Dal “voto di coscienza” al “voto di incidenza”

Guardare la realtà con gli occhi semplici e intelligenti di Gustave Thibon paga sempre.

Il criterio realistico che avevamo affiancato a quello valoriale nella scelta dei candidati alle elezioni europee ha funzionato. Almeno per quattro dei sei amici sostenuti. Silvia Sardone, Paolo Borchia, Susanna Ceccardi e Vincenzo Sofo sono già europarlamentari. Non ce l’hanno fatta Simona Sapignoli e Igor Gelarda, primo dei non eletti con uno scarto minimo di voti.

Se tutto il mondo pro-family e pro-life si fosse compattato sul sostegno a candidati che avevano oggettive e concrete possibilità di essere eletti, quello stesso mondo avrebbe avuto certamente qualche rappresentante in più in Europa. Questa è un’importante lezione per il futuro.

Non è più il tempo di votare candidati con il solo principio valoriale. Non è più il tempo di votare persone generose e degnissime ma prive di una benché minima possibilità di essere elette.

La rivoluzione antropologica che stiamo oggi vivendo e l’attacco della feroce dittatura ideologica basata sul Pensiero Unico, non ci consentono più il lusso di avventurarci in esperienze tanto velleitarie quanto inutili.

La contingenza storica in cui ci troviamo ci impone di passare dal cosiddetto “voto di coscienza” al “voto di incidenza”, ossia ad un voto capace davvero di incidere nella realtà e cominciare a cambiare davvero l’Europa.

Noi abbiamo capito che, attraverso il sistema delle preferenze, questa volta, a differenza delle elezioni politiche, era possibile scegliere le persone da mandare in Europa. Non si votava tanto un partito, quando un candidato. Si trattava di sceglierlo tra chi aveva maggiori chance di passare.

Da troppe persone ho sentito discorsi fermi ad un anno fa, che non tenevano conto del diverso sistema di voto. Parevano i dannati danteschi del XX canto della divina commedia: quelli col «volto tornato da le reni».

Questa delle europee è stata una partita davvero difficile e complessa, proprio per la peculiarità del sistema elettorale che prevedeva la preferenza. Si trattava di una partita che poteva essere giocata quasi esclusivamente da player come europarlamentari uscenti o consiglieri regionali già dotati un forte consenso personale e con una macchina organizzativa rodata per simili competizioni. Si sapeva che sarebbero occorsi decine di migliaia di voti di preferenza.

Tutti coloro che si sono affacciati per la prima volta in politica decidendo di partecipare ad una simile sfida si sono inesorabilmente schiantati contro un risultato ridotto a poche migliaia di voti. Ed è stato un peccato, perché si è trattato di persone ottime, con un profilo ineccepibile per quanto riguarda i nostri valori, combattive e generose. Penso, ad esempio, a due care amiche come Federica Picchi e Maurizia Rota.

Non è più il tempo dello spirito olimpionico di De Cubertin. Non è più il tempo di disperdere voti. Non è più il tempo degli atti eroici alla Enrico Toti. Non è più il tempo di immolarsi offrendo il petto al nemico. È tempo di uscire tutti insieme dalla trincea in un assalto che punti a vincere il nemico. È tempo di ascoltare l’esortazione evangelica che invita a «calcolare le spese prima di costruire una torre» e a «sedersi prima di partire in guerra per esaminare se diecimila uomini sono sufficienti ad affrontare i ventimila soldati dell’esercito nemico» (Luca 14 28-31).

Chi scrive conosce molto bene il tema avendolo provato sulla propria pelle.

Noi abbiamo, modestamente, suggerito un metodo che, grazie a Dio, ha funzionato. Almeno al 75%. Se altri ci avessero seguito probabilmente avrebbe funzionato al cento per cento.

Oggi, comunque, viviamo la gioia di poter vantare una pattuglia – anche se, ahimé, non del tutto completa – di quattro coraggiosi combattenti pronti a battersi a Bruxelles e Strasburgo per la difesa dei valori non negoziabili e delle radici cristiane del nostro continente.

Abbiamo finalmente degli amici che conosciamo da anni e che hanno dato prova di saper combattere per liberare finalmente l’Europa dalla burocrazia asfissiante e dall’avidità plutocratica, dalle pressioni dei poteri forti e delle consorterie massoniche, dalla ferrea logica del positivismo giuridico, dalle indebite influenze delle lobby multinazionali, dalla perniciosa ideologia del politically correct, da ogni forma di risentimento anticristiano, dalla colonizzazione ideologica, dalla prospettiva del multiculturalismo scriteriato, dell’immigrazionismo buonista, del “neutralismo valoriale” e del laicismo anticlericale, che pretendono un’Europa senza identità e senza Dio.

Abbiamo finalmente degli amici che non solo ci rappresenteranno, ma con i quali potremo continuare a combattere insieme. Penso, in particolare, a Silvia e Paolo con i quali abbiamo già delineato un programma di lavoro futuro. Sarà già una soddisfazione poter tenere, grazie a loro, delle conferenze a Bruxelles o a Strasburgo – nel tempio del politically correct – proprio sulle radici cristiane dell’Europa, sulla famiglia naturale, sull’ideologia gender, su aborto ed eutanasia.

Sarà, poi, importante lavorare insieme per la realizzazione concreta dei principi, dei valori e degli ideali che condividiamo, e poter finalmente reperire risorse per la realizzazione di progetti e opere. Forse, per la prima volta, anche l’opera encomiabile dei Giuristi per la Vita potrà essere finanziata con fondi pubblici, come spesso è accaduto, ad esempio, per i loro antagonisti, ovvero la Rete Lenford Avvocatura per i Diritti LGBT.

Abbiamo davanti, a Dio piacendo, cinque anni davvero interessanti in un’Europa che non è utopistico pensare di poter cambiare. Vedremo cosa avverrà nei prossimi giorni e nei prossimi mesi. Vedremo quali saranno gli scenari politici e gli equilibri parlamentari. Una cosa però è certa. Soffia un nuovo vento in Europa. È il vento del cambiamento. Grazie a quel vento abbatteremo il tronco oramai seccato di un albero cui hanno tagliato le radici, e pianteremo il virgulto della nuova Europa.

 

Gianfranco Amato