Le emergenze della politica italiana
Il Premier Paolo Gentiloni ha avuto un serio malore, è stato operato ed ora sta meglio. Siamo sinceramente contenti di questo felice epilogo. Anche nelle polemiche più aspre occorre sempre saper distinguere l’uomo dal politico.
L’amore e il rispetto che serbiamo per l’uomo Paolo Gentiloni, non ci deve esimere, però, dalle doverose critiche verso il premier Paolo Gentiloni.
Abbiamo notato, infatti, che martedì 10 gennaio 2017 il nostro Capo del Governo è stato ricoverato d’urgenza al Policlinico Gemelli per essere operato, e con la stessa urgenza si è poi recato a presiedere il Consiglio dei Ministri il giorno stesso in cui è stato dimesso. Sabato 14 gennaio, infatti, esce alle nove del mattino dal cancello del Policlinico per varcare, subito dopo, il portone di Palazzo Chigi.
Le impellenti emergenze del Paese non possono attendere, e la gravità della situazione non consente neppure qualche ora di convalescenza all’illustre paziente.
Cosa c’era di così urgente da deliberare è presto detto: deleghe sulla Buona Scuola e sulle Unioni Civili. Quest’ultimo tema, in particolare, costituisce da tempo, com’è noto, la vera emergenza, con la “E” maiuscola dell’Italia. Sbaglia chi pensa che i problemi principali del nostro Paese siano l’occupazione, la crisi economica, la sicurezza, l’immigrazione, la minaccia terroristica, il tasso di natalità, il rischio deflazione. No, lo ha spiegato con parole chiare la senatrice Monica Cirinnà: il tema dei temi, la priorità assoluta della politica italiana in questo momento sono i «confetti arcobaleno». Al punto che il povero Gentiloni – ancora quasi in pigiama – è stato trasferito d’urgenza dalla stanza d’ospedale a quella delle riunioni del Consiglio dei Ministri. Serviva la sua firma.
Annuncia l’evento storico una nota della responsabile del Dipartimento Diritti della segreteria nazionale del Pd, Micaela Campana, in cui si legge quanto segue: «Con l’ok definitivo del Consiglio dei ministri ai tre decreti legislativi di attuazione alla legge sulle unioni civili il nuovo istituto esce dal regime transitorio ed entra a pieno titolo nell’ordinamento italiano». «Grazie ai decreti ponte», prosegue la nota, «è stato possibile già costituire centinaia di unioni consentendo a tante persone di coronare il proprio sogno d’amore». La stessa nota spiega, poi, che «con questo ultimo “via libera” si mettono a punto alcuni aspetti non regolati direttamente dalla legge come la disciplina di diritto internazionale privato, la scelta del cognome della coppia, sulla dichiarazione di annullamento e l’armonizzazione del codice penale e del codice di procedura penale che che prevede che il termine matrimonio si intende riferito anche alla costituzione di un’unione civile».
L’evento rappresenta una svolta storica epocale di tale portata da realizzare persino un miracolo. E’ riuscito, infatti, a ridare la voce a Maria Elena Boschi, la muta di Laterina. Dal 5 dicembre scorso, infatti, quella povera ragazza era stata affetta da totale afasia. Non una parola, non una dichiarazione, non un twitt, non un post, nessuna intervista, nessun comunicato stampa. Mutismo assoluto. La pensavamo tutti ormai eclissata per sempre, sepolta sotto le macerie della sua “riforma”, schiacciata dal peso massimo di quel sessanta per cento di “NO”, travolta dal sarcasmo dei vincitori del referendum.
Ci voleva il miracolo delle deleghe sulle unioni civili per ridonarle la voce e la parola. Ed ecco che torna a farsi viva con questo “cinguettio”: «Con i decreti legislativi di oggi terminiamo l’iter delle #unionicivili. Era una promessa, ora è legge».
Probabilmente dopo quaranta giorni esatti di silenzio assoluto (un simbolico lasso di tempo quaresimale), Maria Elena ha pensato bene di approfittare di un tema trendy per risorgere mediaticamente. L’ingenua pensa, forse, di accaparrarsi qualche simpatia nel variopinto fronte LGBT, senza contare che anche in quell’ambiente possono esserci persone dotate di sufficiente raziocinio per giudicare i politici nel merito delle loro azioni e non sulla base di un opportunistico ammiccamento.
Non abbiamo mai nutrito dubbi sulla scarsa intelligenza politica dell’ex Ministro per le Riforme, ma pensavamo che avrebbe mostrato almeno un po’ più di classe e di dignità nella sconfitta. Non ha pubblicamente riconosciuto la sua indubbia dose di responsabilità nel naufragio referendario. Non ha ammesso alcun errore. Non ha fatto alcuna autocritica. Non ha chiesto scusa. E, soprattutto, non ha seguito il suo Napoleone a Sant’Elena.
Con quest’ultima sua mossa maldestra e inopportuna la Boschi dimostra ancora una volta di essere stata per Renzi quello che fu il generale Michel Nay per Napoleone a Waterloo.
Gianfranco Amato