Le due piazze di Galantino

Da quando non è più Segretario della C.E.I. ha evitato più di un imbarazzo a clerici e fedeli. Stiamo parlando di uno dei più grandi “gaffeur” della storia di Santa Romana Chiesa: mons. Nunzio Galantino da Cerignola, Vescovo di Cassano all’Jonio. Per ricordare il suo, comunque insuperato, livello di uscite infelici e dichiarazioni imbarazzanti si sono dovuti attendere uomini pubblici del calibro del ministro grillino Danilo Toninelli o dell’attuale ministro della giustizia grillino Alfonso Bonafede.

Le topiche galantiniane spesso riuscivano ad assumere dimensioni planetarie. Come quella volta in cui affermò, in una delle tante interviste che rilasciava volentieri, di non identificarsi «con i visi inespressivi di chi recita il rosario fuori dalle cliniche che praticano l’interruzione della gravidanza», suscitando una più che legittima reazione nel mondo pro-life di tutto il pianeta. Da John Smeaton, direttore della britannica “Society for the Protection of the Unborn Child”, che gli scrisse una lettera piccata, fino a quasi tutti i vescovi statunitensi che non gliele mandarono a dire. Tanto per restare solo in ambito anglosassone. Si beccò pure la lettera di una donna rumena la quale spiegò al monsignore che, dopo aver praticato tre aborti decise di non ricorrere al quarto proprio grazie ad uno di quei «volti inespressivi» con cui lui non si identificava. Sì, fu proprio uno di quei volti che pregava davanti alla clinica dove stava andando a praticare il suo quarto aborto che la convinse a desistere e, addirittura, a unirsi agli oranti. Una delle tante storie che ricorda la vicenda di Abby Johnson raccontata nello splendido film Unplanned (2019). Pure quella lettera fece il giro del mondo grazie al canale LifeSiteNews.

Anche il povero Galantino, però, dopo aver esasperato non pochi suoi confratelli, incappa nella mannaia del “promoveatur ut amoveatur”, ovvero la spietata regola vaticana con cui vengono tolti di mezzo i pesi ingombranti, e viene nominato Presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, ruolo assai prestigioso ma che non dà facile accesso alle interviste. La sua promozione-rimozione fa respirare molti per un po’ di tempo. L’illusione, infatti, dura poco. Il nostro monsignore non è un personaggio che riesce a contenersi. È naturaliter spinto alla gaffe. Gli è congenita, come facesse parte del suo patrimonio cromosomico, è nel suo DNA.

Per carità cristiana sorvoliamo sulle più recenti topiche, limitandoci a citare quella del 10 dicembre 2019, riportata dall’Agenzia ADN Kronos. Nella sua ultima intemerata, infatti, Nunzio Galantino dichiara pubblicamente, come Presidente dell’Amministrazione del patrimonio della Santa Sede, di “benedire” l’iniziativa delle sardine, con queste parole: «Non posso che avere simpatia per questi ragazzi». Aggiunge pure: «Mi dispiace che siano costretti a vedersi aggrediti e tante volte ridicolizzati: così perdiamo una bella possibilità di essere messi fuori da certi nostri schemi stantii». Dove sta la gaffe? Semplice. La piazza è una cosa troppo seria per essere banalizzata. È l’ultimo strumento che resta al popolo per manifestare contro il potere e va utilizzata con assoluta cautela. Rappresenta l’extrema ratio in una situazione d’emergenza, il segnale da mandare a chi ha la responsabilità di governare e guidare un Paese. Lo scrive uno, come il sottoscritto, che ha avuto l’avventura di parlare dal palco di ben due Family Day, – quello del 20 giugno 2015 a Piazza San Giovanni e quello del 20 gennaio 2016 al Circo Massimo – e di far parte del comitato promotore di entrambe quelle epocali manifestazioni di piazza. A proposito, ricordo molto bene l’avversione stizzita che proprio il nostro Nunzio Galantino, allora segretario della C.E.I., manifestò pubblicamente contro quelle iniziative, con un livore che aveva ben poco di misericordioso e tanto meno di cristiano. Quando doveva assumere un tono istituzionale Galantino sosteneva che pur potendo astrattamente essere d’accordo nel merito di quei Family Day, non poteva condividere il metodo. No, diceva, non è con la manifestazione di piazza che si affrontato e risolvono questioni delicate. Quando poteva sfogarsi con i pochi intimi, dichiarava la sua idiosincrasia per quella iniziativa perché la riteneva una «piazza contro» e non di una «piazza per», una piazza in cui si evidenziava la pars destruens e non la pars construens. Insomma, protesta contro qualcuno e qualcosa senza proposta alternativa. Ora, a parte il fatto che non era così, ma, di grazia, verrebbe da chiedere al nostro monsignore se, prima di sperticarsi in lodi e simpatie per le giovani sardine, si sia posto il problema di informarsi. Se non lo ha fatto, perché troppo impegnato a gestire la complicata amministrazione patrimoniale della Santa Sede (possiamo comprenderlo), proviamo a spiegarglielo noi. Le sardine, in realtà, sono scese in piazza con l’unico dichiarato motivo di manifestare contro la Lega e contro Matteo Salvini in particolare. Sì, proprio quella preposizione (“contro”) che Galantino ha ingiustamente contestato ai due citati Family Day. Con un’aggravante, però, che fa assumere alla vicenda una dimensione surreale e comunque inquietante. In piazza ci si va per manifestare contro il potere, contro il governo, e contro le forze politiche che sostengono un governo. Così dovrebbe funzionare in uno Stato di diritto. Le sardine che protestano contro l’opposizione, invece, riescono a far ricordare le esperienze dittatoriali dell’America Latina. Solo nella Cuba di Fidel Castro o nella Venezuela di Hugo Chávez e Nicolás Maduro si sono viste cose simili. Per quanto riguarda, poi, il contenuto della proposta, ancora tutti si stanno chiedendo quale sia davvero l’obiettivo di questo neonato movimento, a parte il banale e prosaico tentativo di rivitalizzare un languente centrosinistra nell’imminente tornata elettorale della Regione Emilia-Romagna. Non si vedono all’orizzonte altre ragioni più nobili di queste. Possibile che il nostro Nunzio Galantino non se ne sia accorto? Ingenuo o semplice gaffeur? Probabilmente entrambi. Fatto sta che deve essere talmente occupato nel prestigioso palazzo della sede dell’A.P.S.A., da aver perso i contatti con la realtà anche a livello mondiale. Non s’è reso conto, probabilmente, di quello che sta accadendo in Cile, dove, tra l’altro, chiese, edifici religiosi, simboli e tutto ciò che ricorda la fede cristiana è oggetto di un violento ed inaudito vandalismo che non ha precedenti nella storia di quel Paese. Tutto è nato da una protesta strumentale e pilotata di giovani. A questo proposito, mi condivideva un’interessante riflessione un caro amico cileno, Héctor Riesle Contreras, già ambasciatore del Cile presso la Santa Sede e marito di un’altra cara amica, l’arciduchessa Alexandra, nipote dell’ultimo imperatore d’Austria, il Beato Carlo d’Asburgo.

Héctor mi ha così ammonito, ricordando la lezione cilena: «Attenti ai ragazzi in piazza! Specie quando non hanno idee, quando sono manipolati da adulti senza scrupoli, quando sono costretti a tenere sempre alta la tensione mediatica, quando identificano qualcuno come nemico pubblico da combattere a prescindere, quando si dichiarano apolitici per convergere tutti sul comune denominatore dell’odio verso il nemico, quando – come è successo in Cile – danno la possibilità a narcotrafficanti e terroristi di infiltrarsi».

Per questo mi sono preoccupato nel vedere l’immagine del leader del movimento delle sardine, Mattia Santori, in compagnia della “sardina velata”, la musulmana Nibras Asfa (cui è stato consentito insultare Salvini dal palco di Piazza San Giovanni) ed il consorte Suleiman Hijazi, simpatizzante del movimento terroristico Hamas. Speriamo che questa strampalata vicenda si sgonfi dopo le elezioni emiliane. Se così non fosse, occorrerebbe cominciare a preoccuparsi sul serio e a non sottovalutare il monito di Héctor Riesle Contreras.

 

Gianfranco Amato

 

Proprio articolo pubblicato su La Verità del 21 dicembre 2019