Diffidate delle imitazioni

Qualcuno ricorderà l’accoglienza perplessa e scettica che ricevette il progetto politico del Popolo della Famiglia quando, due anni fa, si affacciò nel panorama politico italiano. Si guardava con una certa sufficienza l’idea che un partito potesse mettere al centro della propria azione una cosa come la famiglia. Sì, proprio quell’istituto che pur essendo riconosciuto dall’art.29 della Costituzione è sempre stato trattato come un oggetto estraneo alla politica. Continuavamo a sentirci ripetere sempre la stessa domanda e la medesima obiezione: «Ma cosa centra la famiglia? I temi che interessano la gente e di cui la politica deve occuparsi sono l’economia, il lavoro, la sicurezza, l’ambiente».

Hai voglia di spiegare che la «famiglia è la cellula della società», citando Cicerone e Aristotele, o che «la famiglia rappresenta il “prisma” attraverso cui considerare tutti i problemi sociali», citando San Giovanni Paolo II. Perle ai porci. Venivamo semplicemente guardati come extraterrestri della politica. Degli ingenuotti un po’ naïve, destinati a comprendere, prima o poi, che la famiglia non è tema da potersi porre al centro del dibattito politico.

Due anni fa, invece, il Popolo della Famiglia ci ha provato alle elezioni amministrative del 2016, e ci è riuscito. Oggi tutti parlano di famiglia e natalità. Basta guardare quello che sta accadendo nella campagna elettorale per le politiche 2018 che è appena partita.

E’ davvero uno spettacolo ascoltare i leader dei partiti oggi in competizione.

Cominciamo dal candidato premier del movimento Cinque Stelle, Luigi Di Maio:

«Noi siamo una forza pragmatica, riconosciamo che la famiglia è una forza del Paese e la sosteniamo, senza farci sopra tanti ricami teorici», e «rispetto alle coalizioni fantasma che ancora non hanno un contenuto da offrire al Paese, noi possiamo dire con forza che la famiglia e la natalità sono il filo rosso che unisce le nostre idee su fisco, scuola, sanità, lavoro». Mancava solo che citasse il «prisma» al posto del «filo rosso» e il suo si sarebbe potuto tranquillamente spacciare come uno di quei discorsi da Popolo della Famiglia tanto criticati due anni fa. Ma ormai siamo lontani dai tempi in cui il senatore grillino Carlo Martelli sproloquiava a Palazzo Madama di «matrimoni multipli tra quattro, cinque, sei persone», o il collega deputato on. Carlo Sibilia promuoveva il disegno di legge sul «matrimonio interspecista», per fondare la famiglia composta da una persona ed un animale.

Che dire, poi, dell’ineffabile sottosegretario Maria Elena Boschi, crudelmente soprannominata dai perfidi colleghi piddini “Maria Etruria”. Anche lei, ovviamente, ha avuto parole per quello che sta diventando il vero punto focale della campagna elettorale: «Il Partito Democratico farà del tema del sostegno alle famiglie una bandiera della campagna elettorale e un argomento centrale per il primo anno di governo. Tornare alla famiglia non deve essere la bandiera identitaria dei cattolici in politica, ma la sfida di tutti i cittadini. Una visione che tenga insieme laici e cattolici sul piano della cittadinanza». Peccato che la nostra Maria Elena si sia dimenticata che dal 2013 ad oggi, è proprio il Partito democratico che sta governando il nostro Paese. In cinque anni, forse, qualcosa si sarebbe potuta anche fare.

Non poteva mancare neppure il secondo Matteo, quello della Lega. Ecco le parole di Salvini: «La Lega propone di concentrare le risorse sul sostegno alla famiglia e alla natalità», attraverso misure concrete che prevedono «la gratuità degli asili nido sul modello francese, forti assegni per le famiglie di cittadini italiani che danno alla luce figli oltre il secondo e una fiscalità a misura di famiglia». Poco importa se il finanziamento di queste proposte debba avvenire anche mediante «la regolarizzazione e tassazione della prostituzione, togliendola dalle strade e dal controllo delle mafie e portandola alla luce del sole, come avviene nei Paesi più civili e sviluppati». Si sa che per il Machiavelli padano il fine può sempre giustificare i mezzi.

Ha fatto sentire, ovviamente, la sua voce pure la Giorgina nazionale. Queste le promesse elettorali della Meloni: «Da sempre Fratelli d’Italia sostiene la necessità di avviare una rivoluzione del welfare che metta al centro la famiglia e consenta alla nostra nazione di invertire i dati demografici. Per questo una volta al governo Fratelli d’Italia metterà in campo il più grande piano a sostegno della natalità mai visto in Italia. Tra i nostri obiettivi: asilo nido gratuito per tutti; istituzione del “reddito bimbo”; quoziente familiare; congedo parentale coperto all’80% fino ai sei anni di età del bambino; incentivi alle aziende che assumono donne in età fertile; progressiva eliminazione dell’IVA sui prodotti dell’infanzia come i pannolini e latte in polvere. Fratelli d’Italia vuole essere il partito di riferimento della famiglia e di chi ha a cuore il futuro dell’Italia». Peccato che Giorgia Meloni abbia già fatto parte del governo Berlusconi (2008) negli anni in cui tutte queste promesse si sarebbero potute già realizzare.

Il mitico e immortale Silvio da anni sbandiera la sua ricetta liberale: «meno tasse, meno burocrazia, meno Stato, più persona, più impresa». Quest’anno ha voluta aggiornare la ricetta: «meno tasse, meno burocrazia, meno Stato, più persona, più impresa, più famiglia». Sì, ha aggiunto proprio la famiglia, perché Forza Italia, quale partito moderato, si riconosce «nel primato della persona e delle sue libertà, nel privilegio accordato alla famiglia e alla società rispetto allo Stato».

Beh, insomma, ora tutti – ma proprio tutti – da destra a sinistra, grillini inclusi, oggi parlano di famiglia.

Tutti, però, fanno finta di non ricordare chi ha avuto l’intuizione originale di accendere i riflettori dell’attenzione politica su questo architrave della società. Speriamo che gli elettori se lo ricordino e votino il Popolo della Famiglia.

Ad essi diamo questa avvertenza: «Diffidate delle imitazioni!».

Gianfranco Amato