Informare non significa intimorire

Esercitando il sacrosanto diritto alla libertà di espressione garantita dalla Costituzione italiana (art. 21), l’associazione Ora et Labora in difesa della Vita ha affisso, nei pressi della Clinica Mangiagalli di Milano, un cartellone regolarmente autorizzato, con il seguente testo: «Non fermare il suo cuore. Avrà il tuo sguardo, il tuo sorriso, e sarà coraggioso perché tu lo sei». Un invito a ripensare la drammatica scelta di ricorrere all’aborto. Il testo è corredato dalla foto di una mamma che coccola il suo bimbo appena nato, e da un’ecografia che mostra un nascituro teneramente appoggiato sulla pancia della gestante. Si tratta, chiaramente, un messaggio di amore e di tenerezza rivolto alle mamme in attesa. Nulla di offensivo, nulla di provocatorio, nulla di impositivo. Non l’ha pensata così la dottoressa Alessandra Kustermann, che in quella clinica pratica da anni la cosiddetta “interruzione volontaria della gravidanza”, cioè l’aborto. In alcune dichiarazioni rese alla stampa, la ginecologa è stata tagliente: «Non possiamo permettere che [le donne] arrivino in sala operatoria portando con loro anche la crudeltà di messaggi e immagini così». Ha, quindi, proceduto ad un vero e proprio blitz, arrivando a coprire il cartello con un lenzuolo recante la frase: «Viva la libertà!». Scontato il supporto alla “pasionaria” Kustermann da parte di tutte le associazioni femministe, abortiste, di movimenti, partiti e sindacati di sinistra, CGIL in testa. La militante ginecologa e i suoi sodali sostenitori, per altro, non si sono accorti nella flagrante contraddizione nella quale sono incorsi, ovvero quella di gridare «Viva la libertà!» mentre provvedevano a censurare, in maniera illegale, la libertà di espressione costituzionalmente garantita di un gruppo di cittadini italiani. L’associazione “Ora et Labora in difesa della Vita” non è mai intervenuta per coartare, in qualsiasi modo, la pubblicità che la Clinica Mangiagalli realizza per informare le sue pazienti su questa discutibile pratica medica. Nessuno dei membri di quella organizzazione pro-life si è mai sognato di interferire o impedire in maniera violenta la libertà di espressione dei messaggi abortisti diramati dalla clinica. L’unico vero scopo dell’azione in difesa della vita che l’associazione si è prefissa è semplicemente quello di informare le future mamme dell’esistenza di possibili alternative all’aborto, affinché possano prendere liberamente e consapevolmente una decisione informata. Non dimentichiamo, del resto, che il controllo dell’informazione è ed è sempre stato un elemento tipico dei regimi totalitari. Negare all’associazione “Ora et Labora in difesa della Vita” il diritto di esprimere le proprie opinioni – in modo perfettamente legale e pacifico ­– costituisce una pericolosa deriva totalitaria.

La legge 194/78, di cui radicali e attivisti di sinistra – incluso il commando guidato dalla Kustermann – si ritengono numi tutelari, è stata in realtà concepita allo scopo di riconoscere il valore sociale della maternità e tutelare  la vita umana dal suo inizio. Basta leggere l’art. 1: «Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite».

Se ne deduce quindi che non è solo diritto, ma dovere degli enti pubblici quello di mettere in atto tutte le misure volte a tutelare la vita nascente, in ossequio alla legge 194/78. La tutela della vita nascente implica che alla madre siano fornite tutte le informazioni necessarie a compiere una scelta consapevole, proprio per garantire l’autodeterminazione della donna, tanto cara agli integralisti di sinistra. In assenza di consapevolezza, non può sussistere alcuna libertà di scelta. Eppure, persino la visione della tenera immagine di un bambino di undici settimane di vita è stata censurata a Roma dall’Amministrazione Raggi, rendendo evidente l’avversione per la realtà che contraddistingue tutte le ideologie totalitarie. Odio per la realtà che significa anche odio per l’uomo e per la Vita. Non dimentichiamo l’ammonimento profetico che la filosofa Hannah Arendt, una delle donne più intelligenti del XX secolo, ha lanciato nella sua opera Le origini del totalitarimo: «Il disprezzo puramente ideologico per la realtà, contiene in sé anche la l’orgogliosa presunzione del dominio dell’uomo sul mondo». La storia dell’umanità ha insegnato che difronte a qualunque tipo di ingiusta dittatura non si può chinare il capo e subire passivamente. Per questo l’associazione “Ora et labora in difesa della vita” ha deciso di reagire di fronte alla grave aggressione ideologica della dottoressa Kustermann, affidando ai Giuristi per la Vita l’incarico di procedere legalmente, in qualunque sede, affinché non solo sia ripristinato il sacrosanto diritto dell’organizzazione ad esprimere le proprie opinioni e ad informare le donne, ma siano anche presi provvedimenti nei confronti di tutti coloro che hanno attentato a questo diritto costituzionale. Una chiosa finale all’affermazione della dottoressa Kustermann secondo cui le donne, alla vista del cartello pro-life incriminato, entrano nella clinica «intimorite». No, cara dottoressa, le donne in questo caso non entrano intimorite, entrano semmai informate.