La lezione cilena

I lettori della “Croce” ed i militanti-iscritti del Popolo della Famiglia sono tra i pochissimi, nella nostra provinciale Italietta, a sapere chi sia il politico cileno José Antonio Kast. Lo conoscono grazie alla missione che, per conto del movimento, ho svolto a Santiago lo scorso settembre, e che conferma, peraltro, la prospettiva transnazionale del nostro progetto politico.

Come i lettori sanno, infatti, io ho avuto la fortuna di incontrare personalmente José Antonio insieme alla sua inseparabile Maria Pia.

La vicenda politica di questo nostro amico merita di essere evidenziata alla luce dell’incredibile ed imprevisto risultato elettorale di domenica 19 novembre, che lo ha visto ottenere il 7,93% dei consensi. Ripercorriamo brevemente la sua biografia. Parlamentare cinquantenne, avvocato, cattolico praticante, coniugato con nove figli, appartenente con tutta la famiglia all’esperienza religiosa del movimento mariano Schoenstatt, Kast è riuscito ad incarnare la voce della maggioranza silenziosa del popolo cileno che non ne può più della melassa trasversale dei falsi miti di progresso, e che vuole tornare a dire la sua su valori come vita, famiglia ed educazione. Kast è uno che ha il coraggio di parlare pubblicamente di “dictadura gay” e di affermare che l’unica vera famiglia è quella fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna. Kast è anche uno che non ha paura di dichiarare pubblicamente che crede nella difesa del diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale, e che ha già pronto un progetto di legge per abrogare la recentissima normativa in materia di aborto.

Kast incarna perfettamente lo spirito di quello che potremmo definire come il “popolo del Family Day”. E José Antonio Kast si è reso conto il “popolo del Family Day” cileno, esattamente come quello italiano, era drammaticamente privo di una rappresentanza politica in parlamento. La chiamata alle urne del 19 novembre 2017, per l’elezione del presidente della repubblica cilena ha evidenziato ancora di più questo vuoto politico. Le famiglie di quel popolo, infatti, si sono trovate di fronte all’improponibile alternativa tra Carolina Goic, candidata della Democrazia Cristiana (ridotta ormai a livello del Partito democratico italiano) e il miliardario Sebastián Piñera, candidato del centrodestra, già presidente del Cile, che dal punto di vista valoriale si potrebbe collocare in quell’area liberal che da noi ruota attorno a personaggi come Verdini, Brunetta o Capezzone.

Forte della consapevolezza di dover dare al “popolo del Family Day” un’alternativa credibile, José Antonio Kast è riuscito a gettare il cuore oltre l’ostacolo e tentare una follia: candidarsi alle elezioni presidenziali. Annuncia la sua coraggiosa decisione tra gli sberleffi, gli sfottò, i dileggi di chi diceva che questo “signor nessuno”, questo ridicolo bigotto pro-family era inesorabilemnte destinato al naufragio elettorale, e tra il compatimento del fuoco amico dei “cattolici” che invocavano la logica del “voto utile”, che dicevano che con lo 0,5% non si poteva andare da nessuna parte e che lo invitavano a mendicare qualche posto al “liberal-berlusconiano” Piñera.

Non gli viene risparmiato neppure un linciaggio mediatico e la consueta proluvie di insulti: «omofobo», «ultracattolico», «oscurantista», «medievale», «bigotto», «nostalgico di Pinochet», «amico dei militari» e «fascista», giacchè quest’ultimo epiteto, come l’ultima sigaretta ai condannati a morte, non si nega a nessuno. Ma Kast, ad onta di tutto, continua fiducioso nella sua strada, convinto di realizzare un progetto ben più grande delle proprie ambizioni personali e fiducioso in un risultato che agli occhi di tutti i benpensanti più che velletario appare risibile.

I sondaggi fino ad agosto sono impietosi: lo accreditano tra lo 0,5 e l’1 per cento. Sembra essere destinato all’insignificanza politica. Ma José Antonio non demorde. Non si fa incantare dalle sirene dei sostenitori del “voto utile”. Non si abbatte difronte al “fuoco amico”. Non si fa intimidire dal livore e dall’acredine inacidita della lobby LGBT sempre pronta a battersi contro l’asserita intolleranza degli altri per poter esprimere liberamente tutta la propria violenta intolleranza. Non lo spaventano neppure le consuete minacce dei “poteri forti” nei confronti di chi osa dissentire rispetto al pensiero dominante.

José Antonio ha contro tutto il mainstream pseudoculturale della sinistra liberal. Ha contro l’establishment radicato nell’ideologia politically correct. Ha contro le principali testate giornalistiche radical chic. Ha contro la televisione di regime. Non ha risorse economiche, non ha grandi mezzi, non ha apparati di potere, non ha spazi nei media, non ha posto nei salotti buoni, ma percepisce stando in mezzo alla gente – «en la calle» (nella strada) come dice lui – che un intero popolo sta per risvegliarsi. Quando l’ho incontrato ai primi di ottobre con la moglie Maria Pia, mi ha fatto vedere con soddisfazione alcuni sondaggi commissionati da lui e più attendibili di quelli ufficiali, che lo posizionavano attorno al 4 per cento. Era quadruplicato rispetto agli esordi. Ma nessuno, credetemi, allora avrebbe mai potuto immaginare che José Antonio sarebbe riuscito a sfiorare l’8 per cento! Si è trattato di un vero e proprio miracolo.

Il triplice ringraziamento che ha fatto commentando il risultato merita di essere riportato: «Voglio, inanzitutto, ringraziare Dio, per tutte le benedizioni che ci ha elargito in questo periodo e per questo straordinario risultato, che rappresenta il lavoro di una squadra convintamente impegnata nei difesa dei nostri principi. Voglio, poi, ringraziare la Patria e le centinaia di migliaia di cileni che ci hanno appoggiato e hanno recepito il nostro messaggio; io amo profondamente il Cile e sono grato dell’onore e del privilegio di aver servito il mio Paese come deputato, e di continuare a servire, come ho sempre fatto, i miei compatrioti. Voglio, infine, ringraziare la mia famiglia, la mia grande famiglia, per tutto l’affetto, la pazienza e l’appoggio che mi ha dimostrato in tutti questi mesi e in questi anni di lavoro a servizio del Cile; come parte della mia famiglia considero anche tutti i componenti della squadra della campagna elettorale, che con uno sforzo ed una dedizione encomiabile, hanno dato l’anima battendo le strade in mezzo alla gente; a loro, che ringrazio di cuore, va tributato il merito di questo successo». Kast ha poi precisato che «per la prima volta dopo decenni, grazie al fatto di aver difeso valori così fondamentali come l’amore verso Dio, l’orgoglio di appartenere alla Patria e l’importanza della famiglia, questi valori sono tornati ad essere tema di campagna elettorale». E sempre per la prima volta, ha spiegato José Antonio, «il sentimento comune del popolo, quel sentimento che negli ultimi anni è stato disprezzato dalla sinistra, si è preso la rivincita ponendo la difesa dei nostri valori e dei nostri principi al centro del dibattito politico, dove per troppo tempo è dilagata la menzogna ed è stata assente la verità». Poi, il colpo finale del discorso: «Cari amici, il gran trionfo di oggi e di questa campagna elettorale non è il numero dei voti che abbiamo ottenuto, non è la percentuale che abbiamo raggiunto, e non è neppure il posizionamento nella classifica dei candidati. No. Il gran trionfo di oggi è rappresentato dal fatto che grazie al lavoro svolto durante al campagna e allo strepitoso risultato ottenuto, noi oggi abbiamo raggiunto un obiettivo fondamentale, ossia quello di sfidare la cultura di sinistra con argomenti e con coraggio. Qualcosa che sembrava avessimo ormai completamente dimenticato». Ebbene, credo proprio che per ascoltare un politico italiano, di qualcunque schieramento, pronunciare parole simili occorra attendere il primo parlamentare del Popolo della Famiglia.

Oggi José Antonio Kast, con il decisivo aiuto del Padreterno, ha compiuto un vero miracolo politico. Un miracolo che che adesso gli consente di essere determinante per la vittoria al ballottaggio tra Piñera e Guiller. Non è un caso, infatti, che subito dopo aver ascoltato il discorso di Kast, il candidato di centrodestra Sebastián Piñera abbia invitato José Antonio all’Hotel Crown Plaza, dove i due si sono incontrati per coordinare l’appoggio al ballottaggio che si terrà il prossimo 17 dicembre.

Ora si può davvero concretizzare per Kast la possibilità di essere il baluardo valoriale di un futuro governo di centrodesta in Cile. Essere quello che, con un’efficace metafora, mi spiegavano gli amici cileni: «el clavo enclavado en la cola de la serpiente», ossia il chiodo piantato nella coda del serpente Piñera. Giusto per evitare che quel “serpente” sia tentato di strisicare ideologicamente verso l’area liberal che occhieggia al pensiero politicamente corretto.

Esattamente quello che potrebbe essere chiamato a fare il Popolo della Famiglia in Italia con un probabile governo di centrodestra. Essere la garanzia che su temi come vita, famiglia, educazione e libertà religiosa il serpente non scappi via.