Bocciamo il Ministro!

L’onagrocrazia in Italia ormai raglia senza più alcun pudore.

Gli asini al potere, infatti, dopo aver violentato la sintassi, brutalizzato la grammatica, stuprato il congiuntivo ora “somareggiano” allegramente anche sulla Storia.

Ne ha dato un ottimo esempio, ça va sans dire, il ministro dell’Istruzione con finta laurea Valeria Fedeli. Il suo discorso in occasione del Premio Cherasco Storia merita, infatti, un posto d’onore al museo degli strafalcioni sulla Storia. Così esordisce il Ministro: «Presidente Chiamparino, Sindaco Bogetti, giurate e giurati illustri, Professor Beckert, Dottor Mauro, care ragazze e cari ragazzi, care e cari tutti qui presenti, l’occasione che ci vede qui riuniti oggi è importante per il nostro Paese, per la comunità civile e culturale nazionale e internazionale. Per Cherasco. Una città strettamente connessa al Premio che celebriamo oggi. E alla Storia. È qui che nel 1631 venne firmata la Pace che concluse la guerra del Monferrato, durante la peste che fa da sfondo ai Promessi Sposi. È qui che più tardi, nel 1796, Napoleone impose a Vittorio Emanuele III l’armistizio con cui decretò la capitolazione Sabauda».

Sì avete letto bene, Vittorio Emanuele III!

Io credo che ormai i funzionari del Ministro si divertano a predisporre i discorsi da far leggere alla Fedeli, farcendoli di omeriche corbellerie, per poi ridere di nascosto a crepapelle. Sì, perché il fatto incredibilmente clamoroso è che il Ministro non si accorga degli strafalcioni! Ora, tornando allo scivolone in questione, ci spiace dire che per la povera Fedeli davvero non esistono attenuati. Se fosse stato qualunque altro sovrano del passato, si sarebbe anche potuta perdonare la nostra Valeria poco attenta. Ma Vittorio Emanuele III – santo cielo!  –, lei non poteva non conoscerlo!

È un personaggio che appartiene alla nostra storia recente. È stato l’ultimo vero re d’Italia, se si esclude l’evanescente parentesi del figlio Umberto, il “Re di Maggio”, sovrano per poco più di un mese. Io ricordo che quando da piccolo andavo a casa dei miei nonni ero solito giocare con delle grosse monete che portavano inciso un faccione circondato dalla scritta «VITT. EM. III RE E IMP.», e quando chiedevo lumi sulle quelle strane parole, mi spiegavano che si trattava dell’abbreviazione di Vittorio Emanuele III Re e Imperatore.

No, su questo sovrano Valeria proprio non poteva scivolare! Appartiene anche alla sua storia personale. Solo tre anni prima che lei nascesse – non diciamo la data per cavalleria – Vittorio Emanuele III ancora regnava in Italia.

E come è possibile fare un errore simile proprio in occasione di una kermesse come quella del Premio Cherasco Storia che, come si legge nella presentazione, «si propone di esaltare la storia come disciplina fondamentale di ogni convivenza civile e di favorire nei giovani la passione per la ricerca e l’indagine approfondita del passato»?

Diventa tutto ancora più surreale, poi, se si leggono alcuni passaggi del discorso pronunciato dal Ministro Fedeli. Passaggi come quello in cui lei richiama «l’attenzione di tutte e tutti i partecipanti al valore della storia scritta e letta nella formazione delle cittadine e dei cittadini e nella tutela della democrazia», o dove ribadisce «la necessità della conoscenza della storia per possedere chiavi di lettura del presente e strumenti e contenuti per la costruzione di un futuro di uguaglianza e pari opportunità, nel rispetto dei diritti di ciascuna donna e di ciascun uomo», oppure dove precisa che «il vantaggio – e il merito – di operazioni come quella che il Premio Cherasco Storia porta avanti è ricordare a tutte e a tutti l’importanza della conoscenza della Storia – solo apparentemente troppo distante dalle nostre vite – per forme di cittadinanza attiva e responsabile nell’oggi».

E sì, sono proprio dei mattacchioni questi funzionari ministeriali. E anche un po’ cattivelli con la povera Valeria. Pensate che le hanno fatto concludere il discorso con questa frase: «Uniamo le forze, agiamo ciascuno per la propria parte, per fare dell’Italia del domani un’Italia libera e giusta, conscia del proprio passato, e lanciata in un futuro di crescita attraverso le nuove generazioni».

Il proprio passato, però, occorre davvero conoscerlo. Soprattutto quello più recente. Ironia della sorte. Al mio esame di maturità classica – son passati quasi quarant’anni – il commissario di Storia mi fece una domanda proprio sul Trattato di Parigi del 1796. Beh, se avessi risposto come l’attuale Ministro dell’istruzione avrei suscitato l’ilarità di tutta la Commissione esaminatrice, e non avrei fatto una bella figura.

Anche il voto ne avrebbe certamente risentito. Meno male che il Ministro Fedeli, oltre a non avere la laurea, non ha dovuto sostenere neppure l’esame di maturità.

Privilegi dell’onagrocrazia!

 

Gianfranco Amato