National Geographic

National Geographic

Era il 13 gennaio 1888 quando un gruppo di trentatrè persone formato da scienziati ed esploratori si riunì a Washington presso il Cosmos Club in Lafayette Square, con l’obiettivo di creare una società finalizzata ad «incrementare e diffondere la conoscenza geografica e allo stesso tempo di promuovere la protezione della cultura dell’umanità, della storia e delle risorse naturali». Nacque da quell’incontro la National Geographic Society (NGS), che ancora oggi è definita come una delle più grandi istituzioni scientifiche ed educative no profit al mondo. La Società ha dato alla luce nell’ottobre del 1888 la celebre e prestigiosa rivista “The National Geographic Magazine”, oggi pubblicata in versione mensile in moltissimi paesi del mondo e tradotta in trentuno lingue diverse. Ogni numero della rivista vanta ben cinquantamilioni di lettori. E così questa longeva rivista dall’ottobre del 1888 è arrivata al gennaio 2017.

Non senza polemiche.

L’ultimo numero destinato agli abbonati all’edizione internazionale, infatti, ha in copertina la fotografia di Avery Jackson, una ragazza transgender di nove anni, mentre l’edizione internazionale per le edicole e quella italiana hanno in copertina un ritratto di gruppo scattato in studio, con sette persone che rappresentano diverse identità di genere. Il titolo non lascia dubbi sui motivi di quelle immagini: «Gender Revolution». Nella versione italiana: «Gender, la rivoluzione». Con buona pace di tutti quelli che da noi sostengono che «il gender non esiste».

L’iniziativa editoriale della prestigiosa rivista, come era prevedibile, non è stata priva di polemiche. Molti affezionati lettori hanno persino minacciato di non rinnovare l’abbonamento, e l’AFA (American Family Association) ha accusato la stessa rivista di «promuovere il transessualismo», invece di aiutare le persone confuse circa il loro genere ad accettare il proprio corpo meravigliosamente realizzato dalla biologia divina».

Sì, perché, ça va sans dire, il servizio del National Geographic è tutto appiattito sulla propaganda transessualista. Tutto ciò, peraltro, nonostante il fatto che il prestigioso American College of Pediatricians lo scorso 16 marzo 2016, infatti, abbia emanato un documento a firma del Presidente Dr. Michelle A. Cretella, del Vicepresidente Dr. Quentin Van Meter, e del prof. Paul R. McHugh, University Distinguished Professor of Psychiatry presso la Johns Hopkins University School of Medicine, un luminare della psichiatria americana.

Il documento si intitola “Gender Ideology harms children”. Tradotto: «L’ideologia gender nuoce gravemente alla salute dei bambini». Sì, «ideologia gender», proprio così! Questo l’incipit: «L’American College of Pediatricians sollecita le istituzioni scolastiche ed il legislatore a respingere ogni iniziativa politica volta a condizionare nei minori l’accettazione dell’idea che possa ritenersi normale, a livello esistenziale, identificarsi nel sesso opposto, attraverso l’assunzione di farmaci o il ricorso ad interventi chirurgici. La realtà è costituita da fatti oggettivi, non da assunti ideologici». Davvero interessante quest’ultima affermazione: «Facts – not ideology – determine reality». Merce rara di questi tempi.

Dopo questa introduzione, il documento della A.C.P. articola un ragionamento analizzando otto punti, che meritano di essere integralmente riportati.

Primo: «La sessualità umana costituisce un dato binario biologico e oggettivo: i cromosomi “XY” e “XX” sono marcatori genetici di uno stato di salute non di una patologia».

Secondo: «Nessuno nasce con un “genere”. Ogni essere umano nasce con un sesso biologico. Il genere (inteso quale percezione di sé come maschio o come femmina) è un concetto psico-sociologico, non un concetto biologico oggettivo»

Terzo: «La percezione di sé come qualcosa di diverso dal sesso biologico cui si appartiene è, nel migliore dei casi, sintomo di una confusione mentale».

Quarto: «La pubertà non è una patologia e il ricorso ad ormoni per bloccarla può risultare pericoloso e nocivo per la salute».

Quinto: «Secondo il DSM-V, la percentuale del 98% dei ragazzi confusi sulla propria identità di genere, e l’88% delle ragazze parimenti confuse, arriva ad accettare naturalmente il proprio sesso biologico una volta superata la fase della pubertà».

Sesto: «I minori che ricorrono alle terapie utilizzate per il blocco della pubertà finalizzato al cambio di sesso, sono costretti ad usare ormoni cross-sessuali nella fase della tarda adolescenza. La terapia a base di tali ormoni (testosteroni ed estrogeni) può rivelarsi nociva per la salute, anche sotto il profilo, tra l’altro, degli effetti collaterali che può causare legati al rischio di pressione alta, coaguli di sangue, ictus e tumore».

Settimo: «Il tasso di suicidi è venti volte superiore tra gli adulti che ricorrono agli ormoni cross-sessuali e si sottopongono ad operazioni chirurgiche di riassegnazione di sesso, persino in Svezia, nazione considerate tra le più aperte e avanzate nel campo delle tematiche LGBTQ».

Ottavo: «Indurre i bambini a ritenere che sia normale e salutare un’intera esistenza fondata sull’identificazione nel sesso opposto attraverso l’assunzione di farmaci e il ricorso ad interventi chirurgici, costituisce un vero e proprio abuso di minori». Questi gli otto punti del documento emanato dall’American College of Pediatricians sui gravi rischi derivanti dall’ideologia gender.

Nell’agosto del 2016 lo stesso organismo ha emanato un ulteriore importante documento scientifico sul tema.

Se il National Geographic Magazine avesse voluto affrontare davvero il tema del transessualismo, in maniera oggettiva, razionale, scientifica, non ideologica, avrebbe dovuto tener conto anche delle conclusioni medico-scientifiche cui sono giunti i documenti dell’American College of Pediatrician. Ma non è stato così. In questo caso, ancora una volta, ha prevalso l’ideologia sull’osservazione scientifica. E sì, purtroppo, anche il National Geographic Magazine ha tradito l’ispirazione con cui era nato e si è ridotto a fare il megafono della dittatura del Pensiero Unico. Quanto di più antiscientifico si possa oggi immaginare.

Gianfranco Amato