L’educazione sessuale della Fedeli? No grazie!

L’educazione sessuale della Fedeli? No grazie!

Con Valeria Fedeli, ministra senza laurea, al dicastero dell’Istruzione prepariamoci all’offensiva ideologica dell’educazione sessuale. Una vera fissa per Valeria, che la riporta indietro agli anni della giovinezza, quelli, per intenderci, in cui bisognava fare l’amore e non fare la guerra. Si riaccende in Valeria l’anima sessantottina della rivoluzione sessuale.

Peccato che a questi “vetero” la storia degli ultimi cinquant’anni non abbia insegnato proprio nulla. Nemmeno il clamoroso fallimento della cosiddetta “educazione sessuale” scolastica.

La certificazione di questo fallimento continua a darcela il Regno Unito, Paese in cui lo standard elevato e moderno di “sexual education” – vero vanto degli inglesi – è direttamente proporzionato all’incredibile numero di gravidanze tra gli adolescenti. Il livello educativo sessuale è il più alto in Europa, come più alto risulta il numero di ragazzine incinta rispetto a tutto il Vecchio Continente. I dati ufficiali rilasciati dal DCSF (Department for Children, Schools and Families), l’ente governativo competente, per quanto riguarda i primi anni del 2000, hanno consegnato un dato sconcertante: la media giornaliera di ventuno adolescenti, tra i 13 e i 15 anni, rimaste  in stato interessante.

Sì, ventuno ragazzine incinte al giorno!

Tra il 2003 e il 2005, più di 22.000 adolescenti sotto i sedici anni sono rimaste incinte, e metà di esse hanno risolto il problema ricorrendo all’aborto. Nel 2005 sono state 7.473 le fanciulle che si sono ritrovate in dolce attesa, e in alcune zone la statistica evidenziava la media di una su cinquanta.

Anni e anni di indottrinamento su come si fanno i bambini e, soprattutto, come si deve evitare di farli, si sono rivelati del tutto inutili. Tutti i sermoni sulla pillola, la pillola del giorno dopo, la pillola dei cinque giorni dopo, non sono serviti a nulla. Hai voglia, poi, a far impratichire queste ragazzine con i preservativi infilati in falli di plastica. Neanche l’esercitazione pratica è servita a qualcosa. Anzi, si è prodotta una sorta di eterogenesi dei fini. Cioè si è ottenuto l’effetto contrario, ovvero una ipersessualizzazione che ha di fatto indotto i giovani a banalizzare l’atto sessuale, e considerarlo alla stessa stregua di una semplice funzione fisiologica. Facile come bere un bicchier d’acqua, si diceva ai tempi della rivoluzione sessantottina.

Il professore David Paton, docente di economia  presso la Business School dell’Università di Nottingham si è accorto che «the danger with this sort of approach is that it can lead to an increase in risky sexual behaviour amongst some young people», ossia che il pericolo di questo tipo di approccio educativo può determinare l’aumento di comportamenti sessuali a rischio tra i giovani, e che esiste una «overwhelming evidence that such schemes are simply not effective in cutting teenage pregnancy rates», ovvero che esiste un’evidente prova che queste iniziative in materia di educazione sessuale non diminuiscono i tassi di gravidanza tra gli adolescenti. Con tutto il rispetto per il professor Paton, non mi pare, però, ci sia bisogno di insegnare economia alla Business School dell’Università di Nottigham per rendersi conto di questa evidenza lapalissiana.

Il punto che i soloni della pedagogia adolescenziale non hanno capito è che una ragazzina di tredici anni, resta una ragazzina di tredici anni. E’ semplicemente stupido pensare che, su una questione delicata com’è quella legata alla sessualità, possa avere la maturità di una trentenne. Se fai prevalere l’istinto, non puoi pretendere che a tredici anni una ragazzina possa ragionare, e «gestire la propria sessualità». Ma nemmeno a quindici anni, se è per questo.

Ecco, questa roba nelle scuole dei nostri figli gradiremmo non averla. Ministro Valeria Fedeli, abbiamo già tanti problemi nel nostro Paese, vuole aggiungere anche quello del fenomeno inglese della «teenage pregnancy» tra le nostre ragazzine? Io comprendo che per Lei lo standard britannico è un modello da imitare ed esportare, e che forse, con le ventuno adolescenti incinte al giorno Lei vorrebbe contribuire a risolvere il problema della bassa natalità del nostro Paese. Ma per noi non è cosi. E, forse, i problemi della scuola, di cui Lei, peraltro, dovrebbe occuparsi come Ministro, oggi in Italia non paiono proprio essere l’educazione sessuale e le pari opportunità. Ministro, faccia un giretto nelle scuole italiane. Una qualunque, scelga a caso, e forse capirà quali sono le vere emergenze che Lei sarebbe chiamata ad affrontare. Faccia due chiacchiere con un insegnante, uno qualsiasi che insegni in qualunque scuola di ogni ordine e grado, e forse si renderà conto di quanto sia drammaticamente più concreta e prosaica la dura realtà rispetto all’insostenibile leggerezza dell’astrazione ideologica.

Auguri!

Gianfranco Amato