attuale compagine elettorale del centrodestra ha già ampiamente governato il nostro Paese con esecutivi granitici e maggioranze bulgare in parlamento. Eppure, facciamo fatica a ricordare provvedimenti legislativi seri in materia di vita, famiglia o educazione. Ricordiamo, ad esempio, che la giovane Giorgia Meloni – il cui impegno politico iniziò venticinque anni fa (1992) – frequenta il parlamento dal 2006 ed è stata pure ministro nel governo Berlusconi dal 2008 al 2011. Facciamo però qualche fatica a veder una pur piccola traccia lasciata da Giorgia su vita, famiglia o educazione. Neppure la larva di una proposta nonostante la sua presenza all’interno del Consiglio dei ministri.

Ora, dopo ventiquattro anni di alternanza alla guida del nostro Paese tra centrodestra e centrosinistra, che garanzie abbiamo che i partiti che hanno già governato l’Italia possano realizzare la prossima volta ciò che non hanno fatto negli ultimi cinque lustri? Nessuna. A meno che non ci sia una forza politica strutturata e visibile in grado di condizionare un futuro governo di centrodestra. Questa è la funzione che Il Popolo della Famiglia si prefigge.

Seconda risposta alla obiezione sulla necessità del nostro movimento.

Per noi è semplicemente inconcepibile – se non addirittura immorale – che su quelli che il grande ed indimenticato Benedetto XVI definiva «principi non negoziabili», si possa parlare di libertà di coscienza, di astensione o di fuga pilatesca.

Qui sta la vera grande differenza tra il Popolo della Famiglia e gli altri partiti del centrodestra.

Un esempio tra tutti.

Prendiamo l’ultima nefandezza della legislatura che, fortunatamente, è appena morta: il cosiddetto testamento biologico, alias “eutanasia all’italiana”. Una vera polpetta avvelenata, il colpo di coda della più sciagurata legislatura della storia repubblicana.

 

Prendiamo quello che è successo il 20 aprile 2017 quando alla Camera dei Deputati è stato approvato il testo di legge. Movimento 5 Stelle: 55 deputati presenti, zero contrari, 55 voti granitici per l’eutanasia. Mdp: 24 deputati presenti, zero contrari, 24 voti granitici per l’eutanasia. Sinistra Italiana: 9 deputati presenti, zero contrari, 9 voti granitici per l’eutanasia.

Vediamo adesso come si sono comportati i partiti di centrodestra.

Il capolavoro è riuscito a compierlo Forza Italia: 33 deputati si sono dati alla macchia, mentre i 17 presenti sono riusciti a votare in tutte le maniere. Tre favorevoli, dodici contrari, due astenuti.

Prendiamo, invece, Fratelli d’Italia che secondo alcuni dovrebbe essere la forza politica più vicina ai nostri valori e sulla quale noi

dovremmo convergere i nostri voti.

Degli undici deputati di quel partito ben sei non si sono presentati, mentre dei restanti cinque uno ha persino votato a favore dell’eutanasia. Ecco, se al posto di Fratelli d’Italia ci fosse stato Il Popolo della Famiglia la situazione sarebbe stata la seguente: 11 deputati, 11 deputati presenti, zero favorevoli e 11 voti granitici contro l’eutanasia. Questa è la differenza! E se qualche deputato del Popolo della Famiglia si fosse sentito male, sarebbe stato accompagnato in ambulanza a Montecitorio e avrebbe votato dalla barella!

E, per cortesia, che non si venga a parlare di assenze giustificate o impegni in missioni. Non c’è giustificazione o missione che tenga quando in parlamento si legifera di vita o di morte. Sui principi non negoziabili purtroppo, sinistra e grillini hanno dimostrato di essere molto più seri di quella strana “Arca di Noè” che è il centrodestra.

E per comprendere meglio cosa intendiamo quando parliamo di principi non negoziabili, usiamo le stesse parole pronunciate da Benedetto XVI nel discorso tenuto il 30 marzo 2006 ai partecipanti al convegno promosso dal partito popolare europeo: «Tra i principi non negoziabili emergono chiaramente i seguenti: – protezione della vita in tutte le sue fasi, dal primo momento del suo concepimento fino alla morte naturale; – riconoscimento e promozione della struttura naturale della famiglia, come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, e la sua difesa di fronte ai tentativi di far sì che sia giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che in realtà la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo ruolo sociale insostituibile; – la protezione del diritto dei genitori ad educare i loro figli». E lo stesso Ratzinger spiegava, a scanso di equivoci, che difendere quei principi non significa essere dei bigotti: «Questi principi non sono verità di fede anche se ricevono ulteriore luce e conferma dalla fede; essi sono iscritti nella natura umana stessa e quindi sono comuni a tutta l’umanità», per questo l’azione dei cristiani «nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa». E tale azione «è tanto più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi perché ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia stessa».

Non si tratta di essere “fissati” sui temi etici. Si tratta di essere seri con gli elettori che tengono a quei temi, con il popolo che è sceso in piazza per difendere quei temi, con la propria coscienza che crede in quei temi, con la ragione umana che riconosce l’importanza di quei temi, con la verità della persona umana difesa da quei temi, con la propria fede e con Dio.

Per chi ci crede.

Gianfranco Amato