Il Real Madrid vende la Croce!

Il Real Madrid vende la Croce!

Ci sono a volte piccoli episodi dotati, però, di un alto valore simbolico.

Uno di questi lo racconta Giulia Zonca nel suo articolo pubblicato su “La Stampa” e intitolato: Il Real Madrid perde la croce per vendere agli arabi. La giornalista spiega di cosa si tratti: «Il mercato globale richiede dei ritocchi e il Real Madrid cede un piccolo pezzo della sua storia per vendere nei Paesi del Golfo; una sforbiciata allo stemma, si tratta di millimetri sulla maglia e non è neppure la prima volta che succede». «La corona borbonica», prosegue la Zonca «perde la croce cristiana, era già capitato nel 2014, per un breve periodo, per il marketing di un singolo sponsor di Abu Dhabi e ancora prima, nel 2012 , per la partnership con un resort negli Emirati: ora il simbolo religioso se ne va proprio dalle maglie».

Un po’ di storia per capire. La denominazione della società calcistica era originariamente quella di Madrid Club de Fútbol. L’aggettivo “Real” fu assegnato successivamente, nel 1920, per concessione del Re Alfonso XIII di Spagna insieme alla corona applicata sullo stemma. Si trattò di una sorta di onorificenza, un riconoscimento regale da parte del sovrano di allora, eliminata con l’arrivo della Repubblica e reintegrata da Franco.

La giornalista de “La Stampa” conclude l’articolo con un’osservazione intelligente. Scrive, infatti, che i simboli possono anche cambiare nel corso degli anni se cambia la filosofia che li sottende. Possono essere modificati, reinventati, anche stravolti, ma «avere due stemmi diversi a seconda del Paese di esportazione non cambia la filosofia, annacqua il Dna».

In realtà è peggio di così perché non si annacqua solo il Dna, si annulla l’identità.

Questo piccolo episodio rappresenta lo specchio di come si sia ridotto l’Occidente. Una civiltà disposta a vendere il simbolo della propria storia, della propria identità, della propria cultura, della propria fede, delle proprie tradizioni, delle proprie radici al miglior offerente. Una civiltà ridotta ad avere come unico orizzonte valoriale il business.

Si parla tanto di dialogo con il mondo musulmano. Si parla tanto di confronto con questa importante civiltà. Si parla tanto di incontro tra Islam e Occidente. Ma come è possibile dialogare, confrontarsi e incontrarsi quando uno dei due interlocutori ha completamente smarrito la propria identità. O, meglio, è pronto a barattarla o venderla.

E come pensate che un musulmano possa giudicare un uomo disposto a cedere il simbolo della propria storia, della propria identità, della propria cultura, della propria fede, delle proprie tradizioni, delle proprie radici, per vile denaro? Lo giudicherebbe con l’unica parola possibile: disprezzo. E avrebbe pienamente ragione.

No, cari amici, così non si va da nessuna parte. Rischiano di avere ragione quei musulmani che invocano la conversione degli occidentali adoratori di Mammona, che riconoscono come unico idolo il dio Denaro, e che sono sempre pronti a vendere l’anima pur di chiudere un buon affare.

Così non si può dialogare con l’Islam.

Ai tempi delle crociate, tra Riccardo Cuor di Leone e il Saladino esisteva un codice cavalleresco. Se le davano di santa ragione, facevano rotolare migliaia teste a suon di spada e scimitarra, ma nutrivano una profonda stima l’uno per l’altro. Si rispettavano, perché sapevano che entrambi erano veri uomini, cioè uomini disposti a morire per la loro fede. Significativo è l’episodio accaduto durante la battaglia di Giaffa il 5 agosto del 1192, quando Re Riccardo, perso il cavallo abbattuto dalle frecce nemiche, continuò a combattere a piedi tra i suoi fanti. Saladino, accortosi dell’accaduto, inviò subito al re cristiano uno scudiero con due splendidi destrieri da guerra per permettergli di tornare in sella.

Saladino avrebbe tratto un grande vantaggio dalla sconfitta di Re Riccardo, ma nonostante ciò, non poteva tollerare l’idea che il sovrano rivale, da lui stimato per il coraggio, continuasse a combattere in modo non confacente al suo rango. E Riccardo ringraziò cavallerescamente, ma continuò imperterrito ad uccidere tutti gli uomini di Saladino che gli capitavano a tiro.

Oggi non ci sono più le crociate e, per fortuna, il confronto si è trasferito dal piano delle armi a quello culturale, sociale, politico. Non cambia però lo spirito.

Nel mondo islamico non può esserci dialogo se non c’è stima e rispetto per l’interlocutore.

Giustamente.

Gianfranco amato