Trump il politicamente scorretto

Trump il politicamente scorretto

Ho ascoltato attentamente l’inauguration speech del nuovo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sono cinque, in particolare, gli aspetti che mi hanno colpito e che ritengo possano rappresentare la svolta epocale della nuova Amministrazione americana.

Una vera e propria rottura rispetto al potere che fino ad oggi ha dominato a Washington.

Primo passaggio del discorso: «The establishment protected itself, but not the citizens of our country. Their victories have not been your victories. Their triumphs have not been your triumphs. And while they celebrated in our nation’s capital, there was little to celebrate for struggling families all across our land». Trump critica espressamente l’establishment autoreferenziale che negli anni ha avuto come unica preoccupazione quella di proteggere e perpetuare se stessa a discapito dei cittadini. Un potere che festeggiava vittorie che non erano vittorie del popolo e trionfi che non erano trionfi del popolo. Un potere che si baloccava nel celebrare “conquiste” realizzate attraverso battaglie ideologiche su temi lontanissimi dai veri interessi delle «american families». Come non pensare, per esempio, a tutto l’armamentario dell’agenda omosessualista per anni vezzeggiata dalla Casa Bianca. E’ l’inizio della fine del dominio culturale politically correct negli U.S.A. Un’ottima notizia – che ha in sé un significativo valore simbolico – è quella della sparizione della Sezione Diritti LGBT dal sito della Casa Bianca aggiornato dal nuovo inquilino. Un segnale netto e forte che Trump ha voluto inviare alla potentissima lobby arcobaleno.

I tempi sono – per fortuna – decisamente cambiati.

Secondo passaggio del discorso: «Every decision on trade, on taxes, on immigration, on foreign affairs will be made to benefit American families». Qualunque decisione politica su economia, fisco, immigrazione, affari esteri sarà assunta nell’esclusivo interesse della famiglia americana.

Sono e saranno le «american families» i beneficiari finali della politica. Con Trump torna la visione della famiglia come “prisma” attraverso cui considerare tutti i problemi sociali e attraverso cui passano tutte le questioni politiche, secondo la prospettiva del grande San Giovanni Paolo II.

Terzo passaggio del discorso: «We do not seek to impose our way of life on anyone». Si conclude definitivamente l’era dell’imperialismo ideologico che ha raggiunto il suo apice con la disastrosa amministrazione Obama. Non ci sarà più nessun tentativo di imporre ad altri Paesi – in particolare del Terzo Mondo – stili di vita o istituti giuridici totalmente estranei alla loro cultura. Finisce per sempre il ricatto obamiano degli aiuti finanziari in cambio di aborto e “diritti” LGBT, quello che Papa Francesco ha pubblicamente e coraggiosamente denunciato come «colonizzazione ideologica».

Quarto passaggio del discorso:

«Whether a child is born in the urban sprawl of Detroit or the wind-swept plains of Nebraska, they look up at the same night sky, they fill their heart with the same dreams, and they are infused with the breath of life by the same almighty Creator».

Un passaggio, quasi poetico: «Che un bambino nasca nell’area selvaggiamente urbanizzata di Detroit o nelle pianure del Nebraska sferzate dal vento, guarderà in alto lo stesso cielo notturno, si riempirà il cuore degli stessi sogni e avrà dentro di sé l’alito di vita infusogli dallo stesso Creatore onnipotente». Arriva con Trump un’autentica prospettiva trascendentale. Nulla a che vedere con l’ipocrisia religiosa della coppia Obama-Clinton seguace del profeta luciferino Saul Alinsky. Trump è sincero e crede davvero in quello che dice quando afferma: «We will be protect by God», noi saremo protetti da Dio.

Quinto passaggio del discorso: «The time for empty talk is over. Now arrives the hour of action». Il tempo delle chiacchiere vuote è finito, ed è arrivata finalmente l’ora dell’azione. Basta con il futile e vano narcisismo verbale obamiano. Basta con l’inconsistente, insulso, frivolo e vacuo chiacchiericcio del Presidente nero che ha rappresentato la quintessenza del Pensiero Unico. Basta con le frottole, le favole, le fole, le fandonie della Washington politically correct. Tutte cose che abbiamo vissuto anche da noi nel Bel Paese con il nostro “Obamino” di Pontassieve.

 

A proposito, dovremmo ricordare a Matteo Renzi, e a tutti i cattocomunisti renziani che si vantano di aver giurato sulla Costituzione e non sul Vangelo, che nella più grande e potente democrazia del mondo, gli Stati Uniti d’America, non si giura sulla Costituzione ma sulla Bibbia. Lo ha fatto Trump, seguendo la prassi di tutti i suoi predecessori. E non è un caso che proprio nel suo “inauguration speech” il neo Presidente repubblicano non abbia citato la Costituzione ma la Bibbia, con questo passo:

«Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!»

Imparino questa grande lezione i nostri democratici “de’ noantri”.

 

Gianfranco Amato