L’Italia colabrodo.

L’Italia colabrodo.

Apprendiamo dalla stampa che l’Italia, finalmente, un record mondiale l’ha raggiunto: quello degli sbarchi di migranti. Il numero è impressionante: in un solo mese quasi diecimila arrivi.

E’ l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (OIM) a comunicarci il dato esatto: 9.359 migranti dal 1 gennaio al 5 febbraio 2017. Sono aumentati del 55% rispetto ai 6.030 sbarchi registrati nello stesso periodo l’anno scorso. Un primato, in realtà, ben poco invidiabile, ma perfettamente in linea con tutti gli altri primati negativi che il nostro Paese sta sempre più accumulando.

Aumenta, purtroppo, anche il tragico conteggio dei dispersi in mare. Duecentoventotto morti rispetto ai novanta del 2016. Sempre l’OIM ci comunica che finora 1.401 migranti e profughi richiedenti asilo sono stati tratti in salvo dalla Guardia costiera libica, mentre quarantadue cadaveri sono stati rinvenuti a Sabrata, Zuara, Tripoli e Tajoura.

Abbiamo anche qualche dato circa la provenienza degli ultimi sbarchi. La quasi totalità dei disperati proviene dall’Africa nera. In particolare dalla Guinea, dalla Costa d’Avorio, dalla Nigeria, dal Senegal e dal Gambia. Non si tratta di nessuna “invasione islamica”, ma semplicemente di infelici che scappano dalla fame, dalla miseria e dalla violenza.

Il fatto è che l’Italia, come oggi è ridotta, non può considerarsi un Paese in grado di rispondere alla legittima domanda di aiuto di questi disperati.

Ci fa bene ricordare che siamo una nazione in recessione e deflazione, dove il cinquanta per cento delle famiglie non arrivano a fine mese (dati Eurispes), dove la disoccupazione giovanile ha superato il 40% (dati ISTAT), dove la povertà è aumentata del 155%, come ha ricordato il Presidente della CEI, cardinal Bagnasco, dove il governo non riesce a trovare moduli abitativi per tutti i terremotati di Norcia, costringendoli a sorteggiarli. Non siamo più la quinta potenza industriale in piena espansione dei decenni passati.

La situazione penosa in cui ci ha ridotto una classe politica inetta e inadeguata oggi non ci consente un’accoglienza piena e ci costringe ad attuare una regolamentazione dei flussi migratori secondo criteri di equità ed equilibrio. Occorre, infatti, salvaguardare innanzitutto la dignità dei disperati che cercano asilo nel nostro Paese. E’ ingiusto e immorale accoglierli per poi farli vivere come topi in uno scantinato.

Ecco perché una politica degna di questo nome deve essere in grado di regolare i flussi e, prima di tutto, difendere le proprie frontiere. Oggi l’Italia è diventata un colabrodo, un Paese che non sa neppure controllare la porta di casa, lo zimbello del mondo. Anche in questo caso, non c’è la minima traccia di un vero piano, di un progetto, di un idea, di una strategia, di una visione.

Se il Popolo della Famiglia fosse al governo, se io fossi Ministro dell’Interno saprei esattamente come comportarmi. La ricetta non è per nulla difficile, ma soprattutto è a portata di mano.

Qualcuno si è chiesto perché la Spagna, che è più vicina all’Africa dell’Italia, non ha i problemi di assalto dei migranti che abbiamo noi? Anzi, per essere precisi un pezzo di Spagna è persino in Africa, con le due città autonome di Ceuta e Melilla, e le Canarie sono state per anni la vera porta europea d’ingresso dal sud. Ebbene, come hanno fatto i nostri cugini iberici a risolvere il problema? Attraverso la stipulazione di veri e concreti accordi bilaterali con i Paesi interessati dal fenomeno, ma soprattutto con il SIVE, il Sistema Integrado de Vigilancia Exterior. Si tratta di un complesso apparato di controllo che elabora i dati ricevuti costantemente dai radar delle navi che operano nel Mediterraneo e nell’Atlantico, i video delle stazioni lungo la costa, le tracce satellitari e aeree. Grazie al SIVE oggi la Spagna è una fortezza impenetrabile e può regolare in maniera civile i flussi migratori.

Basterebbe, poi, leggere un interessante studio elaborato dal Migration Policy Institute, intitolato Exceptional in Europe? Spain’s Experience with immigration and integration, oppure leggere l’ultimo rapporto di Frontex per capire come funziona bene il modello spagnolo.

Ma i nostri ministri dell’Interno non hanno purtroppo tempo per leggere. Sono troppo impegnati a gestire l’emergenza per avere tempo di elaborare un progetto politico, un piano d’azione, un’idea strategica, e quindi di assumere una decisione che affronti alla radice il problema.

Qualcuno dei nostri politicanti si è persino azzardato a dire che un apparato di controllo come quello messo in piedi dagli spagnoli noi non possiamo permettercelo. Costa troppo, e al momento non abbiamo risorse finanziarie, umane e strutturali per adottarlo. Però siamo riusciti a mandare tranquillamente in fumo quasi dieci milioni di euro per un ridicolo referendum costituzionale dovuto ad una mera impuntatura, ad un capriccio infantile, una bizza puerile, un puntiglio bambinesco di un giovane premier tanto rampante quanto irresponsabile e politicamente immaturo.

Il problema non sono i soldi. Quelli si trovano sempre, anche per le cose più inutili. Il problema è l’ordine di priorità.

Il Popolo della Famiglia sa riconoscere la priorità del problema oggi legato al numero eccessivo degli sbarchi di immigrati, e sa anche dare una soluzione semplice e realizzabile: adottare il modello spagnolo. Sa anche dove recuperare le dovute risorse finanziarie per realizzarlo in Italia.

Gianfranco Amato