RUINI DIXIT!

Ho conosciuto il cardinal Camillo Ruini ai tempi della gloriosa battaglia referendaria contro la Legge 40/2004 sulla fecondazione artificiale. Battaglia di cui lo stesso Ruini è unanimemente riconosciuto come l’indiscusso vincitore. Erano i tempi in cui la Chiesa Cattolica era guidata da Pastori capaci di sfidare il potere politico e di sconfiggerlo.

Del Cardinale, allora presidente della C.E.I., mi colpì il ferreo realismo tomista. Ruini sapeva giudicare la realtà con gli occhi della fede e affrontarla senza il pregiudizio di un idealismo utopico e astratto. Il Cardinale è un autentico figlio del sano pragmatismo emiliano in salsa chestertoniana.

È della razza dei porporati del calibro di Giacomo Biffi, Enrico Manfredini, Carlo Caffarra, razza, purtroppo, in via d’estinzione.

Per questo non mi ha meravigliato la sua ultima uscita, nell’intervista resa al Corriere della Sera, sui cattolici in politica, Salvini e la Lega. Ha semmai confermato la profonda e raffinata intelligenza politica che ricorda in qualche modo quella di Giulio Andreotti. Con quest’ultimo Ruini ha in comune anche il linguaggio. Mi riferisco, in particolare, all’uso accurato e ponderato delle parole. Non una in più, non una in meno e sempre nello spirito della locuzione latina “intelligenti pauca”, ossia a buon intenditor poche parole.

Non ha fatto eccezione questo suo ultimo intervento sulla politica italiana ed in particolare sul leader della Lega. Di lui si è espresso con tre laconiche affermazioni che dicono tutto e che valgono più di un lungo discorso. La prima affermazione, intrisa di quel sano realismo tomista di cui parlavo prima, riguarda il futuro di Salvini: «Penso che abbia notevoli prospettive davanti a sé». La seconda affermazione, espressa quasi più come un consiglio che un ammonimento, riguarda le qualità personali di Salvini: «Penso che però debba maturare sotto vari aspetti». Lo stesso leader della Lega sarebbe uno sciocco a non capire quanto Ruini abbia ragione da questo punto di vista. La terza affermazione, rivolta più “ad intra”, ovvero ai confratelli e a tutto il mondo cattolico, riguarda l’atteggiamento da assumere nei confronti di Salvini: «Il dialogo con lui mi sembra pertanto doveroso».

Tre brevi frasi che pesano più una lunga prolusione all’assemblea della C.E.I. e che suonano come un campanello d’allarme a quella parte della Chiesa cattolica che pare sempre più prigioniera del pregiudizio ideologico e dell’odio personale nei confronti del leader del primo partito nazionale.

Camillo Ruini sa molto bene che la Chiesa non può commettere l’errore che commise la sinistra nei confronti di Berlusconi. La demonizzazione aprioristica del Cavaliere lo portò a guidare uno dei governi più longevi della storia repubblicana con una maggioranza bulgara. Salvo, poi, sprecare questa occasione irripetibile, ma questo è un altro discorso. No, la Chiesa non può essere vittima, come fu la sinistra, di un pregiudizio ideologico. È contro la sua natura, e soprattutto rinnega quel sano realismo che essa predica da duemila anni. La copertina di Famiglia Cristiana che paragona Salvini a Satana non porta molto lontano e, soprattutto, non raccoglie molto consenso, specie tra i cattocomunisti più intelligenti.

Archiviata oramai per sempre la stagione del “partito cattolico” – constatazione che lo stesso Ruini ha ribadito nel suo intervento – i fedeli che si riconoscono nella dottrina sociale della Chiesa, nel Magistero, nel solco della Tradizione, nel Catechismo, nella difesa dei principi non negoziabili, oggi non hanno molte alternative per incidere se non rivolgendosi all’opzione offerta dalla Lega. Può non piacere ma è così.

Interessante è stata anche la lettura che il cardinal Ruini ha dato circa i gesti eclatanti di Salvini in tema di rivendicazione delle radici cristiane del nostro popolo. Gesti che, soprattutto in una parte del mondo ecclesiale, hanno generato una ridda di polemiche. Mi riferisco all’esibizione del Rosario, del crocefisso, del Vangelo, e cose simili. Molti hanno parlato di evidente strumentalizzazione. Il Cardinale, però, non si è dichiarato «sicuro che si tratti soltanto di strumentalizzazione». La sua valutazione dei fatti – inedita per un uomo di Chiesa del suo rango – è che quella di Salvini, in realtà, possa essere considerata anche «una reazione al “politicamente corretto”, e una maniera, pur poco felice, di affermare il ruolo della fede nello spazio pubblico». Alla veneranda età di 88 anni Ruini mostra una capacità di lettura della realtà e un acume, che purtroppo appare totalmente assente in tanti suoi confratelli molto più giovani e dinamici.

Commetterebbero un grave errore tutti coloro che dentro la Chiesa si rifiutassero di ascoltare il giudizio del Cardinal Camillo Ruini o minimizzassero la portata delle sue parole. E l’errore apparirebbe ancora più grave se a commetterlo sarebbero proprio coloro che gravitano nel Cerchio Magico di Bergoglio. A cominciare dall’eminenza grigia di Papa Francesco, il gesuita Antonio Spadaro, attuale direttore di “Civiltà Cattolica”.

 

Gianfranco Amato

 


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