Chi diffonde fake news sulla Russia omofoba vuole metterci a tacere

Mentre a Torino viene inspiegabilmente ritirata la disponibilità della sala già concessa per un incontro pubblico in cui avrebbero dovuto parlare Silvana De Mari ed il sottoscritto, il Consiglio comunale della stessa città approva la mozione 76/2018, che reca il seguente oggetto: “Accordo con città di San Pietroburgo”.

Nella premessa della mozione, dopo aver ricordato l’esistenza di un accordo sottoscritto nel 2014 per lo scambio culturale e commerciale tra le due città, il Consiglio comunale torinese richiama il fatto che il governo russo «negli ultimi anni ha chiaramente incentivato e promosso una politica omofoba, a partire dalla Legge che vieta la cosiddetta “Propaganda omosessuale” che proprio da San Pietroburgo fu approvata per poi approdare al Parlamento della Federazione russa, così come altre iniziative atte a reprimere i diritti LGBT». Ecco perché, conclude la mozione, il Consiglio comunale di Torino «impegna la Sindaca, in contemporanea alla firma di un eventuale accordo, a: 1) prendere chiaramente e pubblicamente posizione contro la repressione della comunità; 2) assumere azioni concrete di sostegno alle organizzazioni LGBT locali al fine di dimostrare pubblicamente il favore della Città di Torino nei loro confronti».

Ora, a prescindere dalla considerazione che forse la metropoli governata dall’Appendino avrebbe ben altri e più gravi problemi di cui occuparsi rispetto alla vigente normativa russa, ciò che emerge evidente dalla mozione è il consueto ricorso al pregiudizio ideologico come mezzo per falsificare la realtà.

Si continua a spacciare l’immagine della Russia come quella di un Paese bigottamente omofobo, che si è dotato delle cosiddette “leggi anti-gay” per perseguitare i poveri omossessuali. Qualcuno crede pure che vengano deportati in Siberia.

Vediamo, in realtà, come stanno i fatti.

Non esistono, ovviamente, “leggi anti-gay” nella repubblica federale russa, ma soltanto una disposizione normativa che ha integrato la precedente disciplina sulla tutela dei minori.

Stiamo parlando della Legge Federale n. 135-FZ del 29 giugno 2013 con cui è stata modificata la precedente Legge 436-FZ del 29 dicembre 2010 sulla «protezione dei minori dalle informazioni dannose per la salute e lo sviluppo».

La modifica più rilevante è stata quella di aver introdotto una disposizione che vieta espressamente la propaganda omosessualista rivolta, soprattutto via Internet, ai minorenni.

Il nuovo art. 6.21, infatti, punisce «la promozione di relazioni sessuali non tradizionali indirizzata ai minori e realizzata attraverso la diffusione di informazioni volte a incentivare orientamenti sessuali non tradizionali, a suscitare attrazione verso le relazioni sessuali non tradizionali, a fornire una visione distorta dell’uguaglianza tra relazioni sessuali tradizionali e non tradizionali, o finalizzate ad imporre agli stessi minori una visione delle relazioni sessuali non tradizionali che possa suscitare interesse o apparire accattivante». Vediamo ora quali sono le terribili pene per questa attività.

La punizione consiste in una semplice sanzione amministrativa che va da 52,00 a 65,00 euro se la propaganda viene effettuata da privati cittadini, sanzione che decuplica se i promotori sono funzionari pubblici, come ad esempio insegnanti e docenti di istituti scolastici. La sanzione può arrivare fino ad un massimo di tredicimila euro qualora l’attività di propaganda venga posta in essere da enti, associazioni, aziende o società commerciali, e può prevedere, in casi particolarmente gravi, la sospensione amministrativa dell’attività fino a 90 giorni.

Le pene aumentano, giustamente, se la propaganda per raggiungere i minori utilizza l’insidiosa arma telematica di Internet e dei social network. In questo caso i privati rischiano una multa che non supera i seicento euro, i funzionari pubblici una multa che non può andare oltre i duemilaseicento euro, mentre le persone giuridiche sono assoggettate alla sanzione di tredicimila euro.

Questo è quello che prevede la cosiddetta “legge anti-gay” in Russia.

Tre brevi considerazioni.

Primo, ai fautori della democrazia che si mostrano ipercritici nei confronti del popolo russo, è sufficiente rammentare che la tanto contestata legge federale n.135-FZ è stata approvata dalla Duma praticamente all’unanimità: 436 voti a favore e una sola astensione, mentre secondo un sondaggio effettuato dal Russian Public Opinion Research Center, meglio noto come VCOM, almeno il 90% dei russi intervistati è a favore della legge.

Seconda considerazione: una delle autrici delle norme anti-propaganda omosessualista, Yelena Mizulina, presidente del “Comitato per la famiglia, per le donne e per i bambini” istituito presso la Duma, ha dichiarato che «le relazioni sessuali tradizionali tra uomo e donna necessitano di una protezione speciale». Ineccepibile.

Terza considerazione: l’uso di internet e dei social network nella propaganda viene giustamente punito con maggiore severità, dato che l’esperienza ha ampiamente dimostrato quanto possano essere subdolamente pericolosi per i bambini tali mezzi di comunicazione, spesso sottratti al controllo dei genitori.

La domanda finale che ci poniamo è la seguente: quale Paese assomiglia più ad una dittatura? Quello in cui si intende tutelare la salute e lo sviluppo dei minori da una perniciosa propaganda ideologica o quello in cui si impedisce la libertà di opinione, come è accaduto a Silvana De Mari e a me nella “democratica” Torino?

 


Crediti per le due immagini della foto di copertina:

Palazzo Reale di Torino:
By Xadhoomx – Foto personale, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2565557

Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo
Alex ‘Florstein’ Fedorov [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0) or FAL]