I nuovi schiavi!

I nuovi schiavi!

Semplicemente disgustoso! Non può esserci altro giudizio nel vedere l’immagine di Grinko e Cocchetti pubblicata su “Il Corriere della Sera”.

E disgustoso è anche il modo in cui quel giornale ha dato la notizia:

«La sfilata di Grinko apre la settimana della moda femminile a Milano con un gesto d’amore: lo stilista Sergei Grinko insieme al compagno Filippo Cocchetti esce in passerella con in braccio le loro due figlie, Emma e Sophia, due gemelle venute alla luce a fine novembre 2016 grazie alla fecondazione eterologa. Questo atto è un’espressione pura di orgoglio e di gioia per la paternità, al di là di ogni speculazione. Nel voler mostrare a tutti le piccole c’è il desiderio di credere nella vita e di voler condividere la felicità con gli altri. Anche sull’account Instagram di Grinko, oltre alle immagini di modelle, ce ne sono tante delle piccole. Non solo. Il cartoncino di invito alla sfilata ha come sfondo un’ecografia».

Nel guardare l’immagine di quei due uomini che esibivano in passerella le due povere creature come trofei, non sono riuscito a provare altro se non disgusto. E mi sono chiesto dove fossero i Servizi Sociali, dove fosse il Garante dell’Infanzia, dove fosse l’UNICEF. Una volta esisteva una sorta di pruderie nell’esposizione fotografica dei minori. Occorreva persino oscurare il volto o renderli irriconoscibili per tutelare la loro privacy. Ma quelli ottenuti in provetta non sono evidentemente bambini normali. Sono prodotti appositamente confezionati, beni regolarmente acquistati, sono oggetto di transazioni commerciali, sono frutto di prestazioni contrattuali debitamente sottoscritte, sono l’esecuzione puntuale di un’obbligazione giuridica formalmente assunta. Sono proprietà privata nella piena e assoluta disponibilità del dominus. E non importa se per produrli sia stato necessario ricorrere al traffico di organi umani, alla compravendita di ovociti o allo sfruttamento del corpo e del bisogno economico di due donne. Nella civiltà occidentale 2.0, totalmente scristianizzata, questi sono oramai dettagli irrilevanti. L’essere umano ridotto a “cosa” per il capriccio perverso di due adulti è ormai un assioma irrefragabile.

E così siamo arrivati all’esibizione in passerella dei “prodotti”, come se fossero un orologio di Cartier. Belli anche se un po’ carucci. Centocinquantamila euro per l’acquisto di un bimbo, non è cifra alla portata di tutti. E’ un privilegio per pochi. Una prerogativa d’élite. Del resto è sempre stato così. Anche nell’antica Roma lo schiavo non era un bene alla portata di tutti, sebbene fosse assai meno caro di un bambino che oggi si produce in provetta. Per uno schiavo generico erano sufficienti 625 denari, ossia l’equivalente di circa quindicimila euro, mentre uno schiavo nubiano giovane e robusto arrivava a costare fino a 1.200 denari, meno di trentamila euro. In quell’epoca non c’erano ancora i “costi” della scienza.

Come per Elton John, Cristiano Ronaldo, Ricky Martin, Nichi Vendola, e tutti gli altri vip che possono permettersi il lusso della procreazione artificiale, anche per questi due uomini in passerella i bimbi che portano in braccio non riescono ad apparire altro se non un capriccio soddisfatto. Nell’esibirli i due sembrano dire: «Sono nostri! Li abbiamo fatti fare noi e li abbiamo pagati profumatamente! Noi possiamo permettercelo!». Del tutto irrilevante il fatto che quei due piccoli abbiano diritto ad una madre. I prodotti non hanno alcun diritto. I due piccoli schiavi probabilmente si abitueranno, col tempo, ai due padroni, e dovranno assuefarsi alla loro condizione, poiché non potrà mai esistere per loro la prospettiva futura di un riscatto.

Uno si chiede dove siano finite le femministe d’un tempo. Ma soprattutto dove siano scomparsi i marxisti del XX secolo. Nessuno, o quasi, grida più allo scandalo dello sfruttamento della donna e della reificazione di individui. Nessuno più s’indigna del fatto che l’essenza umana sia sottomessa e subordinata alla logica della potenzialità tecnica e della possibilità economica. Che fine ha fatto la questione sociale? Che fine ha fatto la visione marxiana della “schiavitù salariata”? Sono davvero poche le voci che ancora riescono a levarsi, da sinistra, contro questo scempio. Una di queste rare voci è quella di Paolo Ercolani che su “Il Manifesto” ha ferocemente criticato la pratica dell’utero in affitto, denunciando il fatto che la “schiavitù salariata” oggi si sia «del tutto trasformata in un dominio “biopolitico” in seguito al quale il sistema tecno-finanziario, evoluzione ultima del capitalismo, riesce a violare impunemente le menti e i corpi degli esseri umani grazie all’intervento di quel passe-partout rappresentato dal compenso economico».

Che tristezza vedere ora quel che resta della “sinistra” – ormai ridotta a partito radicale di massa – applaudire compiacente all’immagine di Sergei Grinko e Filippo Cocchetti che tengono in braccio le due gemelline esibite in passerella.

A me quell’immagine ha fatto venire in mente due vignette sull’utero in affitto. La prima è quella feroce di Charlie Hebdo, in cui si mostrano due omosessuali che portano al guinzaglio una donna di colore, sotto la scritta: «La gestazione per altri è fatta da due genitori e… una schiava».

La seconda è quella in cui si vede Elton John e Niki Vendola che si incontrano con i rispettivi figli nel passeggino, e uno chiede all’altro: «Bello! Quanto l’hai pagato?».

Il fatto è che io non riesco a ridere di fronte a questo tipo di umorismo. Mi si stringe il cuore pensando all’egoismo spietato di quei due uomini e al tragico destino di quelle povere creature.

 

 

Gianfranco Amato