Impresa a dimensione d’uomo e famiglia

Impresa a dimensione d’uomo e famiglia

Il capitalismo finanziario speculativo e deregolato, esclusivamente ispirato alla logica del mero profitto, quello che ha finito per generare una gravissima crisi mondiale trascinando nel fallimento persino istituti di credito, sta rischiando di dare un colpo mortale alla spina dorsale della fragile economia italiana, ossia le piccole e medie imprese, l’artigianato e le aziende familiari.

Finita la sbornia del fondamentalismo neoliberista che aveva contagiato un po’ tutti a destra e a sinistra, oggi occorre difendere, sostenere e valorizzare la preziosa realtà delle piccole e medie imprese.

Il Popolo della Famiglia non può non guardare con interesse e simpatia a questo mondo, considerando la cornice programmatica della sua azione politica, ovvero la Dottrina Sociale della Chiesa (DSC). Il Compendio della DSC dedica due paragrafi in proposito: il punto 315 e il punto 339. Recita il primo punto: «(…) Il lavoro nelle piccole e medie imprese, il lavoro artigianale e il lavoro indipendente possono costituire un’occasione per rendere più umano il vissuto lavorativo, sia per la possibilità di stabilire positive relazioni interpersonali in comunità di piccole dimensioni, sia per le opportunità offerte da una maggiore iniziativa e imprenditorialità; ma non sono pochi, in questi settori, i casi di trattamenti ingiusti, di lavoro mal pagato e soprattutto insicuro».

Recita il secondo punto (339): «I componenti dell’impresa devono essere consapevoli che la comunità nella quale operano rappresenta un bene per tutti e non una struttura che permette di soddisfare esclusivamente gli interessi personali di qualcuno. Solo tale consapevolezza permette di giungere alla costruzione di un’economia veramente al servizio dell’uomo e di elaborare un progetto di reale cooperazione tra le parti sociali. Un esempio molto importante e significativo nella direzione indicata proviene dall’attività che può riferirsi alle imprese cooperative, alle piccole e medie imprese, alle aziende artigianali e a quelle agricole a dimensione familiare. La dottrina sociale ha sottolineato il contributo che esse offrono alla valorizzazione del lavoro, alla crescita del senso di responsabilità personale e sociale, alla vita democratica, ai valori umani utili al progresso del mercato e della società».

Si tratta di modelli organizzativi in cui emerge il primato dell’uomo con i suoi valori di libertà, responsabilità, dignità, creatività, e il grande valore della solidarietà che caratterizza l’insegnamento sociale della Chiesa.

Riecheggiano, in proposito, le parole pronunciate da San Giovanni Paolo II in occasione del Gran Giubileo dell’Anno Duemila e rivolte agli operatori di quelle categorie imprenditoriali: «Voi potete ridare forza e concretezza a quei valori che da sempre caratterizzano la vostra attività: il profilo qualitativo, lo spirito di iniziativa, la promozione delle capacità artistiche, la libertà e la cooperazione, il rapporto corretto tra la tecnologia e l’ambiente, l’attaccamento alla famiglia, i rapporti di buon vicinato».

Ma è soprattutto sul cosiddetto “family business” che il Popolo della Famiglia intende porre attenzione. Secondo l’IFERA, International Family Enterprise Research Academy, l’Europa è il continente in cui le family business sono maggiormente presenti. Le percentuali di Francia (60%), Germania (84%), Olanda (74%), Portogallo (70%), Belgio (70%), Regno Unito (70-75%), Spagna (75%), Svezia (79%), Finlandia (80%), Grecia (80%) e Italia (85%) ne sono una prova.

Questo è un dato che dovrebbero tenere ben presente i detrattori della famiglia, quelli che puntano alla sua disgregazione, considerandola ormai un istituto desueto, anacronistico, sorpassato. La famiglia, in realtà, quella che Cicerone definiva «fundamentum urbis», resta ancora il nucleo della società e continua ad avere un notevole incidenza anche nel campo lavorativo ed economico. Devono riflettere attentamente anche su questo punto tutti coloro che invocano l’eliminazione di fatto della famiglia, o che tentano di sopprimerla snaturandola per via legislativa.

L’impresa familiare è la più antica forma di organizzazione imprenditoriale, e presenta indiscutibili vantaggi sotto il profilo organizzativo ed economico. La family business, infatti, appare più competitiva rispetto agli altri modelli imprenditoriali per i seguenti sette motivi: 1) maggior attaccamento all’impresa (stronger commitment); 2) maggior facilità di comunicazione e interpretazione (easier understanding; 4) rispetto per l’autorità (respect for authority); 5) minore turnover dello staff organizzativo (low staff turnover); 6) visione di lungo termine (longer-term vision); 7) quantità di tempo allocato per l’istruzione degli impiegati e dei successori (plenty of time to train employees & groom successors).

La cultura familiare applicata all’impresa genera un’incredibile potenzialità economica. Non soltanto in termini di flessibilità organizzativa, ma anche per il fatto che la cultura familiare riesce a conferire all’impresa una visione di lungo periodo, in cui progetti e investimenti nascono dall’identità tra gli obiettivi della famiglia e quelli dell’impresa, obiettivi che si traducono nel massimizzare il benessere delle attuali e future generazioni in una prospettiva trans-generazionale, esattamente il contrario della logica di un’impresa manageriale normalmente legata alla massimizzazione del profitto in un’ottica di breve periodo e volta a incrementare i benefit personali dei manager.

Teniamo anche conto del fatto che l’impresa familiare tende per sua natura ad avere legami particolarmente stretti con la comunità di cui fa parte – in molti casi i membri della famiglia sono coinvolti attivamente nella vita politica e sociale della stessa comunità –,  e che il radicamento in un territorio, nella sua cultura, nei suoi valori, diventa parte integrante dell’identità di un’azienda familiare, le cui scelte imprenditoriali non possono non essere improntate ad un senso di responsabilità verso la collettività, i suoi problemi e le sue aspettative di sviluppo. Teniamo, inoltre, conto del fatto che nelle piccole e medie imprese italiane il modello principale di controllo è quello familiare (46%), seguito da quello assoluto (22%), quello di gruppo (17%) e quello di coalizione (13%), e che l’attuale crisi economica impone alcuni importanti fattori di reazione come la rapidità nelle decisioni strategiche, la snellezza nelle dinamiche imprenditoriali, la coesione tra gli attori aziendali e soprattutto una visione a lungo termine. Esattamente quello che le imprese familiari sanno fare meglio.

Delineato l’orizzonte valoriale, vediamo ora quali sono le proposte avanzate dal Popolo della Famiglia per favorire le piccole e medie imprese, l’artigianato e le aziende familiari.

Considerando quello che nel mondo è tristemente noto come “Italian fiscal hell”, ovvero l’inferno fiscale italiano, occorre innanzitutto intervenire sulla leva tributaria. La prima proposta è quella di una flat tax al 20%, che per le piccole e medie imprese familiari viene ridotta al 15%, per incentivare e rafforzare la presenza del vincolo familiare nel mondo lavorativo ed economico.

La seconda proposta è quella di ridurre drasticamente l’asfissiante burocrazia che incombe su quella tipologia di imprese, semplificando al massimo ogni adempimento di carattere amministrativo, legale e tributario.

La terza proposta è quella di diminuire significativamente i costi non salariali del lavoro, come i contributi pagati ai dipendenti, che in Italia incidono per il 28,2% sulle retribuzioni, consegnandoci il non invidiabile primato di terzo Paese più “caro” dell’Unione Europea per quanto riguarda, appunto, i costi non salariali.

La quarta proposta riguarda la costituzione di un apposito fondo statale in grado di assistere economicamente le piccole e medi imprese che non sono in grado di accedere al credito bancario.

Di fronte agli effetti deleteri della globalizzazione e della cosiddetta “finanziarizzazione” dell’economia e del lavoro, una classe politica all’altezza del compito che le è affidato deve difendere, sostenere e valorizzare il variegato mondo della piccola e media impresa del nostro Paese. Una classe politica all’altezza del compito che le è affidato deve riconoscere come vero sviluppo imprenditoriale solo quello che pone al centro dell’economia e della finanza l’uomo e le sue relazioni sociali, a cominciare dalla famiglia; quello che non accetta di sottostare ai meccanismi finanziari legati alla mera logica del profitto; quello che riesce a produrre “ricchezza sociale” preferendo una visione a lungo termine rispetto all’immediato profitto speculativo; quello che riesce a promuovere e realizzare innovazione  anziché pensare all’accumulazione egoistica di beni e profitti; quello che privilegia l’elemento etico e spirituale all’elemento tecnico e materiale.

Questo è lo sviluppo imprenditoriale che ha in mente in Popolo della Famiglia.

Gianfranco Amato