Santa Pasqua 2018

In questi giorni mi è capitato tra le mani un vecchio ritaglio del giornale “La Repubblica” risalente al 30 marzo 1997, che ho conservato negli anni come un cimelio. Si tratta di un’interessante riflessione di don Luigi Giussani, sotto forma di lettera al direttore, intitolata “Il nuovo inizio dei figli di Dio”. La ripropongo come mio personale augurio di una Santa Pasqua 2018.

Caro direttore, davanti alla mia finestra ho piante che sono ancora tutte distrutte dal gelo e dal freddo dell’inverno. Osservandole, pensavo che tutte le cose, tutte le nostre cose, andrebbero a finire così se non ci fosse quella forza, quella potenza creatrice che ridesta altre piante davanti a me con foglie verdi e nuove.

Questa forza misteriosa ha voluto farsi vedere, rendendosi familiare al nostro cammino di uomini. Così, a ciascuno di noi la potenza di Dio dice: «Io sono con te, sono diventato figlio di una donna come sei figlio tu, ho vissuto quello che hai vissuto tu, sono stato ingiustamente condannato, ho subito dolori, sono stato ucciso e ho accettato tutto questo perché tu capissi che Io partecipo della fatica che ti ho chiamato a compiere».

È una terra di prova la vita: il Signore, il Mistero che fa tutte le cose è apparso tra noi come uno di noi, ha vissuto tutta la vita come noi viviamo la nostra, niente escluso di quello che può capitare a noi, fino alla morte.

La Pasqua è l’annuncio della resurrezione da morte di Gesù di Nazareth, il grido che Egli vuole far risentire nell’animo di ognuno di noi: affermazione della positività dell’essere delle cose, di quella ragionevolezza ultima per cui ciò che nasce non viene al mondo per essere distrutto. Ci è stato detto, ci è stato gridato questo messaggio, che Dio è venuto tra noi e, risorgendo dalla morte che noi gli abbiamo inflitto, libera il nostro cuore dalla tristezza che lo ingombra. A che cosa è dovuta questa tristezza che ci portiamo addosso, intessuta nelle profondità del nostro essere? Al fatto che tutto muore, come il fiore sul balcone d’inverno. Cristo morto e risorto è la ragione della speranza che vince la tristezza del mondo, compimento della promessa antica, quella cioè fatta al popolo di Israele. E perciò ragione di ogni nuovo inizio. Quando ogni mattina ci alziamo possiamo riprendere nelle nostre mani la certezza della positività e bontà ultima delle cose: quel che ci preme e che amiamo non lo perderemo più.

Diventato uomo e avendo partecipato alla nostra morte, Dio ha reso possibile il cambiamento tanto invocato quanto sentito come impossibile a realizzarsi da parte di un uomo: «Mandaci, o padre Zeus, il miracolo di un cambiamento», gridavano gli antichi. Dal giorno in cui Pietro e Giovanni corsero al sepolcro vuoto e poi Lo videro risorto e vivo in mezzo a loro, tutto si può cambiare. Da allora e per sempre un uomo può cambiare, può vivere, può rivivere. D’altra parte, se la vita non è resurrezione, è uno scivolare triste verso la morte. Sarebbe morte.

A questo livello della vicenda umana si gioca il contrasto che Cristo è venuto a stabilire fra la giustizia dell’uomo e la giustizia di Dio. La prima tende a definire e perciò, poco o tanto, finisce con una condanna. La seconda non definisce l’uomo nei termini dell’uomo stesso, ma nei termini dell’amore che Dio ha verso di lui. È «misericordia», parola sconosciuta al vocabolario umano tanto è divina: sorgente continua di ripresa, in forza della quale ognuno di noi non è più prigioniero di se stesso, del proprio limite o debolezza, e vive le umane circostanze in movimento verso l’unità della vita. O, come ricorda il grande Eliot nei suoi Cori da “La Rocca”: «Bestiali come sempre, carnali, egoisti come sempre, interessati e ottusi come sempre lo furono prima. / Eppure sempre in lotta, sempre a riaffermare, sempre a riprendere la loro marcia sulla via illuminata dalla luce;/ Spesso sostando, perdendo tempo, sviandosi, attardandosi, tornando, eppure mai seguendo un’altra via».

In questi giorni tutto sta rinascendo, ma se un uomo non avesse mai visto la primavera e fosse nato e vissuto e conoscesse soltanto l’aridità dell’inverno, potrebbe immaginare come, dal di dentro, da questo «di dentro» strano e misterioso tutte le cose possono cambiare? Non riuscirebbe a immaginarlo. La presenza di Gesù di Nazareth è come la linfa che dal di dentro — misteriosamente ma certamente — rinverdisce la nostra aridità e rende possibile l’impossibile: quello che a noi non è possibile, non è impossibile a Dio. Così che un’appena accennata umanità nuova, per chi ha l’occhio e il cuore sinceri, si rende visibile attraverso la compagnia di coloro che Lo riconoscono presente, Dio-con-noi. Appena accennata umanità, nuova, come il rinverdirsi della natura amara e arida. Luigi Giussani.