Il partito “fascista” di Bolsonaro

Il quotidiano comunista “Il Manifesto” annuncia la nascita della nuova formazione politica del presidente del Brasile con questo titolo: Bolsonaro presenta il suo nuovo partito, esplicitamente fascista. L’articolo di Claudia Fanti non risparmia al Capo di Stato carioca l’immarcescibile epiteto con cui la sinistra militante ama bollare i suoi nemici. “Fascista” è un evergreen buono per tutte le stagioni e a tutte le latitudini, a prescindere dal movimento politico fondato negli anni Venti del secolo scorso da Benito Mussolini. Movimento nato e morto con il suo creatore. Nel caso di Bolsonaro, però, la Fanti si spinge oltre, ricordando come i suoi numerosi critici amano chiamarlo: Bolsonazi. Fascista non è sufficiente, nel caso del presidente brasiliano, “nazista” rende meglio l’idea. Il giudizio lapidario del “Manifesto” rappresenta, peraltro, l’idem sentire del variopinto mondo sinostrorso fatto di piddini, radical-chic, cattocomunisti, anti-salviniani e “sardine”.

La nuova formazione politica viene bollata come «partito delle milizie», e ciò che “il Manifesto” proprio non sopporta è la missione che esso si è posta, ovvero quella di «affiancare la lotta per restituire a Dio il suo posto “nella vita, nella storia e nell’anima dei brasiliani”; bandire ogni traccia di comunismo e di “globalismo”; sanare “la piaga ideologica” della “ideologia di genere”». Il trinomio “Dio, Patria, Famiglia” genera sempre un’incredibile reazione urticante alla sensibilità dei compagni.

Unica consolazione del quotidiano comunista è che «per il vero esordio del partito bisognerà forse aspettare ancora un po’, essendo necessario raccogliere prima 500 mila firme in almeno nove stati della federazione e attendere il via libera del Tribunale elettorale», impresa che «difficilmente potrà essere realizzata in tempo utile per prendere parte alle municipali del 2020».

Intanto il nuovo partito di Bolsonaro, denominato Aliança pelo Brasil (Alleanza per il Brasile) ad appena tre giorni dalla sua fondazione ha già raggiunto più di 620 mila iscritti, 496 mila follower su Facebook e più di 124mila su Twitter. Non male per un “partito nazifascista”.

La cosa più interessante, però, è dare un’occhiata allo statuto di Alleanza per il Brasile. Cosa che, evidentemente, la giornalista del “Manifesto” si è vista bene dal fare. L’art.12 di tale documento, infatti, delinea quindici punti essenziali della visione valoriale del nuovo partito di Bolsonaro.

Il primo punto riguarda la «difesa della democrazia, della sovranità popolare, della rappresentanza politica, della dignità umana e della limitazione dei poteri». Non proprio il programma di un “partito nazi-fascista”. Il secondo punto è relativo al «rispetto dei valori culturali, religiosi e identitari del popolo brasiliano». Il terzo punto sancisce «la difesa della vita dal concepimento e il diritto alla legittima difesa anche attraverso l’uso delle armi, come suo corollario necessario». Il quarto punto afferma la «difesa della famiglia come nucleo essenziale della società e il diritto dei genitori ad educare i propri figli secondo le proprie convinzioni morali e religiose». Né più né meno di quello che sancisce l’art. 26, terzo comma, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Il quinto punto contempla «la protezione dell’infanzia e la lotta a qualunque ideologica finalizzata all’erotizzazione dei minori o al traviamento della loro condizione naturale e dello sviluppo della loro personalità». Il sesto punto è relativo alla «lotta al crimine, all’impunità e ad ogni tentativo di legalizzazione delle droghe proibite». Il settimo punto rivendica la «capacità di garantire l’ordine sociale, morale e legale». L’ottavo punto focalizza la necessità di una «protezione della libertà di pensiero, con espresso divieto di qualunque censura e controllo sociale dei mezzi di comunicazione, inclusi i media telematici». Il nono punto riguarda la «promozione dell’educazione come strumento di sviluppo umano nella dimensione morale, culturale, sociale e materiale». Il decimo punto concerne il «potenziamento delle istituzioni statali, in consonanza con le istanze popolari». L’undicesimo punto considera «la promozione di una forma di governo responsabile, trasparente e sburocratizzato». Il dodicesimo punto si riferisce alla «protezione della libera iniziativa imprenditoriale e del libero esercizio dell’attività economica, come garanzia del diritto alla proprietà privata tanto per le famiglie come per le piccole imprese». Il tredicesimo punto afferisce alla «difesa della coesione nazionale e dell’integrità territoriale del Brasile». Il quattordicesimo punto propugna il «ripudio di ogni forma di discriminazione razziale». Il quindicesimo ed ultimo punto del programma del nuovo partito di Bolsonaro è una vera chicca. Riguarda espressamente la «lotta contro il comunismo, il nazifascismo, il globalismo, e qualunque ideologia che violi la dignità umana, l’ordine naturale e le libertà individuali».

Ora, il fatto di definire “nazifascista” un partito che a livello statutario preveda espressamente la «difesa della democrazia, della sovranità popolare, della rappresentanza politica, della dignità umana e della limitazione dei poteri», «il ripudio di ogni forma di discriminazione razziale», e soprattutto «la lotta al nazifascismo», si commenta da solo. In questo caso i giornalisti del “Manifesto” hanno fatto davvero la figura dei compagni “trinariciuti” descritti dal mitico Giovannino Guareschi.

 

Gianfranco Amato

Proprio articolo su La Verità  del 29 novembre 2019