Nuove famiglie con figli non umani!

Nuove famiglie con figli non umani!

La pubblicità non è soltanto l’anima del commercio. E’ pure lo specchio dei costumi sociali di un popolo. Ma è soprattutto il mezzo attraverso cui passa l’indottrinamento ideologico del Potere. Orwell docet! La conferma è pressoché quotidiana.

L’ultima ce l’ha offerta la réclame di “Monge”, una celebre marca di prodotti alimentari per animali domestici. Si tratta di un video in cui viene rappresentata la “famiglia” costituita da una giovane coppia, un cane ed un gatto. Questi ultimi considerati alla stregua di figli. Dopo il lancio della nuova conformazione familiare, una voce fuori campo conclude lo spot con questa frase: «Dietro le storie più belle c’è sempre una famiglia. Monge la famiglia italiana del pet food».

Guardando quel video mi è venuto in mente l’enorme cartellone pubblicitario luminoso in cui mi sono imbattuto attraversando il Ponte di Monte Libano a Città del Messico.

Si trattava di un messaggio della nota marca automobilistica Chevrolet, in cui appariva una giovane donna con un cagnolino in braccio, accanto a questa scritta: «Somos la generación que tiene hijos de otra especie», ovvero, «siamo la generazione che ha figli di un’altra specie».

Qualcuno potrebbe liquidare tutto ciò come una surreale provocazione a fini pubblicitari, ma a ben vedere la questione appare assai più grave. In realtà, se si mette in discussione il concetto di famiglia come società naturale fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna; se l’unica cosa che davvero conta per definire una famiglia è il sentimento; se spetta al parlamento decidere, a maggioranza, cosa sia una famiglia, allora tutto diventa possibile. Perché non definire famiglia, per esempio, l’unione di più adulti innamorati tra di loro e quindi reciprocamente legati da un vincolo affettivo? Perché non definire famiglia l’unione tra un uomo, o una donna, o entrambi, ed un animale domestico? Se – come sostiene la senatrice Monica Cirinnà promotrice della legge sulle “famiglie” omosessuali – la famiglia è semplicemente una variabile socio-culturale destinata a mutare col passare del tempo, col cambiamento dei costumi sociali, o attraverso modifiche normative, allora la famiglia diventa una costruzione giuridica perfettamente manipolabile da parte dello Stato tramite la legge. E questo rappresenta il grave errore commesso dal provvedimento normativo approvato lo scorso maggio che porta il nome di Monica Cirinnà. A proposito di questa senatrice, è interessante leggere come la stessa ami presentarsi nel suo sito istituzionale.

Dopo aver tenuto a precisare di essere  «nata a Roma il 15 febbraio del 1963 in una famiglia di origine cattolica» e di aver fatto «i primi studi in una scuola privata di suore nella Capitale», Monica Cirinnà precisa di essere «sposata con Esterino Montino» e di avere «anche tanti figli non umani», ossia «quattro cani, Arno Luna e Orso, maremmani enormi, e Libera, una piccola Beagle», nonché «quattro gatti, Red Tiger Mizzi e Rosita, due meravigliose cavalle e una famigliola di asini amiatini». Anche la Cirinnà, quindi, ritiene di far parte della «generación que tiene hijos de otra especie». Forse avrà pure una Chevrolet.

Insomma dobbiamo cominciare ad abituarci alle nuove famiglie con «figli non umani», come quelli della Cirinnà.

Ovviamente, in questo deprimente scenario, non poteva non mancare un’apposita proposta normativa per inserire questi “figli” nello stato di famiglia anagrafico. Si tratta della proposta di legge n. 3440, recante «disposizioni concernenti l’interoperabilità dell’anagrafe della popolazione residente con le anagrafi canine regionali e l’indicazione degli animali di affezione nelle certificazioni relative allo stato di famiglia», presentato in Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati.

In pratica, come si legge nell’art. 2 della proposta, si tratta di consentire la possibilità «di inserimento nello stato di famiglia di ogni proprietario o adottante di un animale di affezione, in corrispondenza dei dati relativi allo stesso soggetto, dell’indicazione del nome, della razza e del codice di microchip dell’animale di affezione posseduto o adottato». Notare come non si parli di «animali domestici» ma di «animali di affezione», perché quello che conta, appunto, è il vincolo affettivo, e come tali animali siano giuridicamente definiti «soggetti».
Spiegano, infatti, gli onorevoli deputati proponenti nella relazione introduttiva che «il pet, per certi versi, nelle famiglie italiane, sempre più coincidenti con una struttura mononucleare, sta andando a sostituire veri e propri legami personali e la presenza di un familiare, sia questo un figlio per una coppia o un compagno per un anziano».

Ecco perché «il rapporto che lega il proprietario al proprio pet e in particolare al proprio cane è ormai definito quale rapporto di adozione e non di proprietà, sarebbe quindi più appropriato parlare di un adottante piuttosto che di un proprietario». Ancora più interessante risulta il fatto che il vero promotore e primo firmatario della proposta di legge sia l’on. Paolo Russo di Forza Italia.

A comprova che l’idiozia è sempre più trasversale.

 

 

 

Gianfranco Amato