L’Italia non è un paese per disabili!

Giovanni Di Lillo non è solo un amico fraterno, un “giurista per la vita”, un militante del Popolo della Famiglia, un compagno di lotta per la Verità. Giovanni è anche il padre di Elio, un ragazzo affetto da una grave forma di disabilità e finito al centro di una kafkiana vicenda di mala burocrazia, oggetto di un’interrogazione parlamentare e di un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, alla Procura regionale della Corte dei Conti, all’Autorità Anticorruzione e alla Direzione Generale dell’Inps – Settore disciplinare.

In estrema sintesi è accaduto questo.

Elio, da poco diventato maggiorenne, è portatore di handicap ex art. 3 L. 104, riconosciuto «invalido totale e permanente con inabilità lavorativa 100% e con necessità di assistenza continua, (legge 18/80 e 508/88)», e come tale beneficiario anche di indennità di accompagnamento. L’art. 25, sesto comma, del D.L. 90/14, dispone che per i minori affetti da patologie gravi e permanenti, al compimento della maggiore età, la concessione del beneficio prosegua immutata per l’indennità di accompagnamento e anche per l’invalidità se resta immutato il livello reddituale del soggetto interessato, senza «ulteriori accertamenti sanitari».

Nonostante tutto ciò, l’Inps di Caserta, disattendendo palesemente le citate disposizioni normative, ha fissato una nuova visita medica per Elio, conclusasi con la decisione, da parte della competente Commissione medica, di richiedere un’integrazione della documentazione sanitaria, la quale, poi, ha confermato la gravità del quadro clinico. In maniera del tutto sconcertante, la stessa Commissione medica ha emanato il proprio verdetto conclusivo riconoscendo lo stato di «invalidità totale e permanente», ma negando la necessità di assistenza, ossia il cosiddetto “assegno di accompagnamento”, e fissando una visita di revisione per il 2020.

«È semplicemente uno scandalo», ha denunciato in maniera sintetica e tranchant l’avvocato Fabio Candalino, anche lui “giurista per la vita” che assiste legalmente i genitori di Elio.

Questa surreale vicenda, purtroppo, non è un’eccezione. Tristemente simile a tante altre, è diventata lo specchio della tragedia del nostro Paese che, affetto ormai da un’irreversibile metastasi, vive la fase terminale di quel cancro incurabile che si chiama burocrazia italiana. Un Moloch senza volto, anonimo, insensibile, spietato e irraggiungibile, che ha reso le istituzioni pubbliche lontanissime dalle concrete esigenze e dai bisogni quotidiani dei cittadini italiani ridotti ormai a sudditi di uno Stato padrone e figliastri di una Patria matrigna.

In un Paese civile, dopo la denuncia pubblica di un caso simile a quello di Elio, il responsabile dell’Inps di Caserta sarebbe stato immediatamente sostituito, o meglio, avrebbe avuto la decenza di dimettersi prima di subire l’onta della rimozione. In un Paese civile giornalisti degni di questo nome avrebbero lanciato un’inchiesta sulla vicenda di Elio, e l’avrebbero fatta assurgere a bandiera di una denuncia nazionale, come fece Émile Zola con il suo celebre “J’accuse” nell’Affare Dreyfuss. In un Paese civile la magistratura sarebbe già intervenuta da tempo per accertare i fatti e indentificare eventuali responsabili. In un Paese civile il parlamento e la politica avrebbero già dato una risposta all’opinione pubblica rispetto ad una negazione così plateale, ingiusta e crudele del diritto di un cittadino disabile. Ma il nostro, purtroppo, non è un Paese civile.

Soprattutto per quanto riguarda la disabilità, campo nel quale l’Italia detiene un primato negativo a livello internazionale, al punto da essersi meritata una quarantina di bacchettate persino dal Comitato Onu sui diritti delle persone disabili nell’ultimo Report of Italy del 6 ottobre 2016 (CRPD/C/ITA/CO/1).

«The Committee is concerned», il Comitato è seriamente preoccupato, si legge per ben trentanove volte nel citato rapporto, e ad ogni singola «preoccupazione» è corrisposta un’altrettanta «recommendation» al governo italiano, che ha tempo fino al 6 ottobre 2017 per recepire ed attuare tutte le raccomandazioni formulate dal Comitato. Vedremo con quanta solerzia risponderà il governo. E pensare che esiste pure un ente pubblico denominato Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità (OND), un organismo collegiale istituito ai sensi dell’art. 3 della Legge 3 marzo 2009, n. 18, che è presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. L’Osservatorio è composto da quaranta membri effettivi e da un numero massimo di dieci invitati permanenti, in rappresentanza delle diverse amministrazioni pubbliche e del mondo dell’associazionismo rappresentativo delle persone con disabilità, ed il suo funzionamento è disciplinato da un regolamento approvato con il Decreto Interministeriale del 6 luglio 2010 n. 167, come modificato dal Decreto Interministeriale del 8 maggio 2015 n. 87. L’Osservatorio si avvale, poi, del supporto di una Segreteria Tecnica costituita nell’ambito delle ordinarie risorse umane e strumentali della Direzione Generale per l’inclusione e le politiche sociali del Ministero.

Insomma, il classico inutile e costoso carrozzone amministrativo, che non è stato minimamente scalfito dalle quaranta bacchettate ricevute dall’Onu. Nessuno si è interrogato, nessuno si è messo in discussione, nessuno si è dimesso. Nel sito istituzionale dell’Ente pare addirittura che la notizia del rapporto sull’Italia redatto dal Committee on the Rights of Persons with Disabilities non sia neppure riportata.

Per il momento, in attesa di vedere se davvero il governo recepirà, nei termini previsti, le prescrizioni del Comitato dell’Onu, siamo costretti ad assistere a vicende come quella di Elio che rischiano di incrinare gravemente il rapporto di fiducia tra il cittadino e le Istituzioni.

Come possono, infatti, pretendere rispetto autorità pubbliche che umiliano in maniera così vergognosa un cittadino portatore di handicap? Come può pretendere rispetto una magistratura che rimane inerte di fronte alla denuncia di una simile ingiustizia perpetrata ai danni di un cittadino disabile? Come possono pretendere rispetto istituzioni politiche che tacciono dinnanzi ad un caso talmente grave di disfunzione amministrativa contro un cittadino fisicamente svantaggiato? Come può pretendere rispetto uno Stato che tratta in modo così indegno e meschino i suoi figli più deboli e bisognosi di aiuto?

L’Italia che il Popolo della Famiglia sogna, l’Italia per la quale è nato il Popolo della Famiglia, l’Italia che il Popolo della Famiglia si candida a trasformare, l’Italia che il Popolo della Famiglia intende ricostruire è un’Italia in cui i casi come quelli di Elio Di Lillo saranno soltanto il brutto ricordo di un periodo cupo e miserabile del nostro Paese, ormai definitivamente consegnato alla Storia.

Gianfranco Amato